domenica 16 settembre 2007

Paul Campani, anche una moka può diventare mitologica (di Ivo Germano)

Articolo di Ivo Germano
dal Secolo d'Italia di domenica 16 settembre 2007
rubrica settimanale "Italian Beauty"
Una palazzina e l’officina di un gommista. Curva anonima della prima periferia di una città emiliana che non diresti mai essere state lo scrigno di un sogno visivo e visionario condotto alla grandissima. Già ti basterebbe optare per un sottofondo musicale del “Molleggiato” Adriano Celentano nel “Ragazzo della Via Gluck”, trasportarlo a Modena e iniziare a narrare di uno che ci sapeva fare con matite e fogli, cartoons e illustrazione. Che, poi, fossero per la pubblicità rende ancor più moderno il profilo molteplice di Paul Campani. Talmente bravo e libero da dire no a Walt Disney che avrebbe fatto “carte false” per implementarlo nel suo team, dato che Paul sognava un film d’animazione tutto suo, ma proprio suo da capo a piedi, sino alla morte nel 1991. Indipendente fondatore della casa di produzione Paul Film, quasi fosse un proto Spielberg dell’italian beauty, il quale dalla periferia modenese, fra teatri di posa e sfondi, animava il lavoro del sogno.
Giusto tributo, allora, a Stefano Bulgarelli, curatore della mostra “Paul Campani. Dai fumetti ai cartoon di Carosello”, presso il Foro Boario di Modena, fino al 28 ottobre. Un carosello del Carosello di chi, come Ludovico Ariosto, decise che era meglio esser primi nella sue radici, piuttosto che secondo fra moltitudini di collaboratori disneyani.
Prima il talento nel disegnare le pagine de l’Intrepido ante Seconda Guerra Mondiale, non percependosi mai artisiticamente, ma al servizio, ad esempio, di Misterix, un primo archetipo di supereroe che, tuttavia, piacque più agli argentini che agli italiani.
Non basteranno le parole, ma i nomi dei personaggi sì: l’ “Omino coi baffi” della Bialetti, parodia dell’omonimo cavaliere costruttore della moka, apparso il 6 gennaio 1958, in collaborazione con Massimino Garnier, il primo personaggio animato della pubblicità italica, “Svanitella” e “Riccardone” e… "ledindondero”, “Miguel son mi”, cioè “El Merendero”. Creatività fresca e gioiosa nei contenuti, pronta all’uso di quel contenitore magico che fu Carosello. Impressionante la somiglianza con Bruce Chatwin, al posto delle mappe, un tavolo da lavoro, con un surplus di carattere e sentimento. Più di un programma estetico che influenzò un giovane apprendista della Paul Film, cioè Bonvi: uno stile secco, telegrafico a dimostrare il teorema compatto di un reame speciale, gioioso e ricchissimo di spunti. Se c’è, infatti, “un’icona più icona” dell’immaginario sociale e della cultura popolare, capace di regalare fantasia al mondo reale è Carosello. Per il quale, Campani non di limitò a ritagliare un sogno di cartone, ma delineò preciso perimetro per chi ci ha fatto diventare così, da alter ego pop di un Re e del suo mondo in verità, inimitabile e insostituibile. Con quelle figure e quelle atmosfere che un semplice e spigliato produttore, celebrava una certa idea di stare insieme con cose e prodotti, soprattutto, genialmente ideati in tempi, spazi e situazioni divertenti.
Pochi attimi e se ne accorgevano istantaneamente quegli italiani che fecero il loro ingresso, per la prima volta, oltre le cancellate del più grande artificio spettacolare e visivo: la pubblicità.
La soglia immaginale non era più utopia e timido schizzo d’ardita architettura immaginifica, ma vita e cosa vera di un capitolo decisivo della cultura materiale e popolare, come arte novecentesca ed applicazione del diritto costituzionale all’allegria, come e più di una sigla e ritornello.
Un rema della cultura popolare e plurale, poliedrico e multiforme, riccamente investigato da Campani, elegante demiurgo della passione, per l’immagine e, soprattutto, l’immanenza nel desiderio dell’immagine.
“El Merendero” e l’ “Omino coi baffi” hanno, per così dire, anticipato addirittura l’osservazione di una pratica, anche un biglietto d’ingresso della transizione da un mondo al cui interno l’immaginario cercava di replicare la realtà ad uno in cui sarà la realtà a tentare d’imitare l’immaginario. Una mistura insuperabile di tradizione e modernità, mito e tecnica, fantasia e realtà, da cui estrarre il delizioso succo, dove basta poco per “illuminarsi d’immenso”.
Si tratta dell’ “illusione della vita” come concetto e meta concretizzato sinesteticamente, cioè, tangibile coi cinque sensi, appena scambi un sorriso tenero con chi ti è vicino nella mostra. Non sarà difficile chiamarla distrazione e novità rivoluzionaria che, nemmeno, Aldous Huxley e Philip K. Dick avrebbero potuto inventarsela tale e quale. Campani era positività nella felice sorpresa del bene, resistendo ed esistendo, nonostante la tendenza perniciosa a ragionare attorno ad una persona ed una società “a punti”. Forse, sarebbe ora, come ci ricorda la mostra modenese, fuoriuscire dalla stravaganza e dall’eccezionalità della trasgressione, facendo ritorno alla natura dei rapporti estetici immediati, ricchi e sorprendenti, da una matita sgorganti. Specialmente in questi tempi di battaglie mediologiche e di assuefatti misconoscimenti di chi si dona, si impegna e, soprattutto, accoglie e ascolta. Insomma, “si sbatte”, semplicemente, per qualcosa e per qualcuno, con attenzione e rigore, consapevole di quanto sostenuto in vita da Carmelo Bene, cioè che “tutto s’impara, ma nulla s’insegna”. Per esempio che esisteva una possibilità interpretativa della pubblicità come vera identità metropolitana, capace di destrutturare la quotidianità astratta, incrinando la parvenza razionale della società, per fare emergere energetiche sorprese.
Quello che colpisce in Paul Campani è la presenza di senso estetico nella contemporaneità, cioè schematicamente la persistenza ricca e composita di fantasie, sogni e morfologie del senso pubblicitario. Da Walter Benjamin a Jean Baudrillard siamo, infatti, in presenza di un patrimonio iconografico, cinema, teatro, televisione, cartoline, poster pubblicitari, carta moneta, cd e dvd, sotto forma di seducente tesoro all’occhio curioso del nuovo e vecchio millennio.
Naturalmente bella e invidiabile proiezione, prima urbanistica e, poi, poi reale in simboli, cose, prodotti, oggetti che, passo dopo passo, si sono tramutati in mitologia della cultura materiale: un “terzo occhio” dell’immagine e dell’esperienza visiva.
Solo che il fumetto non è qui arredo o ambiente, tantomeno palcoscenico della vita quotidiana, ma si dirama, al pari di un ganglo determinante della ben più ampia società pubblicitaria.
Esempi potremmo mitragliarne “a bizzeffe”, tuttavia preferiamo indugiare sulla particolare suggestione segnaletica attuale, trasmutata in tragitto visivo di giornata: a nord megaposter che impacchettano gli edifici, a sud mezzi pubblici e non vettori di messaggi promozionali, ad est noi stessi con i piccoli e grandi logo e griffes che demarcano i nostri perimetri emotivi e imitativi, infine, ad ovest la tanta, troppa proliferazione di pieghevoli informativi. Salvo, poi, una volta fatto ritorno a casa battagliare con l’ “infernet”, chiedo scusa internet e il suo continuo e petulante spamming.
Tutte cose che Campani aveva compreso magnificamente.
Ivo Germano (1966) Borghese di provincia all'Amicimiei, sociologo e giornalista, scientificamente si occupa di produzione culturale e strutture simboliche dell'immaginario contemporaneo. Incline a scrivere e interessarsi di cose inutili, curiosamente e felicemente borghesi.

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