lunedì 7 febbraio 2011

"Il fascista libertario" di Luciano Lanna (la recensione di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera)

"Fascisti libertari", il manifesto dei finiani
Articolo di Aldo Cazzullo
Dal Corriere della Sera di domenica 6 febbraio 2011 (pagina 9)
(clicca per ingrandire l'immagine)
Com'è che i «fascisti» ora sostengono il diritto di voto agli immigrati, la fecondazione assistita, il riconoscimento delle coppie di fatto? Come si è passati dall'Msi a Futuro e libertà, dall'essere i primi alleati di Berlusconi a diventarne i più accaniti oppositori? Luciano Lanna aveva già spiegato, nel long-seller «Fascisti immaginari» pubblicato nel 2003 con Filippo Rossi, come i cosiddetti fascisti ascoltassero De André e Guccini, guardassero con simpatia a Che Guevara, leggessero Tollden ma anche i beat, Pound e pure Flaiano. Ora, con «II fascista libertario», che Sperling&Kupfer manda in libreria dopodomani nella collana «Le radici del presente» diretta da Luca Telese, Lanna — direttore del Secolo d'Italia — scrive una storia di formazione e un manifesto politico-culturale del partito che sarà fondato tra qualche  giorno a Milano.


Nei primi anni 8o il sociologo cattolico Giovanni Tassani si chiedeva: «Potrà una "destra" essere "nuova", al punto da essere non gerarchica, non totalitaria, non conservatrice, non antimoderna, non patriottarda, non razzista, e via dicendo?». Alla luce di questo interrogativo, Lanna rilegge le mosse di Fini dal viaggio in Israele dell'autunno 2003 in poi, collegandole a personaggi e filoni di cultura politica e storia delle idee del goo. II percorso che ne emerge — sostiene l'autore — evidenzia «un'inedita prospettiva libertaria e non autoritaria, riformatrice e non conservatrice, democratica e non populista. Una prospettiva che non ha niente di estemporaneo o di improvvisato ma le cui matrici vengono in realtà da lontano». Lanna cita il Montanelli che, sollecitato nei primi anni go a indicare la sua formazione politico-culturale, risponde: «La destra in cui militavo io. Con Romano Bilenchi, Ottone Rosai e parecchi altri, faceva capo a Lin quindicinale, L'Universale, e a un giovane professore di matematica, Serto Ricci. Quando il gerarca del Minculpop, dal quale dipendeva il permesso di pubblicazione, ci chiese quali tematiche ci promettevamo di sviluppare, rispondemmo come la cosa più semplice e naturale di questo mondo: la formazione in Italia di una coscienza civile». Ovviamente, scrive Lanna, una prospettiva di questo tipo è antitetica all'idea di destra maggioritaria e antipolitica impostasi negli ultimi anni, «che si disturba istintivamente ogni qualvolta si determinano nuovi processi politici basati sul principio di contaminazione», dal Corano in classe al voto agli immigrati. La prospettiva della destra libertaria emerge attraverso la riproposizione di figure intellettuali e di frammenti di storia nazionale. L'autore evoca i nomi di Giano Accame e di Beppe Niccolai, li intreccia con le biografie di Gaspare Barbiellini Amidei e di Mino Maccari, di Giorgio Albertazzi e di Carlo Mazzantini, di Longanesi e di Pannunzio, di Pratt e di Vittorini. E rivendica quelle che considera le vere matrici del '68, tra i cui padri — sostiene Lanna — non c'erano i classici marxisti ma un irregolare come lo scrittore toscano libertario Luciano Bianciardi, l'anarco-situazionista Giorgio Cesarano, il giovane intellettuale catanese Giampiero Mughini, e un prete come don Lorenzo Milani. Non escludendo i libri cult internazionali: «Sulla rivoluzione» di Hanna Arendt e «L'uomo in rivolta» di Albert Camus. Da qui il giudizio di Fini, per cui «il '68 non nacque a sinistra ma finì a sinistra», e comunque «se oggi esiste più attenzione per i diritti civili, per le donne, per le minoranze, questi sono lasciti *** del primo '68. La destra di allora perse una grande occasione. Anziché capire le ragioni dei giovani, la destra difese l'esistente, si schierò con i baroni, coni parrucconi». Passa anche attraverso queste valutazioni, suggerisce Lanna, il tentativo di gettare le basi di una rigenerazione della politica. Tutto questo è certo originale e stimolante. Interesserà non solo i reduci dal lungo viaggio attraverso il postfascismo, ma soprattutto i giovani che non hanno mai fatto politica. Basti vedere l'attenzione attorno a Farefuturo e a Caffeina, i siti e le riviste animati da Filippo Rossi. Ma sarà il tempo a indicare la solidità politica di queste suggestioni culturali. Il momento non è affatto facile per Futuro e libertà, come indica il nome stesso del prefatore del «Fascista libertario»: Luca Barbareschi. Ancora lontano da Arcore, l'attore avverte l'urgenza di scrivere che «la destra abbandona le caratteristiche tradizionali con le quali veniva facilmente identificata nei film di Alberto Sordi: bigotta, intollerante, razzista, autoritaria, virtuosa in pubblico e di giorno, viziosa la notte». Segue elogio di d'Annunzio, Pound e Céline accanto a Melville, Pasolini, Hesse, Twain, Pavese, ma anche Jim Morrison e Mick Jagger, De André, Gaber, Vasco Rossi, Clint Eastwóod, l'ispettore Callaghan, Sergio Leone, Zorro, Robin Hood, e infine Sandokan, Chatwin e Arsenio Lupin. «Questo libro — conclude il prefatore — consente di comprendere lo sbocco politico, civile e culturale al quale l'Italia faticosamente sta approdando»
Aldo Cazzullo

3 commenti:

Anonimo ha detto...

forse perchè si è finalmente rivelata una verità: Gianfranco Fini non è mai stato di Destra! per anni ha recitato la parte dell'amico dei MONGOFASCISTI! Saluti romani, adunate a predappio, fiamme tricolori, etc...etc... finalmente può mostrarsi per quello che è!

matteo ha detto...

Barbareschi che fa il libertario di destra...ahahahhahhaa...muahahahaaa...oddio sto male...uno dei peggiori attori e politici degli ultimi trent'anni...

Anonimo ha detto...

Certo che la prefazione di un barbareschi e' inquietante per non dire altro, ma d'altronde per poltrone e poltroncine cosa non si fa...