Dal Secolo d'Italia di martedì 8 dicembre 2009


In una formazione nella quale il ruolo di Frodo spetta al capitano Alex Del Piero o al brasiliano Diego (entrambi al di sotto delle aspettative in q


Nel calcio business che disegna un futuro con stadi deserti e tifosi ridotti a consumatori davanti ad uno sport distribuito in “pay per view”, Marchisio è un inno alla passione. Uno spettacolo nello spettacolo, da gustare a pieno solo seduto su una gradinata. Un gioiello costruito in quelle fabbriche di talenti che la globalizzazione non potrà mai delocalizzare: i vivai italiani. Nelle giovanili bianconere ha imparato ad essere uomo prima che calciatore, assimilando uno stile che è regola di vita e insieme educazione sentimentale. Per una convocazione in nazionale non ha potuto vivere in maniera totalizzan

L'elogio del merito enunciato con semplicità dal campioncino bianconero lo eleva a nuova icona nazionale, a modello per tanti giovani che per s
fondare si affidano a un provino del solito sgangherato “reality”. Marchisio, invece, postula il connubio di fortuna e audacia, immagina la strada in salita per raggiungere le vette. Un itinerario che vale per i calciatori come per gli artisti e per ogni mestiere che lasci spazio all'estro ed alla fantasia.
La sua biografia può ribaltare la visione pessimistica di Pier Paolo Pasolini sui “giovani infelici”, prigionieri della società dei consumi. Marchisio dribbla ogni luogo comune anche in questo campo. Sposato giovanissimo, scansando la deriva evangelica del compagno di squadra Legrottaglie, confessa: “Ho avuto una sola fidanzata, Roberta, e ho deciso di sposarla dopo un mese che stavamo assieme. Lei capisce il mio lavoro, le mie difficoltà, le mie assenze». Mondanità? Non ama i privè... «Posso andarci con mia moglie, no? Mi diverto con lei e non mi manca nulla». Successo e ricchezza non gli hanno dato alla testa: «A 18 anni, quando volevo andare in vacanza da s
olo, i miei genitori mi hanno spedito a lavorare con mio zio: scaricavamo scatoloni dalle sei del mattino alle sette di sera, così mi sono pagato il viaggio. Mio figlio sarà ancora più privilegiato di me, ma anche a lui insegnerò che ogni desiderio va conquistato”. Ha uno stipendio che basterebbe a pagare le mensilità di una squadra di cinquanta operatori di un call center, eppure ha conservato una visione intrisa di realismo: “Avere soldi mi mette un po' di imbarazzo: ho amici che non trovano lavoro, altri che non possono permettersi una cena al ristorante più caro della media e io mi sento a disagio. Cerco di non far pesare la mia fortuna e di dare una mano, se posso». 
Oltre le marachelle di Balotelli e le cassanate del Peter Pan barese Cassano, avanza in Italia un nuova generazione di giovani aitanti, con una visione del mondo improntata sul merito e, perché no?, sul sacrificio. Sono i ragazzi dal cuore puro come Marchisio. Perché se “quello che conquisti devi poi sapertelo meritare”, allora puoi anche – come Claudio – farti tatuare sul braccio un motto ribelle, dannunziano e guevariano insieme: “Impossible is nothing”.

La sua biografia può ribaltare la visione pessimistica di Pier Paolo Pasolini sui “giovani infelici”, prigionieri della società dei consumi. Marchisio dribbla ogni luogo comune anche in questo campo. Sposato giovanissimo, scansando la deriva evangelica del compagno di squadra Legrottaglie, confessa: “Ho avuto una sola fidanzata, Roberta, e ho deciso di sposarla dopo un mese che stavamo assieme. Lei capisce il mio lavoro, le mie difficoltà, le mie assenze». Mondanità? Non ama i privè... «Posso andarci con mia moglie, no? Mi diverto con lei e non mi manca nulla». Successo e ricchezza non gli hanno dato alla testa: «A 18 anni, quando volevo andare in vacanza da s


Oltre le marachelle di Balotelli e le cassanate del Peter Pan barese Cassano, avanza in Italia un nuova generazione di giovani aitanti, con una visione del mondo improntata sul merito e, perché no?, sul sacrificio. Sono i ragazzi dal cuore puro come Marchisio. Perché se “quello che conquisti devi poi sapertelo meritare”, allora puoi anche – come Claudio – farti tatuare sul braccio un motto ribelle, dannunziano e guevariano insieme: “Impossible is nothing”.
Michele De Feudis è giornalista e scrittore, redattore di Epolis e collaboratore di varie testate tra cui il Secolo d'Italia. Scrive di libri, cinema, politica e calcio per quotidiani nazionali. Ha curato il libro Tolkien, la Terra di Mezzo e i miti del III millennio, edito da L'arco e la corte (Bari).
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