Lanterna Verde resta un supereroe di nicchia
Dal Secolo d'Italia del 10 settembre 2011
«Nel giorno più splendente / nella notte più profonda / nessun malvagio sfugga alla mia ronda. / Colui che nel male si perde / si guardi dal mio potere / la luce di Lanterna Verde». Così giura, nella trasposizione cinematografica del celebre fumetto della DC Comics, uno spaesato Ryan Reynolds nei panni del “poliziotto” intergalattico. Total green. Verde, ma tutt’altro che leghista. Xenofobia e localismo esasperato sono banditi. Niente folklore. Né concorsi di miss né Giri della Padania. Alla richiamata ronda, decisamente multirazziale – raccoglie una variopinta élite di coraggiosi, umanoidi e alieni non antopomorfi – è affidato un compito che farebbe impallidire Nato e Onu messe insieme: la vigilanza dell’universo, 36oo mondi cui garantire l’ordine.
Con una punta di razzismo, semmai, è accolta proprio la nuova recluta interpretata dall’attore canadese, primo umano chiamato a far parte di questo Corpo scelto e, in quanto tale, sospettata di mollezza, timor panico e incapacità di assumere responsabilità. Diffidenza più che legittima, almeno a giudicare dall’entrata in scena del protagonista: pilota d’aviazione talentuoso e sbruffone, tanto spericolato quanto inaffidabile, Hal Jordan è un «campione di fuga», come ammette egli stesso parlando con la ex fidanzata, Carol Ferris, ruolo assegnato alla bellissima Blake Lively.
Con una punta di razzismo, semmai, è accolta proprio la nuova recluta interpretata dall’attore canadese, primo umano chiamato a far parte di questo Corpo scelto e, in quanto tale, sospettata di mollezza, timor panico e incapacità di assumere responsabilità. Diffidenza più che legittima, almeno a giudicare dall’entrata in scena del protagonista: pilota d’aviazione talentuoso e sbruffone, tanto spericolato quanto inaffidabile, Hal Jordan è un «campione di fuga», come ammette egli stesso parlando con la ex fidanzata, Carol Ferris, ruolo assegnato alla bellissima Blake Lively.
Una recluta umana, dicevamo, troppo umana per una milizia di guerrieri, quella delle Lanterne Verdi, che fonda il proprio potere sulla forza di volontà. Una volontà di potenza di nietzschiana memoria che non tutti riescono a esprimere. I creatori del Corpo, i Guardiani dell’Universo, i signori immortali e (quasi) onnipotenti del pianeta Oa, hanno forgiato un anello in grado di scovare i valorosi andandoli a cercare negli angoli più remoti dello spazio per arruolarli alla causa bel bene.
Il film, uscito in Italia lo scorso 31 agosto, non ha sfondato e la conta al botteghino è stata pari alle aspettative: modesta. Nonostante l’imponente budget speso per la realizzazione della pellicola, si parla di 200mila dollari, gli sforzi della Warner Bros, e il sovrapprezzo pagato dal pubblico per gli immancabili occhialini 3D. Il bottino di 842mila euro raccolto nello scorso fine settimana, se si considera come la distribuzione abbia raggiunto ben 372 sale, appare esiguo, neanche avvicinabile alla trionfale accoglienza ricevuta a giugno negli States: primo nella top ten dei film più visti.
Del resto, il personaggio creato da John Broome e disegnato da Gil Kane nei primi anni Sessanta – Alan Scott, la prima Lanterna Verde, però, risale a vent’anni prima e deve i suoi natali a Martin Nodell e Bill Finger – oltreoceano ha conosciuto vicende altalenanti, attraversando momenti di crisi e clamorosi ritorni, ma rimanendo ancora saldamente uno dei più amati cult della fantascienza.
Dalle nostre parti, invece, ha sempre goduto di poca fortuna. La Mondadori ne pubblicò illo tempore una manciata di albi, con poca convinzione, presentandolo in compagnia ora di Flash o ora di Batman. Cenisio, Williams e Play Press, per citare alcune case editrici, non mancarono di riproprorlo, sia pure con pubblicazioni estemporanee e incomplete. Le lunghe sparizioni dall’edicola, tuttavia, così come l’assenza di un necessario ordine cronologico, hanno reso praticamente impossibile per il lettore italiano stare dietro alla complessa macchina narrativa di questa articolata Space-Opera. Una continuity che nel corso di settant’anni si è arricchita con i contributi di autori di primissimo piano e rivisitazioni radicali del personaggio ben oltre lo steretipo buonista degli inizi. Nei primi anni Settanta, dopo un calo di vendite che sembrava irrimediabile, venne affidato alle “cure” di Danny O’Neil e del disegnatore Nel Adams. Fu così che il “legalitario” Lanterna Verde venne “svezzato” dal “libertario” Freccia Verde. Insieme formarono una coppia diversa eppure complementare, affrontando un lungo viaggio nelle tante brucianti contraddizioni degli Usa, mettendo a nudo la retorica del sogno americano e denunciando i mali del “sistema”: dalle discriminazioni razziali allo sfruttamento dei lavoratori. Denunciando – e siamo nel 1971! – quei rischi ambientali che pochi anni dopo si sarebbero puntualmente fondati. Chiusa la serie, Hal Jordan apparirà e sparirà nel corso degli anni presentandosi ogni volta con chiaroscuri diversi se non con veri e propri stravolgimenti di personalità. Tanto da lasciare il Corpo delle Lanterne Verdi e diventare “cattivo” – destabilizzando i vecchi lettori della Dc Comics e provocando polemiche a non finire – per poi riabilitarsi. Trame che gli sceneggiatori del film hanno messo nel frullatore ricavandone una sintesi perfetta per i tempi e le esigenze cinematografiche ma assai semplificata e diversa da quella originale. Chi volesse documentarsi, può farsene un’idea con la recente ristampa della saga di Hal Jordan curata dalla Platea DeAgostini che ha cercato di tenere il passo delle pubblicazioni made in Usa. Un’impresa ardua, quella della casa editrice, degna di un supereroe, tanto più dopo l’offensiva scatenata dai suoi più blasonati colleghi nei fortunati cinecomic – Spiderman, Batman, Iron Man, cui si sono aggiunti negli ultimi mesi Thor e Capitan America – che, almeno nel vecchio continente, ha relegato sempre più Lanterna Verde tra gli eroi di seconda fascia. Un prodotto di nicchia, in termini commerciali, anche se in concomitanza con l’uscita della pellicola arrivano un videogioco “Lanterna Verde l’Ascesa dei Manhunter” e un nuovo lungometraggio animato, Lanterna Verde i Cavalieri di Smeraldo, creato da Bruce Timm, vincitore dell’Emmy Award per il film Batman (1992) e realizzato dai produttori del film.
Le potenzialità “letterarie” di questo personaggio, del resto, sarebbero infinite. Volere è volare e il nostro vola senza spalmare ragnatele ovunque. E poi è l’unico ad aver portato la fantasia al potere o, meglio, ad avere il potere della fantasia: grazie all’anello, alimentato da una ferrea volontà, è possibile dare forma e sostanza a qualsiasi oggetti immagini. Gli sceneggiatori della pellicola, a dire il vero, hanno sfruttato poco questa opportunità narrativa e si sono limitati a riproporre i soliti campi di forza e le armi più o meno convenzionali, dalle spade alle mitragliatrici. Così come è apparso abusata la rappresentazione manichea dell’eterno dualismo tra l’eroe, bello, buono e dal carattere solare, e il nerd brutto e timido: ruolo affidato a Peter Sarsgaard. Chi finirà per scegliere la donna di cui entrambi sono innamorati? Beh, vorrei vedere voi a restare buoni. L’epilogo, come da migliore tradizione a stelle e strisce, è scontato: il bene vince sul male, i cattivi finiscono al tappeto senza tanti complimenti, l’amore trionfa, il coraggio vince sulla paura e, contrariamente alle attese dei suoi camerati in verde, l’arma vincente di Hal risulterà essere – sic – la sua umanità.
L’effetto complessivo del film, però, rimane più che suggestivo e tiene incollati al grande schermo le famigliole grazie alla pioggia di effetti speciali e alla fumettosa altalena tra toni leggeri e drammatici, baci e combattimenti, commedia sentimentale e action movie. Specialità, questa, di cui il regista neozelandese Martin Campbell è un navigato maestro ben prima dell’era Jackson, tanto da aver già resuscitato un imbolsito James Bond col suo Casino Royale del 2006, riportandolo ai fasti del passato. Successo che, se non al primo colpo, potrebbe arrivare nel sequel di Lanterna Verde, ché il male è tornato ad alzare la testa mentre già scorrevano i titoli di coda. Qualcuno dovrà rimetterlo a posto e chi se non il nostro? Nel frattempo, possiamo dormire sonni tranquilli.
Roberto Alfatti Appetiti
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