Il mio articolo su Berto Ricci, pubblicato sul Secolo d'Italia del 2 febbraio, è stato ripreso anche dal web magazine di FareFuturo e ieri da il Fondo di Miro Renzaglia.
Segnalo anche la lettura "critica" di Carlo Gambescia sul suo Metapolitics e l'intervento di Maurizio Bruni sul Secolo d'Italia di oggi, che copio-incollo a seguire...
Dimmi quale giornale leggi e ti dirò chi sei
di Maurizio Bruni
Abbiamo aspettato anche il giorno dopo. Ma sui giornali che rivendicano la rappresentanza esclusiva di una certa tradizione politico-culturale (e che non perdono occasione per rinfacciarci il nostro presunto tradimento deviazionista), non abbiamo trovato una sola riga dedicata a un anniversario di quelli che per il cosiddetto "asse ereditario" contano e pesano. Ci riferiamo ai settant'anni della prematura scomparsa sul fronte africano di Berto Ricci, il poeta e scrittore fiorentino che, come scrisse il suo amico e sodale Indro Montanelli, aveva dato vita all'«ultimo tentativo, compiuto da una minoranza di giovani intellettuali, di inserirsi nella vita italiana e di incidervi».
Sappiamo che qualcuno ha recentemente eliminato dalla sua bacheca la testata del nostro Secolo per sostituirla con la triade pidiellina il Giornale, Libero e Il Tempo. Giustificando questo gesto con un nostro supposto sconfinamento di campo. Segno, in realtà, che figure come quelle di Berto Ricci non interessano. D'altronde, le idee dello scrittore poco s'adattano alla vulgata pidiellina. «Niente è così stupido e poco italiano - scriveva nel 1931 - come l'intolleranza, il disprezzo preconcetto verso gli stranieri e il volersi chiudere nel guscio. Non c'è nulla di meno italiano del ripudio a priori d'ogni sapienza, esperienza, eccellenza straniera». Parole d'un intellettuale fascista che, si sa, suonano urticanti alla destra modello Feltri-Belpietro-Sallusti. E non ci si deve quindi scandalizzare che quel mondo si consideri agli antipodi di chi si riconosce nel Secolo o in FareFuturo, il cui magazine ha pubblicato la nostra commemorazione di Berto Ricci. Loro, lo stesso giorno, hanno preferito occuparsi del qualunquismo (su Libero) o della nomina di Gawronski alla Quadriennale (su il Giornale). Noi, per dirla proprio con le parole di Ricci, preferiamo sempre la coerenza, in nome di quell'Italia «... dura, taciturna, sdegnosa, che porta la sua anima in salvo soffrendo delle contraffazioni, dei ciarlatani, dei buffoni, dei letterati, dei commendatori».
Nessun commento:
Posta un commento