Da 5-5-5, blog de l'Unità
Cito dal Secolo d'Italia del 14 giugno. Titolo: “Chi salverà il calcio? Gli ultras”. Catenaccio: “Paradossalmente sono loro a crederci ancora e a impedire che diventi una playstation”.
Leggo poi nell'articolo a firma di Roberto Alfatti Appetiti...
(qui lo potete leggere per intero): “L’abbraccio, nel nome del business, tra calendari e palinsesti ha spalmato l’offerta calcistico-televisiva tra anticipi, posticipi, recuperi e coppe straniere su tre, quattro e a volte persino cinque giornate in un’unica settimana. Contribuendo a svuotare gli stadi e sottraendo al calcio quelle peculiarità che ne rappresentavano la ricchezza: il carattere rituale, mitico, simbolico e – perché no? – anche identitario. Perché il calcio, prima ancora di essere uno spettacolo, è (era?) una liturgia, un motivo di aggregazione autenticamente interclassista e un rito collettivo che si alimenta di passione. È allo stadio che avviene quel rimescolamento sociale in grado di avvicinare, o meglio stringere, in un’unica appartenenza persone di estrazione diversa. Almeno fino a qualche tempo fa, quando sulle gradinate potevi trovare l’imprenditore e il suo operaio uno accanto all’altro: lasciando a casa le rispettive uniformi per indossare quelle del tifoso. Aspetti di vita comunitari cancellati dalla politica degli abbonamenti e dal lievitare dei prezzi: poveri in curva, al più nei distinti, e ricchi nelle tribune, rigorosamente ordinate per censo. Chi può permetterselo, infine, acquista direttamente il pacchetto full optional di Sky con tanto di visita guidata negli spogliatoi”. Pensiero interessante di cui, retorica a parte, condivido molte cose. Del resto avevo scritto nel mio ultimo post che i tifosi (e non solo gli ultras, attenzione) sono le principale vittime della vicenda che si sta dipanando da Cremona, da Napoli o da Potenza. E infatti mi fa piacere vedere che la mia idea di una class action dei tifosi da qualche parte è stata recepita (leggi qui).Quello che non mi torna però, caro dottor Alfatti Appetiti, è come mai nel suo lungo articolo non abbia mai nominato la tessera del tifoso. Le rinfresco un po' la memoria: è quella schedatura di massa a cui il governo ha costretto migliaia di tifosi (e non solo ultras), quel provvedimento unico al mondo e di utilità tutta da capire contro cui gli ultras di tutta Italia hanno deciso di protestare boicottando le curve, in alcuni casi, o comunque non abbonandosi. Curioso che lei lodando gli ultras (“L’unica “resistenza” alla virtualizzazione del calcio, paradossalmente, è affidata agli ultras. Proprio a loro, ai brutti, sporchi e cattivi accusati, il più delle volte a sproposito, di danneggiarne l’immagine con i loro modi poco urbani”, scrive) e sposandone la battaglia contro il calcio moderno e televisivo dimentichi completamente la mobilitazione messa in campo dagli ultras stessi contro la tessera del tifoso. Dipenderà mica dal fatto che quelle norme, inizialmente previste nel decreto Amato ma introdotte soltanto dal ministro Maroni, sono sostenute con convinzione dal governo e da quella fetta del Pdl ex An che del Secolo d'Italia è editore? Quando si fanno battaglie giuste e condivisibili, bisogna essere onesti fino in fondo.
14 giugno 2011
PS. Se il blogger de l'Unità leggesse più spesso il Secolo d'Italia e il Secolo sportivo in particolare, saprebbe che abbiamo a più riprese stroncato (con articolate motivazioni) la tessera del tifoso...
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