domenica 13 marzo 2011

Il fascista libertario, la strana destra che era attratta dalla sinistra (di Antonio Gnoli)

La strana destra che era attratta dalla sinistra
Articolo di Antonio Gnoli
Da la Repubblica del 12 marzo 2011
La cultura politica dell' ossimoro - dire contemporaneamente una cosa il suo opposto, per esempio è un ossimoro la frase "un silenzio assordante" - sembrava fosse prerogativa esclusiva della sinistra. Lì, in quel clima culturale e ideologico, si erano realizzati i cortocircuiti linguistici più evidenti: "partito di lotta e di governo", "cattocomunismo", "socialismo liberale", tanto per elencarne alcuni. Oggi anche la destra ha cominciato a impostare un discorso storico e culturale nel quale la figura retorica dell' ossimoro ha un rilievo di tutto rispetto.  
Come dimostra l'analisi appassionata che ne fa Luciano Lanna in Il fascista libertario (Sperling & Kupfer, pp. 255, € 17). Ricordo che uno degli ossimori più efficaci della destra culturale fu l' espressione (coniata da Hugo von Hofmannsthal) "Rivoluzione conservatrice", con la quale nella Germania degli anni Venti si cercò una sintesi tra il grande bisogno di cambiamento e la necessità che ciò avvenisse nell' ambito di categorie storiche e concettuali appartenenti alla tradizione spirituale guglielmina. Ora, per tornare al caso italiano, la destra - almeno in alcune sue componenti minoritarie - ha sviluppato una cultura ossimorica, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. E questo percorso è ben illustrato da Lanna. Non c' è dubbio che la formazione dei "campi Hobbitt", come pure l' attrazione che la destra provava per cantautori come Guccini, De André, o per scrittori come Tondelli e perfino Pasolini, appartengano a quel tentativo di voler essere a un tempo se stessa (con tutti i propri limiti) e l' altro (con tutte le seduzioni). Attraverso la via dell'ossimoro si cercò dunque di superare quei blocchi ideologici, per cui destra e sinistra erano due entità monolitiche e incomunicabili. Molto del discorso e delle aperture che troviamo in questo libro, che è un elogio pacato alle virtù oggi stressate del multiculturalismo, appartengono alla biografia personale dell' autore e a una fase storica (quella del post-Sessantotto) in cui la destra, per rompere l' oggettivo isolamento nel quale era finita, si affaccia con curiosità a nuove esperienze culturali. Le aperture di Marco Tarchi, Alessandro Campi, Umberto Croppi (in contrasto con il Movimento Sociale, partito nel quale allora militavano), lo sdoganamento di una certa destra che in quegli anni mette in atto Massimo Cacciari, l' uso infine che alcuni intellettuali di sinistra fanno di autori come Jünger e Schmitt, creano un terreno inedito sul quale il confronto tra i due mondi ideologici appare improvvisamente possibile. Ma non esaustivo. Perché la cultura del paradosso per quanto possa spiegare la rottura dell' inconciliabile, non spiega l' inconciliabile. Ma anzi rischia di rimuovere quelle differenze - normative, storiche, e perfino epistemologiche - che intercorrono tra destra e sinistra. Ci può essere perciò un "fascismo libertario" e perfino anarchico o tollerante, o intelligente (Bottai lo era, Gentile fece un' egregia riforma), ma resta quel fondo di acquitrino ideologico che prescinde dalle singole avventure personali e fa dire che il fascismo fu nella sostanza un regime illiberale e oppressivo.
ANTONIO GNOLI

2 commenti:

giovanni fonghini ha detto...

Molto modestamente vorrei suggerire al giornalista de la Repubblica qualche lettura di approfondimento. Se non vogliamo soltanto soffermarci ai nostri giorni,dirò che quel filo che lega sinistra e destra nella storia ha avuto molteplici esempi. Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia, segue Mussolini nell'epilogo finale della RSI: morirà fucilato dai partigiani insieme a Pavolini e gli altri sul lungolago di Dongo. Stanis Ruinas, uno dei tanti giovani di Salò, nel dopoguerra fonderà il periodico Pensiero Nazionale, che da sinistra voleva continuare a portare avanti il messaggio sociale anticapitalista della RSI (la socializzazione sarà uno dei temi sociali principali della visione politica ed economica dell'ultimo fascismo). Sono soltanto due nomi, ce ne sono moltissimi altri, legati a vicende poco conosciute; io però non sono uno storico, sono soltanto un umile cultore della materia. Credo però che troppi continuino ad usare le etichette "destra" e "sinistra" in modo polveroso, che le lega entrambe ad un modo di vedere manicheo e precostituito. Non si accetta in sintesi che a destra, se ancora vogliamo chiamarla così, ci possano essere sensibilità e suggestioni diverse da quelle della legge e dell'ordine.

Anonimo ha detto...

Ma qui secondo me è una semplice disputa derivata da un'incomprensione lessicale di fondo. La prima è credere che fascismo e libertarismo siano concetti opposti e reciprocamente escludenti, da qui l'ossimoro, mentre fascismo=libertà. Poi nell'articolo si confonde fascismo con destra, quando dovrebbero invece essere, come lo sono stati, del tutto opposti ed inconciliabili, ancor più che con una qualsiasi forma di "sinistra", se questa è mai esistita...

Gregorio