Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 3 maggio 2011
Alessandro Del Piero tra modernità e tradizione. Il capitano della Juventus, protagonista del nuovo spot pubblicitario di Sky, si è dimostrato perfetto testimonial di una visione della vita che riconcilia con la natura e la spiritualità senza pulsioni neoluddiste, ma con una spiccata personalità per le nuove tecnologie, volano efficace per trasmettere ai sostenitori in tutto il mondo messaggi positivi e di solidarietà.
Alex è proprio così, una icona sportiva che si è meritata sul campo il titolo nobiliare di “bandiera”, un fenomeno conteso dagli sponsor per la sua semplicità e per il suo essere candidamente differente dallo stereotipo di calciatore viziato e pieno di irrequietezza, ultima stella di una Juventus decaduta e costretta a competere per il traguardo minore dell'Europa League. “Insegna a tuo figlio ad arrampicarsi sugli alberi”: lo slogan recitato da Del Piero nel videomessaggio non è altro che un invito a riscoprire il rapporto con il mondo verde, che moltissimi adolescenti hanno ormai dimenticato per immergersi nella alienante virtualità del web. All'overdose di comunicazione internet, il numero dieci bianconero risponde con una indicazione di qualità che deriva dalla formazione famigliare: “Sono cresciuto in campagna, per me la televisione era un optional. Uscivo di scuola, prendevo il pallone e giocavo fuori finché c'era luce. Si andava per ruscelli, ciliege, in bici...”. Poi c'è lo sguardo alla realtà di tutti i giorni. “Oggi forse questo tipo di vita è impossibile pure in campagna, figurarsi in città. I bambini sono certamente diversi; forse sono anche un po' stressati”. La prospettiva è quella di integrare la formazione della generazione dei “nativi digitali” con le esperienze rigeneranti della natura, con la materialità di una contesa sportiva su un prato verde che dona emozioni incommensurabilmente più forti ed intense di una sfida a Pes 2011...
Di contro il “giovanotto” trentaseienne non disdegna l'uso di Facebook e della rete per le grandi cause. “Un sito mi serve anche per le iniziative di beneficenza, come l'ultima rivolta al Giappone”. Ben diecimila magliette con i colori dell'Italia e del paese nipponico sono state vendute su alessandrodelpiero.com. Il ricavato andrà alla Croce Rossa che opera nei luoghi dell'ultimo terremoto.
Sullo sfondo c'è il contratto, il rinnovo di un anno con la Vecchia Signora, un traguardo meritato, un premio al suo carisma ed all'essere esempio di uno stile antico che appare sempre più sbiadito. Il talento di San Vendemiano ha vinto la sua scommessa, allontanando le sirene di una avventura all'estero, negli Usa o in un club arabo dove i petroldollari non avrebbero mai potuto compensare l'uscita di scena dal campionato italiano. «Non mollo. In passato vi ho stupito per giocate ad effetto, quest'anno voglio stupire me stesso. Mentalmente sto bene, fisicamente mi sento in forma. Nelle vacanze ho pensato a lungo a me stesso, al mio futuro, che è il presente. Ho ancora amore e passione verso questo sport, sono sempre stato una persona ambiziosa. Quando lascerò la Juve? Prima vorrei tornare a vincere qualcosa. Ho trovato la forza dalla discesa in Serie B per andare avanti fino ad oggi, penso di giocare ancora alcuni anni, dove non so. Il mio futuro è focalizzato su questa stagione, voglio dedicare un anno assoluto alla Juve»: queste furono le sue parole profetiche all'inizio della stagione, e – con il progetto Delneri progressivamente evaporato – il suo “karma” resta uno degli elementi imprescindibili su cui far ripartire l'ennesima ricostruzione.
Anche nelle situazioni impreviste e roventi Del Piero ha sempre la classe per non farsi mai travolgere dagli schizzi di fango. Nella polemica con l'ex tecnico Ciro Ferrara, che lo accusava di voler “giocare sempre”, il leader bianconero non si è scomposto e ha stemperato i toni: «Probabilmente Ferrara ha rilasciato l' intervista in un momento emotivamente particolare. Essere squadra significa questo, assumersi sempre le proprie responsabilità: si va avanti e si vince tutti uniti. Del passato mi interessa conservare i ricordi positivi, non mi interessa screditare un compagno o un allenatore passato. E comunque non credo di essere un asino. Voglio giocare sempre? Il problema vero è se un giocatore non vuole giocare. Non ho mai chiesto di giocare sempre, ma solo di partire alla pari con gli altri, di non avere pregiudizi sulla mia età. Se hai 18 o 36 anni, se stai bene e meriti, devi giocare...”. La differenza è proprio nelle motivazioni, in quella genuina voglia di far emergere i merito, di ritagliarsi uno spazio, con la “fame” di un giovane alle prime armi. Il suo motto è “ vivo ogni incontro con la voglia e l’istinto di un diciottenne”, perché solo così resta sempre intensa la voglia di stupire e sognare nuovi traguardi, perché “lo sport è competizione, passione: e se arriva il risultato vivi momenti così belli che valgono ogni sacrificio”. Come l'ingresso nel nuovo stadio, passaggio cruciale nel quale la Juventus è all'avanguardia di una nuova visione del calcio che abbia – un po' come nella Premier League – al centro il tifoso, spettatore di un copione di sport e creatività.
Il bambino che giocava nel cortile di casa in Veneto immaginando di scambiarsi assist e passaggi con le stelle bianconere- da Cabrini, a Tardelli, a Scirea fino a Platini – non ha dimenticato le sue radici nell'Italia profonda, che non ha come mito le serate all'Hollywood di Milano o nelle balere della Versilia. Del Piero è il portabandiera di una nazione “semplice, ordinata”, nella quale “la gente si scambiava favori, ricordo tanta solidarietà. Oggi si pensa che una persona buona sia una persona fessa, invece la bontà è fondamentale”.
Alex è uno dei pochi testimonial di un calcio eterno, dove la magia della sfera che rotola non potrà mai essere sostituita da una elaborazione in 3D: “Sono fiero di mio padre che si spaccò la schiena come elettricista, e di mia madre che avrà lavato per terra in tutte le case di Conegliano. Sono strafelice di avere avuto quell'infanzia, dove i desideri erano in rapporto alle possibilità, mai di più. E quando cominciava a venire il bel tempo, come adesso, si usciva nei prati, si faceva la casetta sull'albero, si rubavano le ciliegie e le pannocchie, c'era sempre il benedetto pallone. Bellissimo”. Lunga vita al Capitano.
Michele De Feudis
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