Da Area di dicembre 2011
Il lettore lungimirante lo sa: passare in libreria la vigilia di Natale rende inevitabile la resa di fronte al potere editoriale. Travolti dalle monumentali pile di volumi che altri hanno scelto per noi, rischieremmo di uscirne con l’ultimo libro di Fabio Volo sottobraccio o, pressati dalla fretta, arrenderci all’idea che Giorgio Faletti non sia poi tanto male. Attenzione: le classifiche di vendita vanno rigorosamente ignorate. Il fatto che un libro venda molto non ne garantisce la qualità. Le letture vanno programmate con cautela, prima di brandire la carta di credito. Certo, se un libro finisse per non piacerci, potremmo sempre regalarlo. Ammettiamolo: sarebbe da infami. Avete mai provato l’onta di ricevere un volumazzo di Moccia? Io sì. E non lo auguro a nessuno. Detto questo, bisogna prepararsi per tempo. Individuare i libri giusti e, nel caso siano stampati da piccoli editori, ordinarli col necessario tempismo. Così da sconfiggere il nemico principale: la distribuzione, troppo spesso di una lentezza esasperante. Carta e penna, dunque, ché nel 2011 sono usciti libri importanti.
Se avvertite il bisogno di disintossicarvi dalle letture del 150esimo dell’Unità d’Italia, uscire dalla sterile diatriba tra celebrazioni acritiche e revisionismi manichei, e soprattutto se volete capire qualcosa di più sulle (vere) ragioni del declino della nostra economia, c’è Eroi e cialtroni, 150 anni di controstoria (Politeia) di Augusto Grandi e Teresa Alquati, un’analisi puntuale e documentata sulle vicissitudini dei nostri conti. Per rimanere all’approfondimento, degno di nota è Contropotere. La notte della Repubblica e i giornalisti che hanno tentato di fare luce (Nutrimenti), anch’esso scritto a quattro mani da Massimiliano Griner e Lilly Viccaro Theo. Gli anni Settanta vengono riletti attraverso un giornalismo investigativo e d’inchiesta che in un’epoca come l’attuale, seppellita dal voyeurismo gossiparo, non si può che rimpiangere. A restituire la voce ad alcuni dei più rappresentativi figli degli anni Cinquanta, hanno pensato le edizioni Settecolori ripubblicando l’ormai introvabile C’eravamo tanto a(r)mati: venticinque storie individuali che fotografano mirabilmente un’Italia provinciale e cittadina, operaia e borghese, fascista e comunista. Il volume è curato da Maurizio Cabona e Stenio Solinas, del quale è da poco arrivato in libreria anche Da Parigi a Gerusalemme. Sulle tracce di Chateaubriand (Vallecchi). Scrittore raffinato, Solinas è salpato da Trieste per approdare a Istanbul, raggiungendo Israele e Palestina. Il risultato è un doppio libro fra passato e presente, esercizio di ammirazione – per dirla con Cioran – e racconto di viaggio. Altre peregrinazioni, quelle del messinese Scipione il Cicalazadè, le ha rese in forma di “cuntu”, l’antica forma di narrazione orale della Sicilia, Pietrangelo Buttafuoco nel suo Il lupo e la luna (Bompiani). Una vita avventurosa, quella di Scipione. Rapito dai pirati appena dodicenne, passerà attraverso battaglie e conquiste, un lupo come compagno e una dama fatta luna nel cuore. Dall’Africa italiana e fascista, poi, Giorgio Ballario ci porta nella sua Torino, per l’occasione in noir. Abbandonato momentaneamente il suo personaggio prediletto, il maggiore dei carabinieri Morosini – che ritroveremo la prossima primavera – nel suo ultimo romanzo, Il volo della cicala (Angolo Manzoni), lo scrittore piemontese ci presenta il detective italo-argentino Hector Perazzo alle prese con un’attualità fatta di droga, violenza e raggiri. Immigrato di ritorno, Perazzo ha percorso al contrario la rotta dei suoi avi ed è arrivato in Italia con pochi soldi e tanti sogni. Chi ai propri sogni non ha voluto rinunciare è l’esordiente romana Bianca Penna. Il suo fresco di stampa Sui binari del treno (Ensemble) è la risposta a tutti coloro che le hanno detto: un giorno ne riderai. Non solo a lei. A chiunque non si è rassegnato all’idea che l’amore, la generosità, gli ideali, il desiderio di vivere pienamente ogni giorno, siano stati solo capricci adolescenziali e non una precisa, millimetrica, scelta di vita, dolorosa finché si vuole ma tutt’altro che inconsapevole. Se non proprio inconsapevole, Shepard Fairey non avrebbe mai immaginato di ricevere la telefonata di ringraziamento di Barack Obama, neoeletto presidente degli Stati Uniti. È opera sua il manifesto, col volto di Obama in rosso e blu e la scritta “Hope”, diventato rapidamente un’icona planetaria a mo’ della Gioconda di Leonardo Da Vinci e della Marilyn Monroe di Andy Warhol, da molti analisti considerato la vera chiave di svolta del successo personale del primo nero alla Casa Bianca. A dirci tutto del talento, dell’innovativo stile grafico e della poetica dell’artista nato in una cittadina della Carolina del Sud nel 1970 è Sabina De Gregori – già autrice de Bansky. Il terrorista dell’arte – con Shepard Fairey in arte Obey. La vita e le opere del re della Poster Art (come il precedente edito da Castelvecchi).
Se avvertite il bisogno di disintossicarvi dalle letture del 150esimo dell’Unità d’Italia, uscire dalla sterile diatriba tra celebrazioni acritiche e revisionismi manichei, e soprattutto se volete capire qualcosa di più sulle (vere) ragioni del declino della nostra economia, c’è Eroi e cialtroni, 150 anni di controstoria (Politeia) di Augusto Grandi e Teresa Alquati, un’analisi puntuale e documentata sulle vicissitudini dei nostri conti. Per rimanere all’approfondimento, degno di nota è Contropotere. La notte della Repubblica e i giornalisti che hanno tentato di fare luce (Nutrimenti), anch’esso scritto a quattro mani da Massimiliano Griner e Lilly Viccaro Theo. Gli anni Settanta vengono riletti attraverso un giornalismo investigativo e d’inchiesta che in un’epoca come l’attuale, seppellita dal voyeurismo gossiparo, non si può che rimpiangere. A restituire la voce ad alcuni dei più rappresentativi figli degli anni Cinquanta, hanno pensato le edizioni Settecolori ripubblicando l’ormai introvabile C’eravamo tanto a(r)mati: venticinque storie individuali che fotografano mirabilmente un’Italia provinciale e cittadina, operaia e borghese, fascista e comunista. Il volume è curato da Maurizio Cabona e Stenio Solinas, del quale è da poco arrivato in libreria anche Da Parigi a Gerusalemme. Sulle tracce di Chateaubriand (Vallecchi). Scrittore raffinato, Solinas è salpato da Trieste per approdare a Istanbul, raggiungendo Israele e Palestina. Il risultato è un doppio libro fra passato e presente, esercizio di ammirazione – per dirla con Cioran – e racconto di viaggio. Altre peregrinazioni, quelle del messinese Scipione il Cicalazadè, le ha rese in forma di “cuntu”, l’antica forma di narrazione orale della Sicilia, Pietrangelo Buttafuoco nel suo Il lupo e la luna (Bompiani). Una vita avventurosa, quella di Scipione. Rapito dai pirati appena dodicenne, passerà attraverso battaglie e conquiste, un lupo come compagno e una dama fatta luna nel cuore. Dall’Africa italiana e fascista, poi, Giorgio Ballario ci porta nella sua Torino, per l’occasione in noir. Abbandonato momentaneamente il suo personaggio prediletto, il maggiore dei carabinieri Morosini – che ritroveremo la prossima primavera – nel suo ultimo romanzo, Il volo della cicala (Angolo Manzoni), lo scrittore piemontese ci presenta il detective italo-argentino Hector Perazzo alle prese con un’attualità fatta di droga, violenza e raggiri. Immigrato di ritorno, Perazzo ha percorso al contrario la rotta dei suoi avi ed è arrivato in Italia con pochi soldi e tanti sogni. Chi ai propri sogni non ha voluto rinunciare è l’esordiente romana Bianca Penna. Il suo fresco di stampa Sui binari del treno (Ensemble) è la risposta a tutti coloro che le hanno detto: un giorno ne riderai. Non solo a lei. A chiunque non si è rassegnato all’idea che l’amore, la generosità, gli ideali, il desiderio di vivere pienamente ogni giorno, siano stati solo capricci adolescenziali e non una precisa, millimetrica, scelta di vita, dolorosa finché si vuole ma tutt’altro che inconsapevole. Se non proprio inconsapevole, Shepard Fairey non avrebbe mai immaginato di ricevere la telefonata di ringraziamento di Barack Obama, neoeletto presidente degli Stati Uniti. È opera sua il manifesto, col volto di Obama in rosso e blu e la scritta “Hope”, diventato rapidamente un’icona planetaria a mo’ della Gioconda di Leonardo Da Vinci e della Marilyn Monroe di Andy Warhol, da molti analisti considerato la vera chiave di svolta del successo personale del primo nero alla Casa Bianca. A dirci tutto del talento, dell’innovativo stile grafico e della poetica dell’artista nato in una cittadina della Carolina del Sud nel 1970 è Sabina De Gregori – già autrice de Bansky. Il terrorista dell’arte – con Shepard Fairey in arte Obey. La vita e le opere del re della Poster Art (come il precedente edito da Castelvecchi).
Politicamente scorretto è Non chiedetemi di fare la femmina (Cult) della “debuttante” aquilana Manuela D’Alessio. Peggio di una biografia non autorizzata, scientifico al pari di Super Quark, unisex come la guida Michelin, bipartisan perché colpisce da destra e da sinistra, il libro presenta una ricca gall(in)eria di prototipi femminili da cui, maschi e femmine – avverte l’autrice – dovrebbero tenersi prudentemente lontani: gli uni per evitare di accaparrarsi una femmina, invece di una donna, le altre per imparare a essere tali, rinunciando a invidia e french manicure. Non poteva mancare un’opera irrinunciabile per gli appassionati degli eroi d’inchiostro: Le straordinarie opere di Alan Moore (Black Velvet) di George Khoury, il più completo libro-intervista sulla vita e le opere del più importante scrittore di fumetti al mondo. Avete presente cult cinematografici emulati come Watchmen e V for vendetta? Nascono dal suo straordinario talento e leggendo il libro scoprirete che il suo ruolo nella fabbrica dell’immaginario è decisamente di primo piano.
Il lettore davvero lungimirante, infine, si prepari all’imminente uscita, sempre per la piccola e determinata Settecolori di Manuel Grillo, de La giovane Turca, il primo romanzo pubblicato in Italia, con il contributo del Goethe Istitut, di Martin Mosebach, vincitore del Premio Georg Büchner 2007, il più prestigioso riconoscimento letterario tedesco. Lo scontro di civiltà – questo è il senso del libro – non ha l’ultima parola se a dominare è la vita e non l’ideologia. Lo impara a sue spese un giovane tedesco quando dagli Stati Uniti vola in Turchia per mettersi sulle tracce dell’amata. Il suo viaggio è costellato di colpi di scena e atmosfere surreali, dove alle peripezie e alle delusioni segue la scoperta di civiltà e tradizioni antiche ormai cadute nell’oblio. In un intreccio in cui la sorte individuale intarsia i destini collettivi, l’incontro e lo scontro tra culture come l’unione e la separazione tra uomini e donne non sono scontati né inevitabili, perché la battuta finale spetta al gioco imprevedibile della vita.
Roberto Alfatti Appetiti
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