sabato 12 marzo 2011

Storie di escort nella Parigi degli anni '70 (di Michela Martignoni)

Articolo di Michela Martignoni
Dal Secolo d'Italia del 12 marzo 2011
Un´immagine di Adélaide de Clermont-Tonnerre, l´autrice del romanzo "Il visone bianco"
È una donna nobile, non solo una nobildonna, Adélaide de Clermont-Tonnerre, autrice del romanzo Il visone bianco (Mondadori, pp. 416, € 19.50). Certo, lo stemma dei Clermont-Tonnerre - che Proust chiama Guermantes - reca le chiavi papali; certo, trisavola di Adélaide era Isabella di Francia, sorella del conte di Parigi, pretendente al trono. Ma essere dell'aristocrazia del sangue giova, a Parigi come altrove, solo se si appartiene anche all'aristocrazia venale…  
Dimenticando il resto, ricordiamo quindi Adélaide: affascinante e intelligente, fine e gentile, sa tanto condurre un programma di idee sulla rete tv France 2 (Semaine critique, ogni venerdì) tra giornalisti di ben diversa estrazione, quanto narrare ne Il visone bianco i nefasti della buona società, specie quella del VII arrondissement parigino, roccaforte di arricchiti, l'unica però di arricchiti capaci di riconoscere, se l'incontrano per strada, un intellettuale: che egli sia Maurizio Serra - diplomatico e biografo di Curzio Malaparte - mentre risale la rue Bellechasse venendo dal boulevard Saint-Germain; o che sia Régis Debray, che - muovendo dall'Odéon - imbocca la rue de Sèvres; o che sia Alain de Benoist, sfuggito al quartiere dei bohèmiens-bourgeois (bobos) che è diventato quello del boulevard Voltaire… Un arricchito, anche se colto, anche se parigino del VII arr., resta pur sempre un arricchito.
Ritiene di dover pubblicare un libro, ma non lo scrive: se lo fa scrivere, spesso da un "negro" che lo copia da quello di un altro. Un'arricchita, poi, di solito ignora tanto il movimento, quanto le idee e più di chiunque vuol dimenticare le proprie origini. A ricordargliele è chi, come lei, è stata giovane, bella e senza illusioni, ma ha avuto un'ambizione diversa da quella, così banale, di togliersi la fame, per farsi un nome nelle lettere. Gliele ricorda dunque una come Zita, protagonista di questo Il visone bianco. Figlia di un esule - giunto a Parigi dopo un'altra rivoluzione, un tipo così nobile e così russo da vender libri su un banchetto anziché adattarsi alla borghesia locale - Zita cresce fra i romanzi che il padre le suggerisce e la puzza di cavoli e l'unto delle frittelle che la madre cucina sistematicamente. Alla morte del padre, a Zita resta una madre obesa, d'orizzonti angusti. Così decide di prostituirsi fisicamente: sempre meglio che abbrutirsi mentalmente. Ogni riferimento al giornalismo e a fatti realmente accaduti non è casuale. Siamo nei primi anni Settanta. Il '68 ha dato l'illusione della libertà, specie alle donne. Ma Zita sa che quasi tutte, anche lei, hanno un prezzo, nonostante quel nome insolito che rimanda all'ultima imperatrice d'Austria-Ungheria, un'italiana morta non molti anni fa. A differenza delle altre ragazze di Madame Claude, Zita non vuol sposare un cliente. O meglio ne vuole uno solo, uno che le faccia pubblicare un romanzo, poi un altro e un altro ancora... Tante ragazze sono arrivate al set, diventando famose, grazie alle conoscenze fatte per via di Madame Claude. Perché non dovrebbe arrivare da un editore anche un'aspirante romanziera, se di coscia lesta?
E poi quella maitresse era particolare, non veniva dal milieu, anche se amava un bandito come Pierrot le fou. Madame Claude veniva dalla Resistenza gollista, aveva una clientela impressionante: Agnelli, Onassis, l'Aga Khan… Madame Claude era però - come il Salon Kitty di Berlino - una diramazione dei servizi segreti. Le ragazze dovevano riferire le opinioni di certi clienti. Per esempio, la storia del Ciad e del suo uranio - cara alla Libia, dunque all'Italia - cambiò dopo un incontro del presidente, Tombalbaye, con una ragazza attenta alla sua politica anche quando era dedita alla sua persona...
Dei clienti di Zita da Il visone bianco apprendiamo rari dettagli, perché Zita lavora con chiunque, come è ovvio, ma punta solo a Romain Kiev, romanziere in declino, che evoca Romain Gary, ex eroe di guerra, ex diplomatico, ex marito di Jean Seberg. Un ex per antonomasia, dunque, deciso a riconquistare il successo, nonostante allucinazioni, egocentrismo, senilità. Un solo esempio le lascerà l'amante quando si ucciderà: sparire prima di diventare la caricatura di se stessi. In Italia sarebbe facile elencare i candidati a questa uscita di sicurezza… Ma c'è ben altra sicurezza in Adélaide nell'approfondire questo rapporto tra il mercenario e il sentimentale. Una sicurezza che rammenta quella di Irène Némirovsky, che a ventitrè anni consegnava il suo romanzo David Golder: l'editore stentava a credere che una ragazza sapesse descrivere tanto un vecchio affarista ebreo quanto la leggerezza sfacciata della figlia. Adèlaide e Irène denunciano, senza indignazione, l'assonanza potere/puttane. Cortigiane e belle donne, talora colte, sovente salottiere, non hanno fatto la storia dalle alcove? Generazioni di adolescenti, pure come la Marinella di De André, non sognano di essere altrettante Angeliche alle corti di re; e pazienza se saranno appunto re "senza corona e senza scorta". I Clermont-Tonnerre, si diceva, hanno nello stemma le chiavi papali. Prima che le ottenessero, la Chiesa rinascimentale praticava già certi scambi di favori. Papa Paolo III, un Farnese, era detto "Fregnese". Doveva infatti la carriera ecclesiastica all'avvenenza e alla generosità della sorella Giulia, amante di Rodrigo Borgia, ma soprattutto erudita da una maitresse che era anche sua suocera… Storia di puttane e romanzieri, dunque anche di editori, Il visone bianco ci mostra come la Parigi di ieri e di oggi faccia il paio con la Milano e la Roma odierne, dove vende libri e scala le classifiche chi "se la canta e se la suona"; chi partecipa ai premi letterari condizionati dagli editori; chi ha i numeri di telefonino dei politici; chi va solo nei letti giusti; chi va in tv, fosse anche solo per le ricette di cucina. E, come sempre, le squillo più abili.
Ma non dedichiamo più attenzione a loro, che sono tante, che alle scrittrici, perché sono poche. L'altra autrice simile a Adélaide nel descrivere la capacità di un autore di uccidere l'amore per la lettura è la Elisabeth von Arnim de Il padre, dove racconta la fuga della figlia di uno scrittore dai libri e dintorni. Se, ne Il visone bianco, Ondine odia i libri della madre Zita, la figlia del romanzo della von Arnim fugge a coltivare fiori, rinnegando il passato. Il visone bianco è sostenuto da una lingua più che colta, sobria, che la traduzione italiana non tradisce. Proprio come Zita non tradisce: a termine, se ama retribuita; a vita, se ama gratis.
Michela Martignoni

Nessun commento: