Intervista a cura di Renato Berio
Dal Secolo d'Italia del 26 giugno 2011
Mamma mia, Céline... un osso duro. All'inizio Massimo Fini è riluttante all'idea di parlarne. Non è un critico letterario, in fondo, ma ha un gusto indomito della provocazione. Anzi proprio attraverso la provocazione acutizza le contraddizioni di un Occidente che non gli piace, fin dai tempi de La ragione aveva tortoe più ancora oggi quando, con il suo Il mullah Omar (Marsilio), si è spinto fino alla paradossale rivalutazione dei talebani.
Lei non sa stare fermo senza lanciare sassi metaforici nello stagno del conformismo?
Mi aspettavo le reazioni che ci sono state perché Omar è considerato puro orrore. Ho voluto rendere giustizia sia al personaggio sia a una storia, quella dei talebani, che pochi conoscono. Di quel mondo mi piacciono alcuni valori prepolitici: la dignità, il coraggio fisico e morale, l'incorruttibilità. Nessun leader talebano può essere accusato di essersi arricchito. In Occidente le cose vanno diversamente, tutti questi valori si sono persi per strada. Basti guardare al caso Bisignani...
Sembra che tutti i suoi argomenti siano in qualche modo riconducibili a "La ragione aveva torto"...
È vero, quello è stato il mio libro più importante. Ma contro il sistema democratico ho pubblicato pagine molto dure in Sudditi, ma non è accaduto quello che è successo quando ho scritto del mullah Omar. Per gli occidentali parlare dei talebani senza pregiudizi è inaccettabile.
Vuol dire che lei tra il mondo dei talebani e il mondo occidentale sceglierebbe il primo?
Il mondo talebano è un mondo preilluminista e premoderno. Non è che si tratta di trasportare da noi quel mondo ma non si può dire che è nostro dovere andare a imporre i nostri valori, o disvalori, a questi altri. Non so quanto Omar sia rappresentativo della sua gente ma la battuta che dico sempre è che qui da noi metti una scheda nell'urna e ti ritrovi leader uno che magari non ti rappresenta per nulla.
Perché è così critico nei confronti dell'Occidente?
L'Occidente è il mio mondo ma oggi non lo è nel senso che prima ha espresso un grande pensiero mentre oggi non esprime nulla che orienti i popoli, ci affidiamo al meccanismo del produci-consuma-crepa, insomma al mercato, allo scambio di oggetti che sono cose inerti.
Non pensa che i diritti umanitari siano una cosa seria?
Penso che la retorica dei diritti sia il grimaldello con cui si giustifica una forma abietta di neocolonialismo, peggiore del precedente. Perché un tempo le vecchie potenze se volevano una cosa se la prendevano, vigeva la legge del più forte che in fondo ha una sua onestà di fondo. L'attuale neocolonialismo invece pretende pure di salvarti l'anima con le bombe. È una forma di ipocrisia che francamente trovo intollerabile.
Céline si definiva un anarchico, anche lei?
Mi definirei più un libertario che un anarchico. Nel mio pensiero destra e sinistra sono categorie vecchie e superate, non sono più in grado di comprendere le esigenze profonde dei contemporanei. Mi considero al di là di queste categorie ma in qualche modo più che anarchico io sono un reazionario cum iudicio, non pretendo che si ritorni all'epoca delle caverne ma l'attuale modello di sviluppo dev'essere corretto. Per la verità resto un socialista nel senso che coniugare libertà e giustizia sociale mi sembra la strada migliore.
Non la toccano le accuse che vengono rivolte a chi alimenta l'antipolitica? Non sente di dare un contributo a questo filone?
Se la politica è quella di oggi io sono sicuramente un antipolitico. La democrazia non soddisfa tutte le esigenze, anzi produce partiti-truffa. Anche Sartori parla del sistema dei partiti come di una poliarchia, un sistema di minoranze organizzate che danno vita a un'aristocrazia mascherata che non ha più gli obblighi che avevano le aristocrazie storiche. Mi interessano le correnti di pensiero che affrontano il tema pensando a una sorta di neocomunitarismo...
Reazionario, socialista e anche un po' leghista?
La Lega alleandosi con Berlusconi ha perso le sue caratteristiche di fondo. Oggi è ridotta a sviluppare la parte peggiore della sua dottrina che è quella razzista. Non vogliono capire che l'affermazione della propria identità deve passare per il rispetto di quella altrui e non per la negazione della stessa. Mi invitano alle loro convention e io dico queste cose, ma il gruppo dirigente ormai non capisce, certo non mi segue su questa strada. La Lega rappresenta un'occasione sprecata.
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