A meno di una settimana dal voto, nonostante l epolemiche e la denuncia sulle schede pasticciate, Berlusconi è più che ottimista sul risultato finale. «Penso che non ci saranno sorprese – ci dice – e che prevarrà il divario insuperabile tra noi del Pdl che stiamo in vantaggio e il Pd di Veltroni». Eppure il leader del Partito democratico, da qualche giorno, batte il tasto di un presunto pessimismo e declinismo evocati dalla campagna del Popolo della libertà. Nel fine settimana Veltroni è persino arrivato a parlare di una presunta email a lui pervenuta da parte di un cittadino, il quale denuncerebbe che da destra «si affermano solo cose cupe e scure, messaggi che generano pessimismo». Il Pd portatore di ottimismo? «Veltroni – Berlusconi sorride –bara e cerca di ribaltare le posizioni reali. Intanto, io personalmente sono tutto tranne che una persona triste. Anzi: se c’è qualcuno che è ottimista di suo sono proprio io. Se c’è qualcuno che nella comunicazione con la gente porta ottimismo, fa divertire, fa sorridere, usa l’ironia e l’autoironia questo sono proprio io. E aggiungerei: se ci sono cittadini che sono lontani dalla cupezza, dal pessimismo e dal prendersi troppo sul serio questi sono proprio gli elettori del Pdl. Veltroni anche questa volta sta cercando di capovolgere la realtà dicendo ch enoi siamo cupi e che loro sono allegri. Certo, nel corso della campagna elettorale, parlando con le associazioni di categoria, con gli industriali, con i commercianti, con le piccole e medie imprese, con gli agricoltori ho tenuto sempre a sottolineare la responsabilità che mi assumerò andando al governo del Paese. Ci sono problemi gravi lasciati in eredità dalla sinistra che vanno affrontati, ci sono questioni difficili da risolvere. Questo non è pessimismo ma senso di responsabilità. Da me richiamato per chiedere agli elettori un appoggio convinto che mi possa dare una vasta maggioranza sia alla Camera che al Senato.
Presidente, mancano pochi giorni dalle elezioni. Ci siamo arrivati senz’altro con delle novità. Quale secondo lei la più importante?
Il Popolo della libertà è di per sé un grande traguardo già raggiunto. Era il mio grande sogno da quattordici anni: dare vita finalmente anche in Italia a un unico grande movimento che mettesse tutti insieme i liberali, i riformisti, i cattolici e i laici che non si riconoscono nella sinistra. Un nuovo grande soggetto che rappresentasse in Italia la costola di quella grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa che è il Ppe, alla lettera il “partito dei popoli europei”. E adesso ci siamo finalmente riusciti. Certo, non tutti i partiti che stavano con noi nella Cdl – e che avevano firmato un impegno ad aderire già nel novembre del 2005 – hanno ritenuto di far parte del Pdl. Penso, ad esempio, alla Destra di Storace e all’Udc di Casini che hanno preferito andare da soli. Io penso per egoismo politico, per personalismo, per pura volontà di mantenersi comunque leader, anche se di piccoli partiti.
Lei ha un rapporto diretto con la gente. Riesce facilmente a parlare in maniera semplice e chiara. Quale il primo immediato obiettivo simbolico che un suo futuro governo si propone?
Come ho già annunciato, il primo Consiglio dei ministri si riunirà a Napoli e io starò là, in una sede operativa, finché non avrò avviato una soluzione concreta del problema rifiuti. Questa è la prima emergenza da affrontare. L’emergenza dei rifiuti napoletani inchioda il governo Prodi a una condanna internazionale. Non solo ha sottoposto i cittadini di Napoli e di tutta la Campania a una situazione disagiata e in certi casi anche pericolosa per la propria salute, ma ha procurato e procurerà danni gravi al nostro turismo. Le televisioni di tutto il mondo non hanno detto «Napoli under trash». Hanno detto e scritto «Italy under trash»: l’Italia sotto la spazzatura. L’altro giorno parlavo con un mio amico straniero che mi diceva di aver ricevuto telefonate da amici dal suo Paese che gli dicevano: «Come fai ha vivere in Paese sotto la spazzatura?». A cominciare da questo, faremo in modo di far rialzare l’immagine dell’Italia.
Insomma, l’eredità lasciata da Prodi è davvero ingombrante?
Direi di più: drammatica. Quello di Prodi è stato il governo della maggiore pressione fiscale, è stato ed è il governo delle frontiere aperte con gli extracomunitari che ha fatto verticalmente discendere la sicurezza dei cittadini, è il governo che ha bloccato la realizzazione delle infrastrutture e la realizzazione dei 76 cantieri che avevamo aperto noi, è il governo con cui si è registrata una crescita zero della nostra economia e un carovita che è anche del 14 e più per cento per pane, pasta e latte, è il governo che ha fatto diminuire grandemente il potere d’acquisto delle famiglie a reddito fisso...
Sarà anche per questo che Veltroni cerca di marcare una presunta “discontinuità” da Prodi?
Certo. Ma anche il voto dato a Veltroni significa comunque più statalismo, più spesa pubblica, più tasse, più extracomunitari e quindi più criminalità e vuol dire anche Di Pietro ministro della Giustizia e quindi più intercettazioni. Non solo: votarlo vuol dire inoltre svendere Alitalia e quindi farci colonizzare dai francesi.
Eppure, all’inizio della campagna elettorale, lei aveva detto di apprezzare almeno la decisione veltroniana di “andare da soli”?
È vero, l’ho detto questo e l’ho pensato. Lui è senz’altro un grande comunicatore. Ha detto che sarebbe andato da solo con il Pd, che avrebbe divorziato per sempre dalla sinistra estrema che ancora orgogliosamente si rifà all’ortodossia marxista, che avrebbe presentato una classe dirigente tutta nuova. E in tanti abbiamo sperato che fosse vero. Meglio tardi che mai, abbiamo detto. Finalmente gli eredi del Pci stavano definendo una loro Bad Godesberg. Anche in Italia accadeva quanto era avvenuto un secolo prima in Germania e in Gran Bretagna. Ecco, Veltroni aveva cominciato con questi impegni ma il bilancio adesso è fallimentare. La promessa di andare da solo? Qualche settimana dopo l’annuncio ha accorpato i radicali facendo convivere all’interno del Pd due fazioni inconciliabili tra di loro: i radicali e i cattolici integralisti. Poi si è alleato addirittura con il partito giustizialista di Di Pietro dimostrando che il Pd ha una cultura ancora giustizialista.
E sugli altri due impegni veltroniani?
Aveva detto: divorzierò dalla sinistra estrema. Sono arrivate le elezioni amministrative per il potere locale e il Pd si presenta insieme, come prima più di prima, con Ber tinotti e con i Comunisti italiani. Aveva poi detto: avrete una classe dirigente tutta nuova e, invece, nelle liste del Pd ci sono quasi tutti i ministri, i sottosegretari, i viceministri del governo Prodi. Risultato: esistono in Italia due sinistre: una è quella immaginaria e propagandistica di Veltroni, l’altra è quella reale, della continuità col precedente governo. Insomma, preso atto di queste mancate promesse, il Pd a me pare ancora l’ultima mimetizzazione del vecchio Pci.
Veltroni è stato per due mandati il sindaco di Roma. Riuscirà il Pdl a vincere anche la battaglia romana e a conquistare per la prima volta il Campidoglio?
La sfida è difficile ma ci sono davvero buone possibilità per farcela. Conosco bene il nostro candidato Gianni Alemanno. È una persona che sa andare a fondo dei problemi, che sa inventarsi nuove soluzioni, che sa anche ripensare i percorsi intrapresi. Nella esperienza comune di governo non ho mai avuto un solo momento di contrasto con Gianni. Se i romani sapranno valutare bene la situazione in gioco e non si lasceranno incantare dai partitini di centrodestra, Gianni sarà senz’altro un ottimo sindaco della capitale.
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.
1 commento:
Una ne fa cento ne pensa, o forse una ne pensa e cento ne fa… Insomma, il Cavaliere non si dà tregua. Sfumata la sfacciata sicurezza di vittoria schiacciante manifestata per settimane, sono emersi i primi dubbi. Perciò, archiviata con scarso successo la battaglia per il ‘voto utile’ (contrastata anche dal Presidente della Repubblica e vanificata dai sondaggi), considerato che ad appena due settimane dal voto sono ancora troppi gli indecisi, ha architettato una nuova teoria. Ed ecco spuntare dal suo cilindro il coniglio del ‘voto disgiunto’: “Se proprio si vuole votare Casini, lo si faccia alla Camera, non al Senato”…
Dove con Casini si possono identificare tutti i cosiddetti ‘partiti nanetti’. Insomma, il leader del ‘partito contenitore’ si scopre improvvisamente generoso e magnanimo, accorgendosi che in queste elezioni non si presentano solamente PdL e PD, secca alternativa nella teoria del ‘voto utile’. Una strategia elettorale poco convincente, che cerca di sfruttare la scarsa conoscenza della tremenda legge elettorale e di confondere quei coraggiosi elettori che non intendono omologarsi alla costruzione del duopolio nella politica italiana, dove sarebbero eliminate differenze, identità, storie culturali e politiche nazionali. Questa volta, però, il consiglio potrebbe esser letto in maniera speculare ed il ‘voto disgiunto’ potrebbe rivelarsi un vero boomerang per il furbo Cavaliere. Un suggerimento per i più sensibili ed avveduti tra gli elettori del PdL, coloro che avessero a cuore le sorti di un sistema politico più equilibrato, che ritenessero opportuno non cancellare dallo scenario politico alcune importanti identità politiche, che non intendessero consegnare troppo potere nelle mani di questo ibrido ‘partito contenitore’, che volessero mettere alle calcagna dei prossimi governanti d’Italia qualche mastino da guardia. Proprio costoro, consapevoli che alla Camera la maggioranza berlusconiana sarà schiacciante (comunque per ottenere il premio di maggioranza basterà anche un singolo voto in più), potrebbero - pur mantenendo fermo il proprio voto pidiellino al Senato - siglare la propria scheda per la Camera a favore di quei partiti che maggiormente possono essere identificati come identitari e talmente incazzati da non voler diventare i vassalli del Cavaliere. Meditate gente, meditate... a metà aprile ci troveremo di fronte ad una scelta più importante di quel che appare...
DAL BLOG http://faber2008.blogspot.com/
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