Articolo di Pierluigi Mennitti
Dal Secolo d'Italia del 1 maggio 2008
Dal Secolo d'Italia del 1 maggio 2008
A Berlino il mito è tornato. Almeno sugli schermi cinematografici. A suggellare, novant’anni dopo il suo ultimo volo, la riappacificazione della Germania con il lato eroico – anche se militaresco – della sua storia. Il mito è quello del Barone Rosso, come era soprannominato in Inghilterra, o Diavolo Rosso come era temuto in Francia. Manfred von Richthofen, l’eroe di guerra prussiano che a bordo del Fokker DR1 e a capo di una flottiglia di 80 pazzoidi volanti, infiammò i cieli di Francia e Inghilterra e i cuori delle fanciulle tedesche. Purtroppo la storia raccontata dal regista e autore Nikolai Müllerschön non centra davvero l’obiettivo e si abbandona per lunghe fasi a un polpettone rosa.
Novant’anni dopo, dunque, la storia trasportata sullo schermo si colora di epopea e dolcezza e si adegua ai tempi non più marziali di un paese che a lungo ha voltato le spalle al proprio passato. Il volto, la voce e l’anima del Barone Rosso è quella di Matthias Schweighöfer, ventisettenne astro nascente del ritrovato cinema tedesco, capelli biondi, lunghi e scarmigliati, occhi grigi languidi e sognanti, una voce elastica e suadente già prestata a un genere che in patria ha un incredibile successo: gli audiolibri. Schweighöfer una cosa in comune con il personaggio che interpreta ce l’ha: fa sognare adolescenti e ragazze tedesche, che hanno trovato un mito di celluloide da adorare in patria. Ed è su questo aspetto (hollywoodiano, se si vuole) che Müllerschön insiste troppo, preoccupandosi soprattutto di sfumare gli aspetti patriottici e crudeli della guerra in una melassa romantica. Il suo pubblico, comunque, lo ha trovato. E nella serata della prima, sotto il tetto futurista del Sony Center, ce n’erano a centinaia di teen ager adoranti, arrampicate sulle transenne per osannare il protagonista e gridargli amore eterno. Neppure davanti al tappeto rosso della Berlinale, ad attendere gli idoli americani lo scorso febbraio, ce n’erano così tante. D’altronde il giovanottointerpreta alla perfezione questo Barone Rosso postbellico, gentiluomo, ricco e aristocratico, amante del suo aereo e dell’avventura, responsabile verso i suoi uomini e in fondo nemico leale di inglesi e francesi volanti. Gli storici non concordano su questa versione addolcita del personaggio, fair play a parte. Ma la storia, riletta decenni dopo, si colora – come detto – dello spirito del tempo. E la Germania di oggi sembra disposta a ritrovare i suoi miti a patto di diluirli un po’ nelliquido sciropposo del politicamente corretto. [Continua su walking class]
Novant’anni dopo, dunque, la storia trasportata sullo schermo si colora di epopea e dolcezza e si adegua ai tempi non più marziali di un paese che a lungo ha voltato le spalle al proprio passato. Il volto, la voce e l’anima del Barone Rosso è quella di Matthias Schweighöfer, ventisettenne astro nascente del ritrovato cinema tedesco, capelli biondi, lunghi e scarmigliati, occhi grigi languidi e sognanti, una voce elastica e suadente già prestata a un genere che in patria ha un incredibile successo: gli audiolibri. Schweighöfer una cosa in comune con il personaggio che interpreta ce l’ha: fa sognare adolescenti e ragazze tedesche, che hanno trovato un mito di celluloide da adorare in patria. Ed è su questo aspetto (hollywoodiano, se si vuole) che Müllerschön insiste troppo, preoccupandosi soprattutto di sfumare gli aspetti patriottici e crudeli della guerra in una melassa romantica. Il suo pubblico, comunque, lo ha trovato. E nella serata della prima, sotto il tetto futurista del Sony Center, ce n’erano a centinaia di teen ager adoranti, arrampicate sulle transenne per osannare il protagonista e gridargli amore eterno. Neppure davanti al tappeto rosso della Berlinale, ad attendere gli idoli americani lo scorso febbraio, ce n’erano così tante. D’altronde il giovanottointerpreta alla perfezione questo Barone Rosso postbellico, gentiluomo, ricco e aristocratico, amante del suo aereo e dell’avventura, responsabile verso i suoi uomini e in fondo nemico leale di inglesi e francesi volanti. Gli storici non concordano su questa versione addolcita del personaggio, fair play a parte. Ma la storia, riletta decenni dopo, si colora – come detto – dello spirito del tempo. E la Germania di oggi sembra disposta a ritrovare i suoi miti a patto di diluirli un po’ nelliquido sciropposo del politicamente corretto. [Continua su walking class]
2 commenti:
Finalmente un film che parla del Barone Ross, ne vidi uno tanti anni fa.
Giovanni
Non ho visto il film, rimedierò appena possibile. Ma, per amore di precisione -anche se è una svista che commettono in tanti- sarebbe opportuno chiarire che, in barba all'immaginario collettivo, il Barone Rosso ha pilotato un Fokker DR1 (il famoso triplano di cui tutti, più o meno, abbiamo avuto in casa il modellino :-) ) in pochissime occasioni. Il suo aereo era un più comune Albatros, nelle versioni DII e DIII. Sempre per pignoleria, vale la pena anche di ricordare che, nonostante sia anche questa una notizia diffusa, gli aerei "personali" di Von Richtofen non erano interamente rossi, essendo dipinti con questo colore solo il blocco motore e la parte terminale della fusoliera, inclusi i timoni. Tanto per la precisione :-)
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