giovedì 16 settembre 2010

Bob Dylan, la facile illusione di essere illusi (di Graziella Balestrieri)

Articolo di Graziella Balestrieri
per L'eminente dignità del provvisorio

Questo “pezzo” (li chiamo così perché sono pezzi di vita) è dedicato a Bob Dylan (Duluth, Minnesota, 24 Maggio 1941): poeta. Dopo aver letto Chronicles volume I e Tarantula, libri di Bob, e aver “sezionato” accuratamente ogni punto delle sue canzoni, 1781 pagine di vita, sono ancora più convinta che non si possa prescindere dalla sua figura. Non voglio e non devo aggiungere altro. Non riesco a pensare che la vita di una qualunque persona non sia stata attraversata per un attimo dalla sua poesia. Nessuna copertina mi ha portato verso di lui, ma ricordo perfettamente la data 17 Dicembre 1997, data in cui morì una persona a me molto cara. E forse nell’immaginario di quella ragazzina sbadata e confusa che già ero, una musica, un cantante, più tardi un poeta, avrebbe spazzato via il dolore, sostituì in quel momento il non saper affrontare l’assenza con la presenza di una cassetta.... 
Più tardi capì che l’immagine stessa di Bob Dylan, che è l’unica che tengo sul mio armadio, sarebbe diventata come una pozza d’acqua e non uno stupido specchio che riflette: “l’immagine che vedi in una pozza d’acqua è consumata dalla profondità, un’immagine che vedi quando guardi un pezzo di vetro non ha profondità né fremiti di vita”. Così da allora Bob Dylan divenne “zio Bob”e in questo momento, di dove le cose cambiano ma nessuno sa il come, di come ogni giorno ti svegli e non sai se quella è la cosa giusta, di quando hai paura perché andando avanti e indietro non trovi un punto dove fermarti, in questo tempo in cui si pensa di avere certezze ma si accumulano solo castelli di sabbia, c’è il bisogno di sostituire di nuovo qualcosa, ma questa volta quel qualcosa non saprei dirti proprio cosa sia. La confusione è il segnale più pericoloso. Ma lo dico a priori: ho trovato una difficoltà enorme nel parlare di lui in un qualche modo, ho avuto anche difficoltà a strutturare il pezzo, (come si può strutturare un’emozione?) dormendoci la notte, poco e male, con l’ansia del mattino dopo, per questo a chi ieri mi ha detto”hai il viso scavato” ho risposto: “Hai presente andando dall’analista quando affronti cose che credevi dimenticate e che non sapevi di avere?" Io ho vissuto questo. Una pala che ti scava nelle viscere, una sigaretta sempre accesa e la consapevolezza di non voler parlare di lui ma di quello che avrebbe potuto lasciare e che nella realtà ha donato.
Impressionante mole di cultura e letteratura che viene fuori dalle sue “canzoni” serve a capire perché quando Billy James (ufficio stampa) gli chiese se nel panorama musicale ci fosse qualcuno che gli assomigliasse rispose “nessuno”. Nessuno ha mai prodotto nel campo musicale tanta poesia, nessuno ha mai cercato versi di Rimbaud, Cechov, Kerouac, Gogol, Balzac, Maupassaunt, Hugo, Dickens, Machiavelli e Clausewitz e li ha trasportati in un suono e una voce. Per sua stessa ammissione: "Io di solito aprivo un libro verso la metà, leggevo qualche pagina e se mi piaceva lo cominciavo dall’inizio. Leggevo molte pagine ad alta voce e mi piaceva il suono delle parole, in passato non ero stato troppo appassionato di libri e scrittori, ma mi piacevano le storie”(Chronicles volume I).
Lui di storie ne ha poi raccontate tante e dal 1962 ad oggi ogni sua storia è un pezzo della storia. Musicalmente accompagnato dalla sua chitarra e dalla quell'armonica che nell’immaginario (almeno il mio) ha consegnato un uomo, abbastanza solo, nella sua bella solitudine mascherata da occhiali scuri, che ha saputo raccontare meglio di chiunque altro quello che forse sfugge di mano: il tempo.
Così una “lettera” a quello che è stato ed è il poeta del tempo dal 1962, dell’illusione generale e generalizzata, del sogno che tutti avevano ma che nessuno ha mai saputo sognare.
Carissimo Bob il tempo in cui ci si sentiva delle pietre rotolanti è finito. Nessuno si agita più. Morto. Defunto. Non esiste più . Oggi ci si sente tutti giovani fieri e baldi speranzosi senza la speranza. Oggi tutti si sentono qualcuno, tutti sanno dove andare.
Il vento che si portava via le risposte ora non muove nessuna domanda. I maestri della guerra costruiscono ancora cannoni, scherzano con il mondo, come i Giuda di un tempo mentono e ingannano e voglio dirtelo ma non li vedrai mai morire, non seguiremo il feretro e se ne andranno dopo chiunque altro. La storia è quasi sempre la stessa, i protagonisti sono sempre gli stessi, anche la tua meta, New York...
Avevi ragione quando dicevi “New York è morta dopo la metà degli anni settanta, la comunicazione ha trasformato New York in un grande spettacolo di carnevale”. Tutto il mondo è diventato uno spettacolo di carnevale, la comunicazione di massa ha reso tutti uguali, la gente crede nelle proprie imprese e ne è convinta finché le luci del carnevale non si spengono e tornando a casa un vuoto gli crea una gabbia da cui non sono in grado di uscire. Mi dispiace raccontarti che la gente non è cambiata, che il teatrino dalle facili illusioni continua ancora, mi dispiace pensare che i sogni si sono frantumati sulle banalità che ci circondano. Ma questa è la realtà, questo è lo schiaffo che l’ignoranza ha dato con prepotenza a chi ha cercato di parlare di un sogno, perché tu di un sogno parlavi e si capisce dalle poesie che non ha mai voluto esser profeta. Questa condizione insana ti ha portato anche ad essere quello che non sei ovvero il profeta di una generazione fallita. Fallita si, dalla pace, dal Vietnam , dall’uguaglianza…chi ha cambiato cosa?
Purtroppo il genere umano deve avere sempre un capo, per ignoranza e stupidità o paura nessuno è in grado di gestire la propria vita da solo. E non mi piace chiedermi "ma Bob Dylan che ha fatto?, no la domanda semmai è: che cosa doveva fare?
Niente smuove coscienze come niente smuove una montagna, se non un terremoto. Che distrugge, però. E quindi la mia domanda è questa: possibile che per cambiare qualcosa si ha bisogno sempre di distruggerla quella cosa?
“La vanità vende molte cose, se non fossi Bob Dylan, anche io penserei che Bob Dylan abbia un mucchio di risposte” (intervista del 1984 rilasciata a Playboy).
Oggi invece i politicanti di vanità ne hanno molta e durante le elezioni di risposte quante ne vuoi anche se nessuno poi ha mai posto una domanda. ”Ho sempre considerato la politica solo come parte dell’illusione generale. Non sono molto coinvolto dalla politica. Non conosco il funzionamento del sistema . Certo strumentalizzarono anche la musica, perché la musica era accessibile. Noi avremmo scritto quelle canzoni a prescindere da ogni implicazione politica. Non ho mai rinunciato ad un ruolo politico perché non ne ho mai avuto uno”(Bob Dylan).
Solo una grande illusione: quella di essersi illusi. Non mi interessano i pettegolezzi e le storie che ti circondano, droghe, crisi mistiche, mi interesserà far capire a qualcuno che qualcosa di sbagliato c’è. Che qualcosa di questa grande illusione va cambiata. Che non si può vivere di incanti e disincanti, non si può pensare di guardare il cielo e nel voler la pioggia, chiederla e questa ci cada in testa così, appunto, per incanto. Il sogno crea la speranza, ma l’illusione di averla già trovata questa speranza crea una generazione di illusi. Io non mi illudo, grazie alle tue poesie ho costruito solo disillusioni…"Non esiste un successo importante quanto il fallimento”(Bob Dylan).
Una lettera a parte, se non un’esistenza a parte dovrei scrivertela per il Bob Dylan sentimentale. Il ringraziamento migliore e superiore va a quelle poesie in cui ti rendi conto che ti innamori sì, che hai la forza di innamorarti, che però non hai la forza di portarlo avanti questo amore, guardi negli occhi la persona amata e dalla forza passi alla rabbia, e con la rabbia si allontanano tutte le cose belle, perché per una persona che non si è mai piegata abbandonarsi all’amore sarebbe come cadere per sempre, si ha sempre paura di non rialzarsi più . "Non sono io quello che vuoi, dici che cerchi qualcuno che prometta di rimanere, uno che chiuda gli occhi per te, uno che chiuda il cuore, uno che per te muoia, che ti sollevi ogni volta che cadi, no non sono io” (ain’t me,babe. Another side of Bob Dylan).
La lettera è conclusa. Solo un grazie perché almeno con me il mondo delle disillusioni ha funzionato benissimo e forse quando avrò la speranza saprò anche far mio il sogno. Nel frattempo.."faccio una lunga strada solitaria, verso dove non lo so, un ciao è parola troppo seria, più di un addio non ti dirò, non c’è niente da star lì ad interrogarsi, non c’è niente da invocare il mio nome, la mia parte di strada è quella buia, ho offerto il mio cuore e rischiai anche l’anima… ma non ci penso oramai: è tutto ok!" (Don’t think twice,it’s all right).

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