Dal Secolo d'Italia di mercoledì 7 novembre 2007
Enzo Biagi è andato a far compagnia a Indro Montanelli. E con lui se ne va via, definitivamente, mezzo secolo di giornalismo italiano. Lasciamo ad altri giornali il compito della rievocazione della sua fulgida carriera, dei suoi successi e, anche, degli ultimi anni di polemiche. Qui ci piace ricordarlo per un piccolo gesto non dovuto. Un gesto che, molto probabilmente, in pochissimi ricordano. Enzo Biagi fu l'unico volto di rilievo, il 22 luglio 1968, ad essere presente ai funerali di Giovannino Guareschi. Nonostante l'ostracismo della cultura egemo ne di sinistra e del potere democristiano dell'epoca, Enzo Biagi era andato lì per l'ultimo triste saluto a quell'umorista che volle essere seppellito con il vessillo sabaudo.
«Un anarchico sentimentale», così Biagi definì Guareschi il giorno successivo, nel suo ricordo sulla Stampa.
Un piccolo gesto per nulla insignificante che ben rappresenta l'indubbia indipendenza intellettuale del grande giornalista. «Ho commesso molti errori ma li ho commessi in proprio. Non li ho commessi per conto terzi», amava dire svelando quel Biagi che non può non piacere per la sua cifra anti-ideologica. Una caratteristica che indubbiamente lo accomuna all'Indro Montanelli "anarchico di destra" e individualista, uomo d'altri tempi, che non riuscì ad accettare e comprendere la nuova stagione politica. Ecco, è bello ricordarli insieme, Biagi e Montanelli, oltre le polemiche politiche, perchè il loro giornalismo popolare, un giornalismo di fatti, storie e uomini, era tutto tranne che ideologico. E forse è anche per questo che entrambi non sono riusciti ad accettare un bipolarismo improvvisato. Nessuno dei due ha voluto infatti interpretare un bipolarismo che, per eccessivo entusiasmo, è passato nella mente di qualcuno come una sorta di bipartitismo del pensiero che impone anche agli intellettuali un'obbligata scelta di campo. Una declinazione che tipi come Enzo Biagi (e Montanellli) non potevano accettare. Possiamo fargliene una colpa?
Filippo Rossi, giornalista e scrittore (autore, con Luciano Lanna, del saggio-dizionario Fascisti immaginari, Vallecchi 2003), ha cominciato al quotidiano Il Tempo, è stato caporedattore del settimanale l'Italia, direttore delle news di Radio 101 e collaboratore di diverse testate politico-culturali. Attualmente è coordinatore editoriale della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, "Farefuturo".
10 commenti:
Al di là delle idee politiche l'allontanamento di Enzo Biagi fu un gesto idiota da parte dell'allora maggioranza (che non mi vergogno a dire io sostenni). Non si fa fuori una trasmissione che la sera teneva incollati alla tv tantissimi utenti (si dice che squadra vincente non si cambia).
Personalmente non sono sempre stato d'accordo con Biagi, talvolta ha anche detto e scritto delle banalità, ma concordo con Conan che era un giornalismo popolare, partecipato, e aggiungerei un po' pedagogico, che ora non si fa più.
Montanelli mi piaceva di meno. Almeno Biagi era un giornalista di idee mainstream dichiarate, con una passione civile che oggigiorno manca. Montanelli ha sempre avuto l'impeto del ribelle e le scelte del conformista, così si è turato il naso troppe volte. Alla fine, con la Fallaci e altri (sebbene in modo diverso) ha sempre rappresentato quel ribellismo delle classi medie e conformiste che hanno trovato nell'invettiva e nella frase ad effetto un modo per non vergognarsi di rivendicazioni spesso molto piccine. Insomma, il rappresentante di un fascismo piccoloborghese che oggi va per la maggiore, sebbene rivendicato in maniera più volgare. Ed è triste pensare che la sinistra lo abbia rivalutato per una scelta tardiva, e forse un po' strumentalizzato.
Detto questo, la morte di questi giornalisti, e l'invecchiamento di alcuni intellettuali di un'epoca in cui l'attenzione alla società civile sopperiva all'individualismo imperante, mi intristisce. Al di là delle loro idee, questi erano uomini con delle idee e delle passioni: ho visto recentemente un documentario su Enzo Siciliano, e quasi piangevo vedendo come si schifava di un'Italia diventata sempre più volgare, di come tutta l'attenzione verso la politica partecipata e la società civile fosse svanita in nome di un nulla fragoroso ed egoista. Anche la morte di Nuto Revelli mi ha intristito. E ora? Bocca comincia a vacillare, Augias si sbatte come un ventenne, però la natura fa il suo corso...
Ci rimangono i Corona e i Mora. Che è tutto dire...
Cosa bisogna fare per evitare che l'opera di Montanelli, della Fallaci e degli altri che ci hanno lasciato non vada persa?
peccato 'bella ciao'...
Giovanni D. S. ha detto...
Cosa bisogna fare per evitare che l'opera di Montanelli, della Fallaci e degli altri che ci hanno lasciato non vada persa?
Al di là delle preferenze personali (a me la Fallaci proprio non piace, non solo per le idee ma anche come scrittrice), credo che si possa solo seguirne, umanamente, l'esempio. Mi spiego: non credo che Biagi abbia mai scritto cose che rimarranno, non si tratta di Machiavelli, perché alla fine è sempre stato così: almeno finora è rimasta la grande letteratura, che veramente dice cose originali. E Machiavelli, oltre che un grande studioso della politica e un esempio di partecipazione civile, era anche un genio e un grande letterato. Però di personaggi come Montanelli, Biagi o la Fallaci si può almeno conservare quel bisogno di esserci, di dire la propria nella vita pubblica che dovrebbe toccare ad ogni persona.
Sempre contro la deriva attuale.
Per il signor Claudio, d'accordo non erano dei grandi scrittori ma hanno rappresentato la nostra stampa e sono stati testimoni delle vicende politiche del nostro paese dal fascismo alla II Repubblica.
Concordo. E in alcuni momenti sono stati pure coraggiosi e determinati. Oggigiorno è una qualità rara.
Oggigiorno abbiamo solo opportunisti e capipolo. I vari Travaglio, Santoro, Grillo hanno taciuto per anni sul malaffare in Italia.
Ti dirò, anni fa, all'epoca del "decreto bulgaro", pur detestando Berlusconi, vedendo i girotondi che scendevano in piazza a protestare in nome della "libertà di parola", scrissi che ci mancava soltanto che io dovessi scendere con loro per difendere lo stipendio miliardario di Biagi e Santoro.
Grillo non mi dispiace. Certo, è populista e non risolve un granché, però ha fatto cacare sotto un po' di politici.
Detto questo, non credo che le battaglie odierne siano quelle a favore di un governo o di un altro, oppure sulle quote da spartirsi in tv. Ci sono battaglie più serie: l'ambiente, l'Europa, la difesa della complessità e della varietà delle culture, l'ipercapitalismo...
Roba che per Biagi era già fantascienza, la Fallaci aveva altre smanie, mentre a Santoro non interessa un granché.
PS: grazie per il "signor Claudio" :)
Come ho detto inizialmente trovo che allontanare Biagi e Santoro dalla Rai fu una mossa da idioti e basta. Trasmissioni come quella di Santoro e di Biagi erano seguite da milioni di italiani, erano tutti comunisti questi italiani che guardavano Biagi e Santoro?
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