venerdì 11 marzo 2011

Il fascista libertario: perché il nuovo sta oltre destra e sinistra (di Mario Bernardi Guardi)

Articolo di Mario Bernardi Guardi
Dal Secolo d'Italia di giovedì 11 marzo 2011
Le ultime vicende della politica italiana sembrerebbero legittimare la rottura definitiva degli schemi e la via dell'ossimoro. Il titolo del recente libro di Luciano Lanna (Il fascista libertario, Sperling & Kupfer, pp. 256, euro 17), non mi sembra invece un ossimoro.
Aldo Cazzullo, scrivendone sul Corriere della Sera, l'ha collegato direttamente alla rupture finiana e alle nuove prospettive che si lasciano intravedere oltre la lunghissima transizione in corso. E in apparenza quel titolo sembrerebbe ammiccare al corto circuito semantico della contraddizione suggestiva, del gioco d'intelligenza atto a generare l'effetto sorpresa, mettendo in crisi facili schemi, giudizi sommari e luoghi comuni. Ma in realtà quel titolo potrebbe esprimere una "linea di tendenza" che viene dal lontano e dal profondo, e il testo lo fa in una variopinta tessitura di esperienze e testimonianze che, se possibile, esaltano la contraddizione, confermandone la legittimità. In che senso? Nel senso che, come ben mostra (e dimostra) Lanna, nell'ossimoro è raccolto quel Novecento "altro" che non volle essere paralizzato dall'antitesi destra-sinistra e non si sottrasse all'azzardo della sintesi.
"Quel" Novecento è uno scenario talmente ricco e affascinante da provocare una sorta di vertigine: e non solo perché raccoglie gli umori di più generazioni che trasformarono gli ossimori in belle bandiera di lotta culturale e politica, ma perché è vivo "nel" nostro tempo e "per" il nostro tempo, e dunque potrebbe essere eredità da mettere a frutto. Se solo si avesse il coraggio di osare: ed è un "se" non da poco. Ma ritorniamo al nostro coloratissimo Novecento e alla sequenza degli impossibili che divennero arditi progetti. L'interventismo culturale, con gli "incendiari" delle riviste fiorentine e delle avanguardie - ma si può risalire ancora più indietro, e cioè alle mitologie nazionalpopolari del garibaldinismo e del mazzinianesimo e al patriottismo "sociale" di Alfredo Oriani - semina in abbondanza sul terreno dove germoglierà il miglio Novecento libertario. Nel Leonardo, nella Voce, nel Manifesto futurista che sono avventure ciascuna con un suo ben preciso profilo ma affratellate da un sogno/bisogno di "svecchiamento", c'è già un bel po' di materia incandescente: l'appello a una nuova, giovane Italia; la battaglia per una scuola che formi ed educhi al confronto delle idee; l'urgenza di dar voce a una cultura che non si appaghi di reperti museali ma parta all'assalto di tutti i cieli, inventando e plasmando il futuro; il gusto per l'originalità e la contaminazione, la trasversalità e la trasgressione, l'intraprendenza e la sfida; il rifiuto della pedanteria accademica, del bigottismo, del clericalismo, del moralismo unto e bisunto, del conformismo ottuso e forcaiolo. Tutto questo era, è "di destra"? No. che non lo è. Tutto questo, ed è il nucleo vitale e il costante punto di riferimento della ricognizione-riflessione (ed anche della conclusione) di Luciano Lanna, è «al di là della destra e della sinistra». Documenti alla mano. Nomi in testa. Idee e immagini nel cuore. I fiumani, da Keller a Comisso (e sulla straordinaria fauna accorsa nella Città di Vita vale la pena di rileggersi Alla festa della rivoluzione di Claudia Salaris, e D'Annunzio di Giordano Bruno Guerri), il Rosai del Libro di un teppista, recentemente riproposto da Vallecchi, il Bilenchi di Vita di Pisto, il Kurt Suckert (non ancora ribattezzatosi Curzio Malaparte) di Viva Caporetto!, il Viani di Ritorno alla patria, e ancora, inerpicandoci nel Ventennio, il Maccari del Selvaggio, il Longanesi dell'Italiano, il Ricci dell'Universale (per l'amico Indro Montanelli, un'immacolata icona, al pari, come tante volte ebbe modo di ricordare, di altri "fedelissimi" in camicia nera, tutti morti sul campo: Giani, Pallotta, Roddolo…), il Vittorini de Il garofano rosso, il Gallian de Il soldato postumo (Cesare De Michelis lo riscoprì nel 1988 per la sua Marsilio) ecc.
Lanna di suggestioni e di stimoli ne offre, e tanti, perché tanti sono gli elementi su cui soffermarsi: c'è il vissuto dei "ragazzi di Salò" e c'è la loro vita in "questa" repubblica (dove li mettiamo, a destra, a sinistra o al di là e oltre, tipi come Giorgio Albertazzi, Carlo Mazzantini, Mario Castellacci, Enrico de Boccard, Piero Sebastiani ecc.? Non ci piove sul fatto che si tratti di "fasci" né su quello che si tratti di "libertari": e allora come li posizioniamo nello scenario politico attuale?); c'è una eredità di valori e di affetti irrinunciabile anche per chi ad essa appare più estraneo (sceglierebbero di schierarsi oggi Beppe Niccolai e Giano Accame?); c'è il mai interrotto, e perpetuamente acceso, dibattito sul '68 delle origini, tutt'altro che di sinistra; ci sono pezzi di storia del Msi, l'esplosione intellettuale e generazionale della Nuova Destra, il fervore dell'immaginario giovanile - da Hugo Pratt a Rino Gaetano a Capitan Harlock - e l'immagine che si proietta e si concretizza in un modo nuovo di essere in quello stesso modo nel presente e per il futuro: si pensi a Casa Pound e al Blocco Studentesco. Ci sono molte osservazioni dedicate a interlocutori antifascisti, ma alieni da spirito di setta, non conformisti e capaci di interrogare e di interrogarsi: da Pavese a Pasolini, da Pannunzio ad Adriano Olivetti, da Cacciari a Lizzani, da Antonio Landolfi a Beniamino Placido. Ci sono infine le memorie private di Luciano, uno dei tanti «lacerati tra l'immagine esterna e la propria rappresentazione interna»: da una parte, la rappresentazione anticomunista, all'insegna del binomio "legge ed ordine"; dall'altra, la convinzione profonda di essere qualcosa di più e di diverso: e cioè dei contestatori che si battono per la libertà della cultura, i diritti civili, la giustizia sociale, il superamento di tutti gli schemi e di tutte le pregiudiziali. Uno dei tanti, dicevo, e, col più giovane Lanna, mi ci metto anch'io: iscritto alla Giovane Italia, lettore, a 16 anni, di Evola, Nietzsche e insieme del Pensiero Nazionale diretto dal repubblichino e fasciocomunista Stanis Ruinas, sessantottino con i nazionalpopolari dell'Orologio di Lucci Chiarissi, laureato con una tesi su Piero Gobetti, giovane prof. tranquillamente accettato come "fascista" dagli allievi ma bollato come "comunista" da tanti conservatori nemici acerrimi delle contestazione, avviato alla folgorante scoperta di Berto Ricci dall'indimenticabile Beppe Niccolai.
Ma abbiamo sbagliato tutto o abbiamo visto primae meglio di altri? Be', io questo sguardo lungimirante, posso coglierlo, immaginarlo, ipotizzarlo in qualche altro amico. E dovunque si trovi: in Fli, tra i radicali o i socialisti, nel Pdl, magari nel Pd o in Sel, oppure in una sovrana solitudine. Questo è quanto chiedo da sempre ed ancora non vedo: qualcuno capace, senza far sconti, che, forte della vocazione e dell'intenzione di andare davvero oltre, ci presenti un progetto-programma a tutto campo (e aperto anche ai "nomina-numina" dell'antifascismo libertario: io, il "mio" Gobetti, l'ho lanciato a destra, sulle pagine del Conciliatore addirittura negli anni Settanta; così come, negli anni Ottanta, ho lanciato il fascio-anarchico Berto Ricci, non solo sulla neutrale Storia Illustrata ma su Ragionamenti Storia, mensile socialista di Giuseppe Averardi, ex Pci, e grande amico di Antonio Landolfi, anomalo socialista da poco scomparso).
Un sogno realizzabile - ammesso e non concesso… - nel futuro che si sta costruendo? Proprio così, tanto più a tener conto, realisticamente, delle condizioni e convulsioni geopolitiche presenti, e capaci di strapazzare qualunque attesa. Al momento, senza disperare, aspettiamo. Intanto mi piacciono, e tanto, quelli di CasaPound.
Mario Bernardi Guardi

Nessun commento: