venerdì 17 aprile 2009

Addio a Giano, ci ha insegnato a guardare lontano (di Luciano Lanna)

Articolo di Luciano Lanna
Dal Secolo d'Italia di venerdì 17 aprile 2009

(Dalla prima pagina) - Giano Accame, direttore del Secolo d’Italia tra il 1988 e il 1991, decano degli intellettuali di destra, si è spento ieri a Roma. La notizia della morte dello storico, giornalista e scrittore nato a Stoccarda il 30 luglio del 1928 è stata data dalla famiglia. Giano Accame lascia la moglie Rita Delcroix, i figli Barbara, Zizzi e Nicolò, i nipoti Virginia, Matilde, Giano e Leone. La camera ardente, allestita presso la casa-studio di Giano Accame in Lungotevere dei Mellini 10 a Roma, resterà aperta tutta la giornata di oggi. Ieri, tra i tantissimi amici che hanno reso omaggio a Giano e abbracciato i famigliari, anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. Centinaia i messaggi di cordoglio per la scomparsa di uno studioso libero e di un uomo allegro e generoso, che fino all’ultimo ha lavorato e frequentato gli amici nonostante il gravissimo male che lo aveva colpito. I funerali si svolgeranno domani, alle 10,30, presso la chiesa di Santa Maria della Consolazione, al Foro romano.


«Sono orgoglioso di collaborare al Secolo, con voi mi sento ancora più che d’accordo: in famiglia». Sono le ultime parole che Giano Accame ci ha scritto poco più di un mese fa, ancora prima che sapessimo della malattia che lo aveva colpito. E quando ieri mattina abbiamo saputo della sua scomparsa – aveva compiuto 80 anni intelnello scorso luglio – non abbiamo potuto non andare a cercarle e rileggerle. Così come non abbiamo non potuto rivedere le parole che lui aveva dedicato a uno dei suoi maestri: «A Carlo Costamagna – annotò Giano – ho voluto molto bene e ho nei suoi confronti un grosso debito di riconoscenza. Stavamo a pochi chilometri di distanza in due comuni confinanti sull’Aurelia, questa grande strada che da Roma arriva sino in Spagna. Io a Loano, paese della mia famiglia, lui a Pietra Ligure, paese della moglie, in una villa posta sulla curva che sovrasta a monte l’abitato. Erano tempi duri. Mio padre aveva dovuto lasciare la Marina. Costamagna sognava di ritornare a Roma, alla sua cattedra, e pensava di portarmi dietro come suo assistente. Ma la cattedra non gli fu più restituita. Eravamo, a titolo diverso, due sfollati del dopoguerra...».
Anche noi a Giano Accame abbiamo voluto molto bene. Non solo perché è stato, per molti di noi, “il” direttore del nostro giornale e non solo perché ha voluto anche che questo fosse l’ultimo quotidiano a ospitare i suoi articoli. No, per molti di noi Giano è stato senz’altro molto di più. Ricordiamo tutti il suo “rientro” nel diretto impegno politico-culturale tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Invitato a Cison di Valmarino al secondo convegno di quella che stava emergendo come la “nuova destra”, ammise: «Confesso di aver affrontato il viaggio con il sentimento di chi torna al paese dopo un quarto di secolo, sapendo di non trovarvi più gli amici di un tempo, ma i giovani parenti di una generazione al tempo stesso ignota, ché diverse sono state le esperienze che hanno marcato la nostra prima formazione, e familiare, perché procede dallo stesso spirito e dalle stesse passioni. Appartengo a una generazione che ha usato i libri di Evola insieme a I proscritti di Ernst von Salomon come base di riscontro delle affinità. Quello che voi fate usando come testo di riferimento Il Signore degli Anelli...». E, lungimirante, aggiungeva: «Mi auguro che il vostro percorso avviato su un piano di civiltà, di garantismo, di ripugnanza verso ogni forma di discriminazione ed emarginazione possa svilupparsi anche sul terreno delle idee e del superamento delle scissioni nazionali». Una sintonia auspicata e ricercata, quella evocata a Cison, che coincideva del resto con il senso di tutto il suo itinerario. Giano Accame era nato a Stoccarda il 30 luglio 1928 da madre tedesca, Elisabeth von Hofenfels, mentre il padre e il nonno erano stati ammiragli e gli antenati piccoli armatori di Loano, un centro in provincia Savona. Il 25 aprile 1945, proprio il giorno della Liberazione, a neanche 17 anni, Accame si era arruolato nella marina militare della Repubblica sociale italiana, ammirando la Decima Mas. Un’adesione alla Rsi che durò lo spazio di un mattino, perchè alla sera fu catturato dai partigiani a Brescia.
Nel 1946 si iscrive a Genova al Fronte degli Italiani, organizzazione poi confluita nel Msi, di cui Giano creò le prime sezioni nella riviera ligure e di cui è poi stato dirigente regionale e nazionale. Nel 1956 lascerà, come altri, le file del Movimento sociale italiano, stanco delle polemiche interne e preferendo impegnarsi nel giornalismo, sua futura professione, occupandosi di cultura. Da qui la collaborazione, con altri giovani intel lettuali, anche con la rivista Tabula Rasa. Nel 1956 inizia la professione come capo della redazione toscana del settimanale Cronaca italiana. Quindi, nel 1958 passa al Borghese, dove da inviato racconterà in presa diretta la politica estera negli anni della guerra fredda. Ma il solo giornalismo non poteva bastargli. Animatore del Centro di vita italiana presieduto da Ernesto De Marzio, organizzerà a Roma due incontri internazionali facendo conoscere in Italia i più importanti scrittori e intellettuali di destra del mondo, da Ernst Jünger a Gabriel Marcel, da John Dos Passos a Odisseo Elytis, da Vintila Horia a Paul Serant... Firmatario del manifesto per una Nuova Repubblica presidenziale nel lontano ’64, Accame dirige il settimanale Folla, che poi diventa Nuova Repubblica, organo del movimento presidenzialista del repubblicano Randolfo Pacciardi, l’Unione democratica per la nuova Repubblica, di cui divenne anche segretario nazionale. Qualche anno dopo scoppia la contestazione giovanile del ’68 e Accame, da giornalista del Borghese, ne comprese la valenza positiva e libertaria che doveva, a suo dire, sintonizzarsi con la destra. Lui, da quarantenne, era d’accordo con i ragazzi ”di destra” che avevano manifestato a Valle Giulia con tutti gli altri studenti.
Una presa di posizione che non venne compresa dai settori più benpensanti della vecchia destra e che gli costò le dimissioni dal Borghese doveper contrasti inasanabili con la redazione. Ma Giano andrà avanti: inviato economico del quotidiano Il Fiorino, corrispondente italiano della rivista Nouvelle Ecole di Alain de Benoist, responsabile delle pagine economiche del Settimanale, il bel periodico diretto prima da Giuseppe Dell’Ongaro e poi da Massimo Tosti, e in cui – fino al 1981 – la firma di Accame appariva accanto a quelle di Alfredo Cattabiani, Enzo Iacopino, Stenio Solinas, Franco Cardini, Antonio Tajani, Claudio Quarantotto... Una cosa è certa: da sempre, come ha detto il suo collega di studi universitari Giorgio Galli, Accame ha lavorato «per far uscire la destra dal suo lungo letargo». Lo riconobbe lui stesso: «Anche negli anni più ottusi e bui mi sono mosso percome pochi per un allargamento, oltre la sconfitta bellica, degli orizzonti culturali, per ristabilire dei collegamenti, per sentirci meno soli e vivere la nostra esperienza in un quadro di riferimenti mondiali, da cui non dovevano essere esclusi nemmeno gli interessantassimi fermenti di rivitalizzazione della tradizione nazionale che si andava sviluppando a sinistra». Da cui anche i suoi bei libri usciti negli anni Ottanta: Socialismo tricolore (Editoriale Nuova) e Il fascismo immenso e rosso (Settimo Sigillo). Proprio in quel decennio Giampiero Mughini lo intervista a più riprese per L’Europeo oltre che nel corso della trasmissione televisiva Nero è bello andata in onda nel 1980 su Rai Due e lo stesso Accame partecipa – insieme a Marco Tarchi e a due personalità di sinistra come Massimo Cacciari e Giovanni Tassani – al convegno “Sinistra e Nuova Destra” del novembre 1982, un evento che riapriva ipotesi di dialogo nella cultura politica del nostro paese. E nel 1988, sulla scorsa di questo suo approccio e di quanto si stava muovendo a destra in quegli anni, Accame diventava direttore del nostro Secolo. «Nel momento di assumere l’incarico di direttore – scriveva nel suo editoriale d’esordio – ritengo doveroso onesto dichiarare con quanta forza io avverta anche il senso dell’appartenenza a una comunità ideale. A questa comunità mi sono legato il 25 aprile del 1945, arruolandomi a 16 anni nella Marina della Rsi. Sono poi maturato attraverso una quantità di letture ed esperienze, ma non ho mai rinnegato quel mio ingenuo e rischioso gesto di generosità giovanile. E pur fra tratti di insofferenza, di impazienza, dovuti a una scarsa mentalità di partito, ho sempre profondamente amato la gente a cui apparetengo ». Un atteggiamento che nella sua sincerità non è mai stato tentato da faziosità o esclusivismi di parte. Anzi, tutta la sua militanza politico- culturale è stata condotta all’insegna del dialogo e del superamento degli steccati. Basterebbe leggersi gli altri suoi libri – Ezra Pound economista e La destra sociale (entrambi Settimo Sigillo), Una storia della Repubblica (Rizzoli) – come le sue tante introduzioni e i suoi articoli apparsi, negli ultimi due decenni, anche dopo la fine della direzione al Secolo nel ’91, sul Sabato, Il Giorno, 30Giorni, Area, il Giornale, Il Tempo, Charta minuta, l’Italia settimanale, ... Per non dire del contributo fornito alla grande mostra del Colosseo dell’84 su “L’economia italiana tra le due guerre” o ai ventiquattro profili di storia delle idee per Rai Educational con la serie televisiva Intelligenze scomode del ’900. O della sua amicizia e interlocuzione con intellettuali di sinistra come Pablo Echaurren, Gianni Borgna, Giacomo Marramao o Gad Lerner...
«Abbiamo fatto di tutto, le abbiamo provate proprio tutte – ci disse una volta – per ritrovare la nostra sintonia con la maggioranza degli italiani». E alla fine, anche grazie alla sua lezione, ci siamo riusciti. Non possiamo che continuare a sentirlo accanto a noi.
Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e scrittore (autore, con Filippo Rossi, del saggio dizionario Fascisti immaginari. Tutto quello che c'è da sapere sulla destra, Vallecchi 2004), oltre ad aver lavorato in quotidiani e riviste, si è occupato di comunicazione politica e ha collaborato con trasmissioni radiofoniche e televisive della Rai. Già caporedattore del bimestrale di cultura politica Ideazione e vice direttore del quotidiano L'Indipendente, è direttore responsabile del Secolo d'Italia.

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