Dal Secolo d'Italia di martedì 22 luglio 2008
Sul traino del recentissimo film Hellboy - The Golden Army escono in Italia per le edizioni Magic Press due interessanti volumi a fumetti dedicati al “ragazzo infernale”, che meritano di essere letti quando ancora si è rapiti dalle suggestioni del film di Guillermo del Toro. In realtà, si può immaginare la lettura come un ideale complemento della visione cinematografica, o, se si preferisce, riguardare ai due lavori come a sequenze commiste e inestricabili di un’unica esperienza emotiva massmediatica. La prima traduzione italiana dalla Dark Horse è Il giardino delle anime (pp. 144, euro 12,50), per le firme di Mike Mignola, John Arcudi e Guy Davis. Qui troviamo Liz sconvolta più che mai dalle sue visioni nefaste ed Abe Sapien impegnato a seguire una strana traccia fino alle giungle dell’Indonesia e a una società segreta legata al passato della sua vita: la Oannes Society, che traffica in cyborg vittoriani, macchine apocalittiche e mummie molto ben conservate.
Ma ancor più interessante è l’altra uscita, Il richiamo delle tenebre (pp. 192, euro 15,50). Hellboy: darkness calls - questo è il titolo originale dell’opera - è la miniserie più recente di Hellboy, se si esclude The crooked man, arrivata negli USA in questi mesi, e che ha una genesi tormentata: dapprima, doveva essere disegnata dallo stesso Mignola; poi, il fumettista ha preferito farsi da parte per concentrarsi sul film e sugli altri progetti correlati, rimanendo ai testi e cedendo i disegni al giovane Lee Bermejo; Bermelo si è, a propria volta, ritirato ed è stato avvicendato da Duncan Fegredo (Mignola - nella foto a destra, ndr - tornerà alle matite solo per la prevista puntata unica dal titolo che In the Chapel of Moloch). Fegredo ha saputo mischiare le influenze mignoliane, tradizionalmente giocate sulle atmosfere gotiche e sui bianchi e neri, con un approccio più cinetico e spettacolare alla costruzione della scena, simile a quello della versione filmica. Quanto alla storia, essa vede il ritorno dell’arcinemico Baba Yaga, aiutata o contrastata da figure del folklore russo (Koschei l’immortale, Vasilisa, Perun), con due epiloghi diversi. Completano il volume le copertine di Jerry Ordway ed un’intera sezione di sketch e bozzetti preparatori, che mostrano i retroscena segreti della genesi creativa dell’opera.
Diciamolo subito: i fumetti hanno poco a vedere con la versione da grande schermo, nonostante il controllo creativo mantenuto da Mignola sulla produzione cinematografica. Hellboy è fumetto di recente creazione, senza ingombranti tradizioni iconografiche, ed un regista di personalità come Del Toro ha potuto discostarsi dal prototipo “dark” con relativo agio, imponendo il suo marchio di fabbrica a suon di humour nero, azione e colore “pulp”. Per il “vero” Hellboy occorre tornare alla tavole disegnate. Robert Bloch (non l’ultimo arrivato, l’autore di Psycho!) ha scritto che “Hellboy è l’esempio più eclatante di come sia possibile elevare il fumetto del futuro ad un livello letterario superiore”, combinando” concetti tradizionali con referenze moderne, il tutto portato avanti con effetti artistici mozzafiato”. Will Eisner, ritenuto l’inventore del formato “grafic novel”, considera Mignola “un maestro di quell’arte impressionista e dinamica che influenza il ritmo della moderna narrazione grafica”.
Ma ancor più interessante è l’altra uscita, Il richiamo delle tenebre (pp. 192, euro 15,50). Hellboy: darkness calls - questo è il titolo originale dell’opera - è la miniserie più recente di Hellboy, se si esclude The crooked man, arrivata negli USA in questi mesi, e che ha una genesi tormentata: dapprima, doveva essere disegnata dallo stesso Mignola; poi, il fumettista ha preferito farsi da parte per concentrarsi sul film e sugli altri progetti correlati, rimanendo ai testi e cedendo i disegni al giovane Lee Bermejo; Bermelo si è, a propria volta, ritirato ed è stato avvicendato da Duncan Fegredo (Mignola - nella foto a destra, ndr - tornerà alle matite solo per la prevista puntata unica dal titolo che In the Chapel of Moloch). Fegredo ha saputo mischiare le influenze mignoliane, tradizionalmente giocate sulle atmosfere gotiche e sui bianchi e neri, con un approccio più cinetico e spettacolare alla costruzione della scena, simile a quello della versione filmica. Quanto alla storia, essa vede il ritorno dell’arcinemico Baba Yaga, aiutata o contrastata da figure del folklore russo (Koschei l’immortale, Vasilisa, Perun), con due epiloghi diversi. Completano il volume le copertine di Jerry Ordway ed un’intera sezione di sketch e bozzetti preparatori, che mostrano i retroscena segreti della genesi creativa dell’opera.
Diciamolo subito: i fumetti hanno poco a vedere con la versione da grande schermo, nonostante il controllo creativo mantenuto da Mignola sulla produzione cinematografica. Hellboy è fumetto di recente creazione, senza ingombranti tradizioni iconografiche, ed un regista di personalità come Del Toro ha potuto discostarsi dal prototipo “dark” con relativo agio, imponendo il suo marchio di fabbrica a suon di humour nero, azione e colore “pulp”. Per il “vero” Hellboy occorre tornare alla tavole disegnate. Robert Bloch (non l’ultimo arrivato, l’autore di Psycho!) ha scritto che “Hellboy è l’esempio più eclatante di come sia possibile elevare il fumetto del futuro ad un livello letterario superiore”, combinando” concetti tradizionali con referenze moderne, il tutto portato avanti con effetti artistici mozzafiato”. Will Eisner, ritenuto l’inventore del formato “grafic novel”, considera Mignola “un maestro di quell’arte impressionista e dinamica che influenza il ritmo della moderna narrazione grafica”.
Alan Moore (c’è bisogno di dirvi chi sia?!) sostiene che Hellboy “…proviene dal giacimento infinitamente ricco che Jack Kirby portò alla luce per primo, ma è nel taglio e nell’incastonatura della pietra che si apprezza l’acuta sensibilità contemporanea di Mignola”. Tutti giudizi venduti un tot a parola? Ne dubitiamo, considerato il livello degli estimatori di Mignola. Il fatto è che M.M., classe ’62, appassionato di Poe e Lovecraft, già illustratore di Hulk per la Marvel e di Barman per la DC, ha saputo trovare in Hellboy una formula grafica e narrativa davvero originale, difficile da descrivere a parole: sul piano dei testi, è stato capace di fondere la mitologia e il folclore tradizionali (irlandese e russo, in particolare), il racconto gotico e la storia di spionaggio in una mescola dal gusto inimitabile; sul piano delle illustrazioni, merita menzione il lavoro continuo su un tratto spontaneo e lineare, sull’uso del nero e quello iper-espressionista della luce, sulla suddivisione delle tavole in “lay-out” rettilinei senza smargini ed inserti, sulla posizione e proporzione dei “baloon” e degli effetti sonori, sulle piccole vignette presentate come dettagli d’atmosfera e sparse mai a caso nell’architettura della pagina, sui dettagli architettonici e sulla plasticità visiva delle scenografie. Qualcuno ha scomodato addirittura Tolkien, nel considerare il suo universo sincretistico, ricco compendio di favole e leggende di tutto il mondo, come un vero e proprio “mondo secondario” popolato di mostri giganteschi, stregoni vudu, nazisti redivivi e macchine assassine. Allora, diventate membri onorari del Bureau for Paranormal Research and Defense e gettatevi nella mischia!
Errico Passaro, Ufficiale dell'Aeronautica Militare, dottore in giurisprudenza, è giornalista pubblicista. Ha pubblicato su testate e collane professionali un saggio in volume, oltre 100 racconti e cinque romanzi: "Il delirio", Solfanelli; "Nel solstizio del tempo", Keltia; "Gli anni dell'aquila", Settimo Sigillo; "Le maschere del potere", Nord; "Inferni", Secolo d'Italia. Dal 12 maggio è in libreria il romanzo fantasy (scritto con Gabriele Marconi) "Il Regno Nascosto" (Dario Flaccovio Editore).
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