lunedì 5 maggio 2008

Un Callaghan tutto italiano nei giorni del G8 (di Giovanni Tarantino)

Articolo di Giovanni Tarantino
Dal Secolo d'Italia del 1 maggio 2008
Tra i numerosi spunti offerti dall’ultimo numero di Charta minuta, mensile della Fondazione Farefuturo, intitolato «La rivincita dei buoni sentimenti», spicca sicuramente l’analisi di Filippo Rossi che invita a «Uscire fuori dal tunnel del cattiverio»: un rivolgimento al mondo della destra affinchè sappia prendere coscienza della propria storia superando cancellando l’immagine stereotipata e abusata che spesso le è stata cucita addosso dagli avversari. Una destra senza complessi, insomma, che sappia definitivamente mettersi in gioco nell’attuale mescolamento creativo delle identità politiche: un laboratorio che secondo le ultime tendenze elettorali, che l’hanno vista vincente, sembra funzionare.
E Rossi traccia la via maestra verso il recupero di un’idea di politica solare, volontarista e maggioritaria, eleggendo a simbolo di questa realtà politica e culturale un personaggio “eroico”: Michelangelo Fournier, vice questore aggiunto al primo Reparto mobile di Genova nei giorni del G8 del luglio 2001. Fournier, da sempre definitosi di destra, lo scorso anno ha deciso di raccontare la sua verità in merito agli inquietanti scenari della scuola Diaz di Genova. «Io sono cresciuto da ragazzo – si legge nel pezzo che cita testualmente Fournier – con la passione degli anarchici di destra come Longanesi e Prezzolini e ho studiato a Roma al San Leone Magno. Se sono di destra? Diciamo che se mi chiedi chi sono i più grandi uomini del ’900 dico Roosevelt, Ho Chi Minh, Ataturk, Nelson Mandela e Lech Walesa. E aggiungo che nella mia libreria, accanto a Junger e Céline, ci sono Gogol e Dostoevskij, Steinbeck e Kerouac…» Poi Fournier, con coraggio, torna anche sui tragici fatti della notte del 22 luglio di 6 anni fa: «Se non fossi e non mi sentissi poliziotto democratico tra poliziotti democratici di un paese democratico, non avrei detto ai magistrati di Genova quel che ho detto. Non sarei più tornato in una piazza o in uno stadio. Non avrei più avuto il coraggio di guardare negli occhi i ragazzi del nucleo che comando. Invece, io, nelle piazze e negli stadi ci sono tornato, almeno cento volte l’anno da sei a questa parte».
Le parole di Fournier rimandano inevitabilmente al contesto dei giorni del G8, agli scontri, alla tensione, all’episodio della morte di Carlo Giuliani e alle violenze della Diaz e di Bolzaneto. Tutti fatti che hanno ispirato anche lo scrittore genovese Claudio Asciuti, che ha dedicato a quei giorni un romanzo, I semi di Marizai (pp. 179, Fanucci Editore, euro 14).
Asciuti, classe ’56, genovese doc, scrittore anticonformista e ribelle e che si definisce «un anarchico di destra, o meglio un anarca, nel senso che Jünger dà a questo termine», collabora con le riviste Carmilla e Pulp e si occupa di fantasy sin dagli anni ’70, quando scriveva per Re Nudo e Gong; con La notte dei Pitagorici, pubblicato da Mondadori nel 1999, ha anche vinto il premio Urania. Sullo sfondo de I semi di Marizai, come è già stato detto, lo scenario del G8 “zeneise”: 560 feriti, 301 arrestati, circa 50 miliardi di danni e un morto, Carlo Giuliani. Il libro di Asciuti è romanzo a tinte forti e vede protagonista un detective di destra, chiamato “Il Nero”, ma ricordato negli ambienti di destra da cui proviene anche come “Mezza cartuccia”, e che non manca di fornire delle vere e proprie chicche storiche su alcune realtà della destra giovanile, come l’episodio della “partecipazione” di Biagio Cacciola, all’epoca dei fatti presidente del Fuan, alla contestazione di Luciano Lama nel ’77 a fianco degli “indiani metropolitani”.
«Il “Nero” è un personaggio – spiega Asciuti – simile ai fascisti di una volta, quelli un po’ socialisti e anticapitalisti, differenzialisti ma non razzisti, antiamericani ma non antisemiti. Un Marlowe della destra radicale. O un Callaghan nostrano…».
Il “Nero”, s’intuisce sin dalle prime righe, non è poi molto lontano dalla figura rappresentata nella realtà da Michelangelo Fournier, ma la sua professione, quella di detective privato, lo porta alla ricerca di una ragazza misteriosamente scomparsa durante le giornate di Genova. L’indagine si rivela subito complessa, non solo per il clima pesante creatosi in città, ma anche per la fama ambigua che da tempo accompagna il detective: un non-conformista di destra, estremamente leale e idealista, pronto a mettere tutto in gioco per portare a termine la sua missione. Nei vicoli del centro storico e nei locali della vecchia mala, fra confidenti, no global, poliziotti e carabinieri, il “Nero” approderà ad una verità ben diversa da quella ufficiale o da quella urlata dalle forze dell’opposizione: una delle tante verità, quelle che in Italia non si possono raccontare, difesa da un uomo che, come nel caso di Michelangelo Fournier, fa crollare gli stereotipi e ogni idea di destra becera, imposta per anni dagli avversari e da false propagande, facendo emergere una che torna a essere giusta, garantista, buona e normale.
Giovanni Tarantino è nato a Palermo il 23 giugno 1983. Collaboratore del Secolo d’Italia, si è laureato in Scienze storiche con una tesi dal titolo Movimentisti. Da Giovane Europa alla Nuova destra.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Compro PULP tutti i mesi, perché mi sembra la miglior rivista letteraria in circolazione. Quella più filologica ma anche piacevole da leggere, non conformista e al passo con i tempi.
Ho sempre pensato che fosse una rivista "di sinistra", benché fossero apprezzabili l'interesse verso la letteratura non conformista dei primi trent'anni dello scorso secolo e la correttezza verso quella che una volta era chiamata "Nuova Destra". Tarchi e soci sono sempre stati presentati per quello che sono, con la massima attenzione ai testi e le dovute differenze dalla cosidetta "destra", con non poche stoccate alla sinistra. Sulle analisi di "Diorama" riguardanti Globalizzazione e G8 di Genova si disse: ci sembra molto più a sinistra Diorama di tanta stampa e tanti politici cosiddetti di sinistra.

Asciuti è un attento critico di romanzi di fantascienza e analista dell'opera di Junger. Credevo che il suo interesse fosse quello di uno scrittore di sinistra interessato alle forme del pensiero della crisi, alla Cacciari o Masini, sebbene non a livello filosofico, invece scopro che si considera un "anarchico di destra o anarca".

Non si finisce mai di imparare :-)

Anonimo ha detto...

Anche Camilleri aveva fatto una cosa simile con il commissario Montalbano che nei giorni del G8 di Genova durante un'indagine pensa di dare le dimissioni.

Giovanni

Anonimo ha detto...

Caro Claudio,
anche io inizialmente la pensavo come te e cioè ritenevo che Asciuti fosse di sinistra.
In effetti pare che lo fosse stato realmente in passato e che dopo esperienze con collettivi fantomatici, marxiani-marziani più che marxisti, abbia ritenuto la via dell'anarca l'unica percorribile.

Anonimo ha detto...

Caro Giovanni,
uno che fa scelte del genere mi sembra davvero libero e "nonconformista". Uno che non ha partiti da servire.
Mi piace.

Nel bel saggio su Junger di PULP 71 (gennaio/febbraio 2008), Asciuti scrive dell'Anarca:

"è l'individuo che ha come valore la sua assoluta libertà personale, a cui può sacrificare anche la vita; è il fondo anarchico dell'individuo, che risale "a tempi preistorici, anteriori al mito".

Insomma, quasi un archetipo junghiano...

Fare la scelta del Ribelle, "passare al bosco", è sempre più arduo. Credo sia ancora possibile diventare Anarca, o cercare di esserlo. In attesa di tempi migliori...
Ciao.

Anonimo ha detto...

Ottima la segnalazione del saggio sull'anarca...