Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale del 14 dicembre 2008


Pagine 140 e 141, per esempio. Tre foto (ovviamente, naturalmente, in bianco e nero, come tutte le altre del volume) e una breve annotazione. A sinistra due immagini: in alto la panoramica di un paesino come innumerevoli altri, un pugno di case addossate sul fianco di una collinetta; in basso sei donne di età diverse, in imprecisati passaggi dell’età adulta, sedute all’aperto e una accanto all’altra, forse parenti o forse semplici compae

In alto c’è il commento di Lomax. Che va al di là di queste tre inquadrature e fissa un elemento generale. Un elemen

Siamo in qualche posto del Meridione. Puglia o Calabria. Non è chiaro. Non sempre le annotazioni lo dicono espressamente, lasciando quel filo di incertezza che è tipico dei ricordi di viaggio, quando i viaggi sono stati molto lunghi e troppo pieni di impressioni per memorizzarle tutte in perfetto ordine.
Siamo nell’Italia di prima della televisione. La Rai ha cominciato le trasmissioni regolari proprio all’in

Alan Lomax, che insieme a Pete Seeger e Woody Guthrie è stato il principale artefice della riscoperta del folk statunitense, rivede qualcosa che conosce bene, sia pure nella trasposizione in terra d’America. Rivede lo spirito del blues, del canto che non è esercizio estetico ma bisogno vitale, sfogo istintivo di ciò che non trova altro modo di esprimersi e di realizzarsi, squarcio di libertà in una vita dominata dagli obblighi. Per lui è un’ulteriore conferma dell’importanza e della bellezza

Lomax, che ha remote ascendenze italiane racchiuse nell’ormai perduto cognome Lomazzi, è stato a lungo anche in Spagna, dove ha raccolto «75 ore di nastro con bellissime canzoni da ogni provincia», ma qui in Italia avverte un coinvolgimento ancora più intimo. Specialmente in Lombardia, che è la regione di provenienza dei suoi avi. «Diego (Carpitella, l’etno

È questo tipo di uomo, Alan Lomax. È questo tipo di studioso. Per quanto rigorosi siano gli strumenti d’indagine e le analisi successive, la sua non è mai una mera raccolta di dati. O di reperti da allineare in un museo. Lo scopo è più alto. Lo scopo è migliore: è rivitalizzare il passato per farne attecchire lo spirito nel presente. E infatti, nel 1959, Lomax difende a spada tratta la fusione tra musica bianca e musica nera, la decisiva rivoluzione annunciata da Bill Haley e portata a compimento da Elvis Presley: «Io – afferma in modo inequivocabile, e nonostante i suoi 44 anni escludano qualsiasi solidarietà generazionale – sono per il rock and roll, p

L’essenza del folk: la fatica si affronta, il piacere si gode. Non ci si nasconde. Non si teme né di gemere di dolore, né di esplodere di gioia. Facce della stessa vitalità, minacciata prima da oscuri dogmatismi religiosi e poi dalle seduzioni nevrotiche del consumismo. Alan Lomax, quella vitalità, l’ha inseguita a lungo sia in America che in Europa, facendo tutto ciò che poteva per coglierne la testimonianza sonora prima che si disperdesse definitivamente. La musica come una fotografia: ovviamente in bianco e nero; naturalmente bellissima.
Federico Zamboni, nato a Milano nel 1958 ma cresciuto a Roma, è giornalista e conduttore radiofonico. Tra il 1979 e il 1981, con lo pseudonimo di Claudio Fossati, ha tenuto una rubrica (quasi) fissa sul quindicinale “Linea”, dedicata a quella che allora si chiamava la “musica giovanile”. Dopo aver smesso di scrivere articoli per circa 15 anni, dedicandosi a tutt’altre cose, ha ripreso a pubblicare regolarmente nel 2000 su Ideazione.com. Attualmente, tra l’altro, cura la rubrica “Ad alto volume” sull’edizione domenicale del "Secolo d’Italia" e collabora al mensile “La voce del ribelle”, la neonata rivista diretta da Massimo Fini.
3 commenti:
la paginata di note e musica di Zamboni è un appuntamento imperdibile del domenicale...
E' un grande.Punto.
mdf
Concordo: imperdibile.
Leggere Federico arricchisce ogni volta.
Categoria: pesi massimi.
Rob
Mi associo.
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