Dal Secolo d'Italia del 16 luglio 2011
Il giovane Werther non se n'abbia a male: a far notizia, stavolta, non sono i suoi lamenti d'amore per la bella Charlotte ma i dolori del giovane Martin. No, non si tratta di un epigono del personaggio di Goethe ma di Martin Mystère, il detective dell'Impossibile creato nel 1982 da Alfredo Castelli, sceneggiatore, disegnatore e storico del fumetto. E "I dolori del giovane Martin" è il titolo dello Speciale n. 28 (Bonelli Editore), appena arrivato in edicola, in cui il nostro è ancora uno studente di antropologia dell'università di Harvard e, come tutti i ragazzi, ad attrarlo sono sì i misteri ma in particolar modo quelli legati all'universo femminile. Almeno fino al momento in cui si presenta l'opportunità di studiare un oggetto dall'origine sconosciuta e Martin si getta a capofitto in quella che sarà la sua attività prediletta: svelare i grandi enigmi che la scienza e la storia non sono riusciti a spiegare.
Archeologo, esperto e collezionista d'arte, la trentennale carriera di Martin Mystère - nome che è una citazione omaggio di Jacques Mystere, l'investigatore creato da Tiziano Sclavi per i gialli d'estate del Corriere dei ragazzi - è ancor più lunga se si considerano le prime apparizioni del personaggio nella serie ispirata ad Allan Quatermain, il protagonista di numerosi romanzi d'avventura dello scrittore inglese H. Rider Haggard, che Alfredo Castelli pubblicò sul settimanale SuperGulp! alla fine degli anni Settanta. Tanto lunga da far sì che lo stesso Mystère per definirsi faccia ricorso all'acronimo Bvzm: Buon Vecchio Zio Marty. Vecchio, sì. Perché è l'unico eroe d'inchiostro che non si è candidato all'eternità rifugiandosi in una comoda dimensione atemporale. Nato nel 1942, è invecchiato insieme ai suoi lettori e, anche se il prossimo 26 giugno compierà settant'anni, non ha nessuna intenzione di cedere il passo ai tanti Peter Pan di carta destinati a rimanere eternamente giovani. Alcuni dei quali, peraltro, come Ken Parker e il Comandante Mark, sono prematuramente scomparsi dalle edicole. Confinati in un genere, il western, ed esposti alla fatuità delle mode e alla crescente concorrenza di tv e giochi elettronici, non sono riusciti a cavalcare la modernità, finendo travolti da personaggi in maggiore sintonia con le nuove generazioni di lettori.
All'alba degli Ottanta, infatti, gran parte degli eroi delle nuvole parlanti sono figli più o meno legittimi dell'immaginario cinematografico e letterario a stelle e strisce. Martin Mystère, invece, che pure è americano di nascita (vive a New York in un piccolo appartamento stracolmo di libri a pochi passi dal Greenwich Village) si è formato in Italia - Castelli lo ha spedito a farsi le ossa a Firenze - e soprattutto, pur "frequentando" il passato più remoto, vive con estrema disinvoltura la contemporaneità. Frenetica più che veloce e insaziabilmente vorace di informazioni, proprio come Mystère. Che al momento del suo esordio venne salutato quale esponente della controcultura dell'epoca, se non proprio come un militante della controinformazione, in virtù della manifesta diffidenza nei confronti delle veline e delle versioni cosiddette ufficiali e per l'ostinata curiosità con cui insegue verità nascoste. Una specie di nemico dei poteri forti, per alcuni, non a caso alle prese con gli Uomini in Nero, una sorta di setta secolare avversa a ogni scoperta e schierata a difesa della "cultura ufficiale", metafora che nasconderebbe chissà quale potere occulto. Un po' Pasolini e un po' Piero Angela, per intenderci. Sicuramente un apripista, padre putativo di molte serie, non solo bonelliane, d'ambientazione contemporanea che senza di lui, probabilmente, non sarebbero mai nate: dall'indagatore dell'incubo Dylan Dog al poliziotto newyorkese Nick Rider, dalla criminologa Julia a tante altre testate più recenti e immerse nell'attualità.
Attualità arricchita da dosi di fantastico, perché nelle sue "indagini" Mystère si muove sulla linea di confine tra realtà e fantasia, scienza e avventura, lasciando che i generi più diversi si contamino tra loro e coniugando magistralmente - e qui il merito va diviso tra Castelli e il disegnatore Giancarlo Alessandrini - la qualità del fumetto d'autore con i tempi e le esigenze della serialità. Non solo, con lui fa irruzione nel fumetto l'ucronìa, la storia alternativa e quella nascosta attraverso le quali Mystère - che pure muove da una vocazione illuminista - sembra annunciare l'avvento di un nuovo fondato su un passato antico che la modernità razionale aveva sbrigativamente quanto colpevolmente liquidato e rimosso. Potremmo quasi dire che, rompendo la tradizione rassicurante del fumetto classico, Mystère abbia sdoganato il mito e l'esoterismo nelle nuvole parlanti: dalla leggenda di Re Artù ai megaliti di Stonehenge, dalla ricerca del Sacro Graal alle statue dell'Isola di Pasqua, dagli Ufo alla magia, non c'è mistero "originale" con cui il nostro indagatore non si sia misurato azzardando spesso ricostruzioni ardite ma il più delle volte filologicamente plausibili.
A differenza del più celebre "collega" di celluloide Indiana Jones, Mystère non ha nulla dell'eroe invincibile, né il fisico né le velleità. Meno che mai le armi, a meno che non si possano considerare tali le citazioni colte e raffinate con cui mette a sedere i suoi interlocutori. Non ama il pericolo e affronta gravi rischi solo quando è indispensabile. Non ha clienti e non lavora su commissione, affronta un "caso" solo se lo trova interessante. Non è un seduttore alla Dylan Dog e in oltre trecento albi non c'è traccia di una sola scappatella extraconiugale in cui abbia tradito la bionda Diana Lombard. È una persona sin troppo normale, quasi noiosa. Con pregi e difetti: la vanità del divulgatore televisivo - cura una trasmissione dedicata ovviamente ai misteri - in cui riversa tutta la verbosità didascalica del professore universitario, del tuttologo sempre pronto a ostentare la propria conoscenza enciclopedica. Risultando irritante anche per i lettori più affezionati e spiazzando quelli che dai fumetti si aspetterebbero solo mero intrattenimento. Le competenze, del resto, non gli mancano: laureato ad Harvard in antropologia, si è specializzato in archeologia alla Sorbona di Parigi, in storia dell'arte a Firenze e in cibernetica applicata al linguaggio al Mit. Tanto da capire anche i grugniti di Java, l'uomo di Neanderthal sopravvissuto alla preistoria che egli stesso ha trovato durante un viaggio in Mongolia e che è diventato il suo (improbabile) inseparabile compagno d'avventura.
L'auspicio è che tali avventure continuino a farci compagnia ancora per molti anni, in barba alle ricorrenti, e regolarmente smentite, voci di chiusura che ogni tanto gettano nello sgomento i tanti lettori che già preparano i festeggiamenti per i trent'anni di vita editoriale. E malgrado gli inevitabili acciacchi dovuti all'età del protagonista: nel prossimo numero, "Il verdetto di Cassiopea", in edicola ad agosto, un Maestro della tradizione ebraica chiederà la collaborazione di Martin, ma questi si trova in ospedale, impossibilitato a muoversi e toccherà a Diana sostituirlo. La serie, nonostante la trasformazione nel 2005 da mensile in bimestrale, gode di buona salute e invidiabili primati, tra cui una serie di cartoni animati che ha per protagonista un giovane MM e Martin Mystère, al quale recentemente la città di Roma ha dedicato una "porta" nel quartiere di Mezzocammino, scrittore di successo nel suo mondo immaginario, rimane un personaggio talmente "presentabile" da essere chiamato a fare da testimonial anche in quello reale: dal Salone di Torino alla campagna d'informazione che l'Acea promosse anni fa. Chi meglio di un secchione come Martin Mystère?
Roberto Alfatti Appetiti
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