Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia del 15 gennaio 2010
Era prevedibile. Non poteva non far discutere l'incontro che si è svolto ieri sera a CasaPound sul tema "Camerata Corto Maltese" con la partecipazione di due nostri collaboratori: Maurizio Cabona e Roberto Alfatti Appetiti.
Com'è possibile, ha detto qualcuno, che certi ambienti possano interessarsi di un irregolare come Hugo Pratt, che non mancò negli anni '70 di simpatizzare con certe battaglie della sinistra? Obiezione che, in realtà, dimostra solo l'incapacità di molti leggere la realtà senza schemi incapacitanti.
E allora è il caso di ricordare che a Hugo Pratt, il papà di Corto Maltese, capitava di essere accusato contemporaneamente sia di «fascismo» sia di «libertarismo». Proprio rievocando quegli anni '70 in cui erano stati messi al bando gli scrittori d'avventura, Pratt aveva ricordato: «Bisognava rispolverare Marx ed Engels, autori che dovetti frequentare e che mi annoiarono immediatamente. Visitai anche Marcuse e qualche altro e ritornai ai classici dell'avventura. Venni subito accusato di infantilismo, di edonismo e di fascismo...». Più o meno nello stesso periodo, dopo un anno di lavoro alla redazione della rivista per ragazzi francese Pif Gadget, lo stesso Pratt fu licenziato perché l'editore, vicino al Pcf, giudicava eccessivo il «libertarismo» che anima i fumetti di Corto Maltese. In un'intervista a Vincenzo Mollica sarà lo stesso disegnatore scomparso nel 1995 a chiarire che quello dell'arte è un terreno a sé stante: «Il fatto che io sia un libertario, e spero che questo traspaia dalle mie storie, non m'impedisce di leggere Kipling. Ci sono molti che dicono che non leggeranno mai Ezra Pound perché era fascista e perché non appartiene a quella cultura che tendenzialmente è marxista e leninista; non credo che Ezra Pound debba per forza essere identificato...». E la sua memoria correva dritta ai vecchi ricordi del poeta americano, che il giovane Hugo incontrava nelle calli della loro Venezia: «Una volta mi ha guardato, fisso, a lungo, si è fermato, poi ha fatto un segno. Come per dire: "Ci conosciamo"...».
Luciano Lanna
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