Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia del 4 dicembre 2011
Vuole rifondare la tradizione del laburismo inglese ripartendo dal concetto virtuoso di tradizione. I suoi riferimenti, in termini di tradizioni positive made in England, sono associazioni volontaristiche, sindacati, organizzazioni religiose ma soprattutto squadre di calcio, che in Inghilterra hanno quasi tutte cento e passa anni. Il bene comune come centro di gravità politico, l'apertura a chi vota a destra (anche estrema): questo e molto altro è il Blue Labour di Maurice Glasman.
Cinquant'anni, da poco nominato barone di Stoke Newington e Stamford Hill, Maurice Glasman ritiene che la politica abbia molto a che fare con il calcio e con la musica. In Inghilterra di lui si dice che «vuole ridipingere la sinistra di blu». Una rosa blu è, infatti, il simbolo del suo soggetto politico, che lui stesso definisce una forma temperata di progressismo che guarda alle radici del partito pre-1945.
Amante del jazz, Glasman confessa di annoiarsi terribilmente davanti agli sport individuali, «meglio il sudore di una partita di calcio». Figlio di ebrei polacchi è oggi un accademico elevato al rango di lord oltre un anno fa su indicazione del laburista Ed Miliband. In patria viene etichettato come «lord-jazzista-professore» cresciuto tra la sinagoga e lo stadio. È tra i protagonisti della guerra dei colori che si è scatenata tra i socialisti d'Oltremanica. Sceglie il blu non a caso, in polemica con i modernizzatori del Labour britannico di Tony Blair, che dalla scorsa estate hanno avviato un laboratorio di riflessioni attorno a un volumetto color melanzana, il "purple book", sulla scia del libro arancione liberaldemocratico che prefigurò la coalizione con i conservatori di David Cameron proprio in polemica con il Blue Labour. "Blue" inteso come colore dell'anima: «Il Blue Labour - dice Glasman - è quella parte della tradizione socialista che mette il bene comune al centro della vocazione del movimento e del partito laburista. La sua missione storica è, dunque, quella di rimettere insieme ciò che è diviso. Il rosso è il colore del sangue e dei martiri quando ciò di cui abbiamo bisogno sono coraggio e leadership. Il Blue Labour non è progressista, non crediamo che le cose andranno meglio. Nella nostra posizione c'è un senso di audacia e di tragedia, ed è questo uno dei significati di questo nostro blu, che mette assieme Miles Davis, Picasso e Aristotele. Sentirsi "tristi" non significa avere una malattia mentale, né essere depressi, anzi proprio da questo stato d'animo può scaturire una comprensione più profonda del mondo e un coraggio autentico nel resistere ad esso, molto più che affrontandolo con un ottimismo superficiale, come nel caso di Berlusconi e della sinistra progressista. Quindi, questo blu è innanzitutto una disposizione d'animo».
Al Labour canonico, quello di Ed Miliband, Glasman contesta la mancanza di un'idea-forza, di un orizzonte teorico che possa fungere da collante tra base e dirigenza del partito. Cita riferimenti eruditi dall'attivista statunitense Saul Alinski a Giovanni Paolo II, con passaggi sulla dottrina sociale della Chiesa, fino a giungere all'apprezzamento per il lavoro «straordinario» dell'economista italiano Stefano Zamagni, «molto letto nei circoli del Blue Labour». Tutto questo per provare a riconquistare i consensi perduti della left che, a suo dire, passano attraverso i ceti popolari. È particolarmente interessante che per attuare questo progetto voglia riconvertire i liberal, o lib-lab, alle virtù della tradizione. Sostiene che nella Gran Bretagna patria del pluralismo sia giunta l'ora di riscoprire il concetto di bene comune. Parte da una critica al '68, che percepisce come trionfo dell'avidità: «Ha prevalso la cultura del bancone». Quasi sulla scia di quanto sostenuto da Franco Bifo Berardi, nel suo Come si cura il nazi, sei mesi fa disse che il Labour deve parlare con chi vota l'estrema destra dell'English Defence League: «Si possono liquidare come beceri razzisti, oppure cercare di coinvolgerli. Il fascismo non attecchì in Gran Bretagna perché la sinistra parlava di famiglia, di valori e non lasciò il popolo alla propaganda nazionalista». E a proposito di tradizioni afferma: «In Italia, così come in Inghilterra, la vita familiare, il rispetto per le tradizioni etiche della Chiesa e il patriottismo sono componenti cruciali e costitutive della tradizione laburista. Berlinguer e Gramsci, ma anche Aldo Moro, lo avevano capito molto bene. Dobbiamo collaborare con il popolo, non fargli la guerra. Per questo il Blue Labour si rifiuta di lasciare alla destra il terreno della famiglia, della patria e della fede: certo, non a Berlusconi che, invece, è sempre riuscito a mettere in difficoltà i progressisti, con grandi risultati, proprio su questo terreno».
Messaggi trasversali che pongono una domanda legittima. Siamo sicuri che il Blue Labour sia veramente di sinistra? «Destra/sinistra - ha affermato Glasman - è una costruzione spaziale razionalista che viene dalla Rivoluzione francese e ha consentito di identificare il socialismo con "la sinistra", come qualcosa di sbagliato e di male. Non abbiamo alcun vantaggio a continuare a pensarla così. Lo stesso vale per la coppia liberale/comunitario, entrambe posizioni bacate. Il Blue Labour è un movimento di rinnovamento civico e patriottico nel quale sono centrali responsabilità e democrazia. È troppo semplice sostenere che siamo a sinistra sui temi economici e a destra su quelli sociali».
Giovanni Tarantino
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