Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia di martedì 22 giugno 2010
«Potremmo passare anche con tre pari, come l'Italia di Bearzot nell'82»: la radiografia impietosa delle difficoltà della Nazionale nei mondiali sudafricani è tutta in questa arrampicata sugli specchi di Marcello Lippi. Il viareggino - divenuto una statua di sale a causa di una inedita "sindrome di Berlino" - dopo la pietosa esibizione contro i dilettanti della Nuova Zelanda, ha confermato di non avere più fiches da giocare e si è travestito da Mago Silvan per provare ad ipnotizzare, invano, opinione pubblica e media con il ricorso all'almanacco per trovare improbabili similitudini con l'esperienza spagnola del 1982...La differenza tra le due contendenti in campo era abissale. Più di un quotidiano ha titolato "Mezza Corea", paragonando il pareggio nel Mbombela Stadium alla sconfitta rimediata dalla squadra di Edmondo Fabbri in Inghilterra ‘66 contro la modesta nazionale asiatica, rispedita a casa dalla rete di un bomber-dentista...
I kiwi - il soprannome dei neozelandesi deriva dagli uccelli notturni diventati simbolo nazionale - hanno una prestigiosa tradizione nel rugby e nel novembre scorso hanno rifilato una bella scoppola ai volenterosi azzurri allenati da Nick Mallet (20-6). Più o meno lo stesso divario doveva esserci al contrario, in campo tra Iaquinta e compagni e gli "All white", una raffazzonata brigata in maglia bianca.
Per demolire il fortino allestito dai nostri avversari sarebbe bastato metterne in evidenza i punti deboli, la staticità dei colossi difensivi, la lentezza dei terzini, prendendo delle appropriate contromosse. Invece il ct ha proseguito per indimostrabili assiomi, con teoremi mai verificati nei quali alle caratteristiche tecniche degli interpreti viene anteposta l'ideologia dell'allenatore. Sul piano tattico la sensazione è di avere di fronte un cantiere disordinato, nel quale l'identità di gioco ha le sembianze di una Babele. Reparto per reparto, si stanno rivelando azzeccate le previsioni degli osservatori. La difesa paga dazio alla inadeguatezza di Chiellini e Cannavaro, reduci da una stagione fallimentare. Proprio Lippi aveva nelle amichevoli di preparazione all'appuntamento sudafricano provato la soluzione Bonucci, in coppia con il capitano: avrebbe avuto un marcatore più rapido nella linea Maginot davanti al portiere, centimetri sulle palle alte e un regista arretrato in grado far ripartire l'azione in maniera imprevedibile (il barese si è segnalato in campionato come sorprendente uomo assist).
A centrocampo la musica è stata ancora una volta stonata: De Rossi non è un direttore d'orchestra, anche se per 45' è stato volitivo e generoso. Nella Roma Ranieri lo utilizza come geometra del reparto, lasciando al regista Pizarro l'onere dell'impostazione della manovra. Montolivo non ha il passo né le qualità del cileno e solo così si spiega la prevedibilità della manovra.
L'attacco paga la difficoltà di servire le punte con cross dal fondo o almeno con passaggi che possano esaltare le qualità dei Iaquinta e Gilardino: Marchisio tornante sinistro è stata l'ennesima forzatura, al pari della sostituzione di Pepe, un cursore esterno non strabiliante, ma almeno di ruolo. Le sostituzioni nella ripresa (Camoranesi e Di Natale) non hanno apportato la sospirata qualità, ma solo ulteriore confusione nelle trame d'attacco.
Tutte queste incongruenze hanno portato Lippi sul banco degli accusati e il ct ha reagito con la sua proverbiale prosopopea. Massimo Gramellini su La Stampa ha circoscritto un malvezzo tutto italico: «Fra coloro che ieri (domenica n.d.r.) davanti alla tv imputavano a Marcello Lippi di aver assemblato la sua mestissima Nazionale privilegiando i sudditi ai condottieri c'erano molti italiani che nella vita di tutti i giorni purtroppo si comportano allo stesso modo. (...) Intervistati, risponderebbero anche loro come Lippi: "Non abbiamo lasciato a casa nessun fenomeno»". Ma è una bugia autoassolutoria". L'aver privilegiato tanti mediocri alle eccellenze che avevano brillato in campionato ha esposto l'Italia al rischio di una cocente eliminazione. Dopodomani si torna in campo, con la Slovacchia, un paese famoso per la bellezza delle donne di Bratislava. Qualificarsi all'ultimo appuntamento nel girone più scadente della competizione non sarebbe una conquista, ma andrebbe bene lo stesso. A una condizione: che Lippi riveda i suoi parametri ideologici. Il ct è stato un cattivo selezionatore, ma resta un astuto allenatore: disponga con logicità i nostri corazzieri e l'avventura sudafricana avrà un futuro. In caso contrario il rientro anticipato in Italia diverrà un viaggio pieno di rimorsi.
Se la stampa italiana non è stata tenera più duri sono stati i giornalisti inglesi, anche loro delusi dalle "prestazioni" di mistr Fabio Capello: azzurri senza idee e senza fiato, ma sul banco degli imputati sale prima di tutti Lippi che non ha saputo trasmettere un piano tattico alla nazionale italiana. Italia bocciata come l'Inghilterra. Per Capello - scrivono non senza amara ironia i tabloid inglesi - la «consolazione di condividere con il collega Lippi gli stessi problemi e le stesse incertezze». Severo anche il commento del Mirror: «(Italia) umiliata da un risultato clamoroso, incerta in attacco, senza vivacità, ora la pressione sale». Perché se è vero che «l'Italia ha il destino nelle sue mani, e che battendo la Slovacchia sarebbe sicuri della qualificazione, è altrettanto chiaro che la squadra di Lippi non può avanzare pretese per difendere il titolo 2006».
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