sabato 26 marzo 2011

Grazie Vasco, i detrattori sono serviti (di Luciano Lanna)

Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia del 26 marzo 2011
Ce lo aveva già spiegato, era il dicembre del 2003, il suo collega cantautore Francesco De Gregori: «Vasco mi piace molto. È figlio della sua epoca, i primi anni Ottanta». Intervistato da Aldo Cazzullo, l'autore di Viva l'Italia parlava così del rocker di Zocca: «I suoi testi esprimono suggestioni individualiste, superomiste, futuriste, categorie considerate patrimonio della cultura di destra.
È una riprova che le canzoni non devono passare attraverso i filtri della politica». Chapeau! Era la dichiarazione definitiva che le etichette di destra, di sinistra (e di centro) non significano più niente, soprattutto se applicate alle idee e alla cultura. «Non si mette un timbro - proseguiva De Gregori - su una sensibilità. Non è un' appartenenza, ma una scelta continua. Finora - diceva di se stesso - mi sono riconosciuto nelle posizioni della sinistra ma non escludo di farlo in quelle delle destra. Certo finché ci sarà Berlusconi sarà difficile....». Il cantautore romano contestava all'attuale premier soprattutto l'assenza di basi e proprio per questo gli suggeriva «un corso di educazione civica, la lettura precoce di un giornale, anche il Secolo d'Italia...».
Proprio in questa chiave arriva il nuovo cd di Vasco Rossi, Vivere o niente, un album più filosofico dei precedenti e in cui il rocker è ritratto in copertina su una macchina in fuga. Da chi e da cosa, lui lo spiega così: «Dai posti di blocco del conservatorismo e del conformismo, dall'omologazione, dai poteri che vogliono far stare zitti gli artisti, che vogliono limitarli e controllarli. Poi mi fermo, nella sequenza delle foto interne, e brucio le prove per non essere scoperto e tornare in clandestinità: lì devi stare, se vuoi essere onesto e indipendente...».
Tutte le anticipazioni sulla stampa hanno confermato questa precisa sensazione. «Sono un artista contro i conservatori» ha titolato la Repubblica. E Gino Castaldo aggiunge che «c'è di mezzo un'intera generazione, di cui Vasco continua a essere la storica bandiera, una generazione che è invecchiata, che si lecca le ferite, che misura il senso delle sue promesse mantenute o disattese, e continua a guardare il mondo con speranza e disincanto». A Marinella Venegoni de La Stampa che gli chiede di una canzone contenuta nell'album e intitolata Manifesto futurista della nuova umanità, Vasco risponde che oggi occorre basare tutto sulla "responsabilità personale": «Il primo comandamento è: venire a patti con le emozioni». Rileva infine Mario Luzzatto Fegiz sul Corriere della Sera: «Si nasce incendiari e si muore pompieri? Mica sempre. Vasco, prossimo ai sessanta anni, tiene saldamente in mano una tanica di benzina...». La stessa di quando il cantautore confessava la sua passione per Nietzsche: «Lo leggo - sosteneva - quando voglio uscire da qualche sitazione, quando ho bisogno di affrontare qualche cosa. Ti cambia la prospettiva, ti fa pensare in un altro modo. Lui isola la prospettiva del malato che ama la propria malattia, te le fa vedere. E così ti costringe a cambiare». Del resto per Vasco l'approdo a Nietzsche arrivò da adolescente dopo il fastidio provato per altri autori: «Rifiutavo quello che mi proponevano gli insegnanti. Mi ricordo Cristo si è fermato a Eboli: non l'ho mai potuto sopportare». Un rapporto quasi simbiotico: «Grazie a Nietzsche ho investito su uno stato di lucidità permanente. Poi, a essere onesti, io Nietzsche ce l'avevo già dentro». D'altronde, all'inizio degli anni '80, e sul palco di Sanremo, Vasco cantava «voglio una vita spericolata...», parole che sembravano riescheggiare il «vivere pericolosamente» caro al filosofo di Zarathustra.
Ma c'è anche altro. «Di politica bisogna occuparsi facendola, parlare al bar serve poco», ha detto ancora alla Venegoni, sottraendosi decisamente da quella deriva antipolitica che ammorba l'Italia da qualche tempo. «La verità - aggiunge - è che dobbiamo vivere con la nostra coscienza, e sarà dura. Mi sveglio spesso pieno di pensieri la notte, ma il viaggio lo affronto: spesso abbiamo paura del fantasma della realtà, non della realtà....». Un messaggio chiaro e diretto nei confronti di tutti quei "conservatori" - per usare l'espressione usata dallo stesso Vasco - che sulle paure costruiscono strategie tese alla ricerca di facili consensi. Un messaggio che ce lo fa sentire molto vicino e che restituisce tutto il ridicolo di chi, qualche anno fa, gridava al tradimento verso il nostro Secolo che recensiva entusiasticamente un suo concerto a Latina o ne parlava come "uno dei nostri". Ma oggi è lui a tirare fuori il "futurismo".
Luciano Lanna

Nessun commento: