Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 14 febbraio 2012
Fabio Capello è un italiano tutto d'un pezzo. I commentatori che sui nostri quotidiani hanno criticato le dimissioni del mago friulano da ct dell'Inghilterra, secondo chiavi interpretative politiche e ideologiche, sono fuori rotta. In un'Italia che sforna ogni settimana inchieste e copertine sul risorgere di caricaturali estremismi di destra, la frizione tra l'allenatore di Pieris e la Football Association è parsa una imperdibile nuova occasione per dare sfoggio al solito copione conformista.
La ricostruzione del motivo scatenante la querelle è surreale. Tutto pare sia partito da un cinguettìo. Per Kevin Backley del Guardian la scintilla sarebbe stata l'errata traduzione dell'intervista di Fabio Capello nello spazio sportivo del Tg1 domenicale su caso Terry, poi rilanciata da un giornalista italiano su Twitter - «Fabio Capello on John Terry. Innocent until proven guilty» - e presa come oro colato da agenzie e stampa inglese, da tempo poco attendibili e alle prese con retate nelle redazioni.
Da editorialisti come Aldo Grasso e Francesco Merlo sono partiti strali e censure. «Si è sentito scavalcato dalla Federazione inglese che, costretta a intervenire al suo posto, ha giustamente degradato il calciatore. Capello si è rivelato un complice e non un capo. Doveva essere lui a punirlo invece di farsi commissariare e scappare via come Schettino», argomenta il commentatore de la Repubblica. Il "Fab nazionale" non ha abbandonato nessuna nave, ma ha difeso le sue prerogative di "dominus" dello spogliatoio, luogo nel quale l'allenatore contribuisce a stabilire le gerarchie e gli equilibri interni trovando il giusto punto di incontro tra gradi di veterano, carisma e prestazioni sportive, elementi che avevano suggellato la scelta di Terry come capitano. Insultare un avversario durante o alla fine di una gara è di certo un gesto sconveniente, gli epiteti razzisti sono da condannare, ma da qui a processare Terry ce ne passa, fermo restando che il difensore inglese gioca in un club come il Chelsea, una vera multinazionale, con giocatori provenienti da tutti i continenti. In un'Europa che cede senza lottare le proprie prerogative a istituzioni distanti dai popoli il gesto di Capello sembra pieno di arroganza, mentre in realtà afferma la sovranità dell'allenatore nel gestire le dinamiche della rosa. L'epilogo è paradossale. La Fa ha affidato ad interim l'incarico di ct a Stuart Pierce, che a sua volta nel 1994 insultò con parole razziste Paul Ince in Nottingham Forrest-Mc United. Ora quest'ultimo è pronto a lasciare la panchina al più titolato Harry Redknapp, a sua volta reduce da una disavventura giudiziaria per evasione fiscale. Gli inglesi stavolta hanno confezionato una farsa perfetta.
Michele De Feudis
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