lunedì 26 luglio 2010

Con Bruce Springsteen lo show è ancora vivo ma senza luoghi comuni (di Federico Zamboni)

Articolo di Federico Zamboni
Dal Secolo d'Italia, edizione domenicale del 25 luglio 2010
L'energia? Intatta. Springsteen domina i suoi sessant'anni con una sicurezza invidiabile, consapevole per un verso e disinvolta per l'altro, sulla quale si farebbe bene a interrogarsi per comprendere le meraviglie che possono scaturire da una vita sincera. Fai pure tutti gli errori che vuoi, basta che non trucchi il mazzo. Non sono le contraddizioni a farci male. Sono le menzogne. Le contraddizioni sono curve lungo il tracciato: digressioni che ritardano la marcia ma non compromettono la meta; una forma di esplorazione collaterale che si aggiunge a quella prefissata. Nessun problema, se non si va troppo in fretta. Il mondo non è una prateria e noi non siamo cowboy, con una fottuta mandria da consegnare ad Abilene nel più breve tempo possibile. Il territorio è vasto e diseguale. Non vogliamo limitarci ad attraversarlo. Vogliamo conoscerlo. Vogliamo conoscere noi stessi.
L'affiatamento con la E Street Band? Poderoso. Gli anni della separazione sono lontani, e quelli del sodalizio ritrovato è come se invece di sommarsi si fossero moltiplicati. Il distacco di un tempo è un ricordo lontano. Archiviato senza rancore. Superato per sempre. Se sei cresciuto nella stessa città è facile ritrovarsi. I riferimenti sono ancora quelli. Può essere spuntata qualche nuova insegna, mentre eri via. Possono aver allargato la periferia, in una direzione o in un'altra. Ma il resto lo conosci come le tue tasche. La memoria è diventata un istinto. E ogni posto, in fondo, non è mai così isolato da non capire rapidamente dove si trova, anche se non ti è mai successo di andarci. Vero: Bruce la sa più lunga di tutti. Altrettanto vero: gli altri sono in grado di seguirlo ovunque.

La scelta dei brani? Molto ampia e, quel che più conta, niente affatto scontata. I concerti di Springsteen non sono mai stati dei Greatest Hits eseguiti dal vivo. E d'altra parte è l'idea stessa di hit, ad andargli stretta. Una canzone è solo un singolo scorcio, per quanto affascinante. E non sempre è la fama a stabilire la gerarchia più attendibile. La celebrità tende al luogo comune. Gli intenditori veri, quelli che hanno trovato la giusta miscela tra la passione dei fan e la lucidità degli esperti, hanno una mappa tutta loro che si sono tracciati da soli, a forza di viaggi, e che non esitano a ritoccare. Sono stati negli Usa, ma non solo a New York. Sono stati a New York, ma non solo a Manhattan. Sono stati a Manhattan, ma non solo dove raccomandava la guida.
Si potrebbe continuare così, e l'elenco di ciò che va bene si allungherebbe agevolmente fino al termine dell'articolo. Analizzato nei suoi singoli aspetti il nuovo dvd live di Springsteen non ha nulla che non corrisponda alle attese. Persino il titolo, con l'esplicito richiamo all'indimenticata London Calling dei Clash (che apre la sequenza e che a qualcuno ricorderà i Grammy Award del 2003, quando lo stesso pezzo venne proposto insieme a Elvis Costello e a Dave Grohl dei Nirvana/Foo Fighters, e manco a dirlo insieme a Little Steven, per celebrare l'improvvisa scomparsa di Joe Strummer, avvenuta il 22 dicembre del 2002 ad appena cinquant'anni), è un'idea azzeccata. Un ottimo punto d'incontro fra gli ammiccamenti del marketing e i bagliori di una ribellione mai appassita: lo show è stato registrato all'Hyde Park di Londra il 28 giugno dell'anno scorso, e il gioco di parole verrebbe sottoscritto senza problemi da qualsiasi pubblicitario; ma allo stesso tempo non è per niente fine a se stesso: c'è stato un momento in cui l'urlo del punk chiamò a raccolta i giovani desiderosi di altro che di un'adolescenza di svago come prologo a un'intera vita di obblighi. È ora di impararlo, se non lo avete mai saputo. È ora di ricordarvelo, se avete finito per dimenticarvene. I Sex Pistols avevano aperto la strada. I Clash l'avevano riempita di barricate. I Sex Pistols ti guardavano storto per istinto. I Clash ti guardavano negli occhi per farti capire che avevano capito. Non è uno scontro generazionale. È un conflitto a tutto campo. Bisogna essere o molto stupidi o molto furbi, per confondere i teppisti coi rivoltosi. E i rivoltosi coi rivoluzionari.
Springsteen non è mai stato così esplicito. Ma non c'è dubbio che l'integrità di Strummer gli piaccia a prescindere da una piena consonanza sul piano politico. E c'è da supporre, allora, che gli sia capitato di vedere Il futuro non è scritto, il bel docufilm dedicato a Strummer che Julian Temple ha realizzato nel 2007. In tal caso - ma gli esempi non mancano anche riguardo ad altri grandi personaggi, e non solo nella forma del film biografico - avrà avuto sotto mano un'eccellente dimostrazione di quanto sia importante affidarsi a dei registi veri e propri, nel cercare di catturare attraverso le immagini la personalità dei musicisti e la magia delle loro performance.


London Calling: Live in Hyde Park è girato correttamente (ci mancherebbe altro) ma non va al di là di questa confezione di routine: curata e anonima, efficiente e prevedibile, nitida come una fotografia digitale e ovvia come un souvenir fatto in serie. Piacerà di sicuro a chi ha visto altri concerti, e in particolare l'ultimo tour, ma probabilmente, proprio come accade coi souvenir, l'apprezzamento dipenderà più dal riaccendersi dei ricordi personali che non dallo sprigionarsi di nuove emozioni.
Molto meglio, per restare sullo stesso Springsteen, il breve dvd accoppiato al cd audio di The Seeger Sessions. Lì sì che c'era un'atmosfera. Lì sì che si poteva afferrare qualcosa in più rispetto a ciò che si era già raccolto in precedenza. Bruce che arriva sul palco e fa sfoggio delle sue capacità è uno spettacolo grandioso. E un grande rito collettivo, per chi ha la fortuna di esserci. Bruce che dà la caccia ai suoni migliori, e sprona gli altri a metterci il medesimo impegno, è una lezione di umiltà e di amore che travalica la musica. Il guaio degli show, una volta filmati, è che finiscono con l'assomigliare non tanto a se stessi quanto alla loro proiezione sui megaschermi. Non è questione di panoramiche o di primi piani. Non è questione di vicinanza fisica al palco. È che dal vivo quella vicinanza c'è comunque, anche se si è a decine di metri dai posti migliori. Mentre i normali dvd fanno quello che possono: fissano le cose. E si fanno sfuggire lo spirito.
Federico Zamboni

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