Stefano Ferrio, scrittore e giornalista, scrive una lettera aperta al fuoriclasse milanista che si dice stanco del calcio: "Ma sì, basta con questo carrozzone tutto finto, stupisci tutti ancora una volta".
Da la Repubblica del 9 ottobre 2011
Apprendo dunque dai media che sei stanco del calcio, Zlatan Ibrahimovic, che questo pallone ti nausea, e che stai preparando un colpo di scena: non solo l'addio alla nazionale svedese, con la cui maglia oggi è in effetti difficile vincere qualcosa, ma anche un bel "non gioco più" da sbattere in faccia al tuo attuale club di appartenenza, il Milan. Solo che, secondo qualche malalingua, quest'ultimo è uno strappo anche troppo calcolato, in quanto la squadra rossonera non pare in grado di vincere l'unico trofeo che ancora ti manca, la Champions' League.
Io invece proprio non ho voglia di pensarla così. Nemmeno inizio ad ascoltare le voci secondo cui è tutta una manfrina per approdare entro un anno al Real Madrid, e portarti a casa questa benedetta Coppa, guidato dallo stesso Mourinho con cui hai fatto sfracelli quando giocavi nell'Inter. E sorvolo pure sul fatto che, proprio come Mourinho, saresti un mercenario pronto solamente a indossare la maglia offerta da chi paga meglio, chissenefrega se Juventus, Inter, Milan, Barcellona o Real.
No, da uomo che ama il calcio da ben prima dell'età della ragione, io spero nel mio intimo che tu in fondo stia davvero provando il mio medesimo disagio verso questo sferragliante carrozzone ingombro di sponsor, tatuaggi, scommesse e contratti grossi come una Bibbia. Per cui, fin tanto che non ti vedo firmare un nuovo ingaggio per il Real, o magari per un qualche club siberiano finanziato dalla mafia russa, io che mai mi stancherei di rivedere in rete le tue acrobatiche meraviglie e le tue sfrenate serpentine di dribbling, mi permetto non solo di pensare che sei davvero nauseato da questo calcio, ma anche di consigliarti l'unica cura fatta apposta per te.
Manda pure al diavolo la Champions League, funambolico Zlatan, e comprati tu una squadra. Meglio se reietta e dimenticata fra i gorghi della Lega Pro italiana, o addirittura delle serie non professionistiche. Così spendi poco, i cosiddetti "bruscolini" per uno pagato anche dodici milioni all'anno, e passi per davvero alla Storia. Sai che sballo perpetuo vederti comparire in campo con la maglia arancione della Pistoiese, o quella rossoblu del Campobasso. Per non parlare della commozione infinita di ascoltare una tua conferenza stampa tutto vestito di grigio, da bomber-presidente dell'Alessandria, o con addosso la sciarpa giallorossa dello stesso Catanzaro in cui giocò quel tuo lontano e immenso Maestro noto agli intenditori come Massimo Palanca, l'imperatore della bandierina, capace di segnare tredici volte in carriera direttamente dal corner. Se poi la tua scelta dovesse cadere sul neroverde del Venezia, sarebbe una tale apoteosi da far resuscitare Antonio Vivaldi per comporre il nuovo inno della squadra.
Hai appena compiuto trent'anni, Zlatan. Se il tuo domani si dovesse chiamare non Real, ma Venezia o Sanbenenedettese o Pro Patria, nei cinque o sei di carriera che hai ancora davanti fai in tempo a convincere quel matto di Cassano a venire a giocare con te, dopodiché piazzate in porta un magnifico quarantenne come Antonio Chimenti, detto Zucchina, appena svincolato dalla Juventus, e metà del gioco è fatta. Per completarlo vi mettete attorno un giusto mix di giovani promesse e vecchi mediani pronti a pagare pur di stare in squadra con voi, più Roberto Baggio da far entrare per le punizioni dal limite quando vi tocca vincere negli ultimi dieci minuti. Il nome dell'allenatore è d'obbligo: Osvaldo Bagnoli, che gli scudetti li vinceva con il Verona, e poi un bel giorno si è messo in pensione, in preda a una nausea del calcio forse simile alla tua.
Nel giro di tre campionati siete in Serie A, e se non ci doveste arrivare per promozione, succederà lo stesso per acclamazione, portati in trionfo da me e da milioni di altri italiani. Tutti tremendamente e disperatamente bisognosi non di Coppe, ma di qualcosa di ancora più vitale e importante come le emozioni.
E se davvero ho scritto questa lettera a un mercenario, caro Zlatan, coltivo pur sempre la speranza che tu possa fare come il tuo eroico predecessore Spartaco, e guidare una rivoluzione contro padroni del calcio dispotici ed egoisti più degli antichi romani. Magari per vincerla, stavolta. Con addosso una maglia di qualsiasi colore. Purché sia "vera".
Stefano Ferrio
(autore del romanzo "La Partita", Feltrinelli editore)
FONTE: LA REPUBBLICA
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