venerdì 25 marzo 2011

Nick Kent, l'autobiografia "maledetta" degli anni '70 (di Gianfranco Franchi)

Articolo di Gianfranco Franchi
Dal Secolo d'Italia del 25 marzo 2011
Scrivere di rock è un'arte. E se quest'arte viene a insegnarcela uno come Nick Kent, grande allievo di Lester Bangs, allora c'è ragione di interiorizzare la lezione con entusiasmo, umiltà e una gigantesca dose di curiosità. Apathy for the Devil (Arcana, 324 pp., euro 19,50) è il memoir di un giornalista che ha vissuto gli anni Settanta con un'intensità incredibile, nel bene e nel male. Nick Kent è uno che da ragazzino se n'è andato al di là dell'Oceano per incontrare quello che aveva deciso fosse l'ultimo maestro di giornalismo musicale, Lester Bangs.  
È stato amico e sodale di artisti radicali come Iggy Pop, e l'interprete del disastro interiore di talenti immensi e sfortunati come Syd Barret, Nick Drake e Brian Wilson: è stato uno dei protagonisti dei primi passi dei Sex Pistols. È stato uno che ha capito il genio di Captain Beefheart, e che tra Buckley padre e figlio non ha dubbi: il dio era Tim. Forse non ha torto. Più di tutto, Kent è un intellettuale borghese che ha rischiato di autodistruggersi per le droghe, nei maledetti e magnifici anni Settanta, ritrovandosi a emulare lo stile di vita maudit delle rockstar che tanto amava, perdendo il controllo e l'orientamento, e bruciando via giovinezza e identità: ma è riuscito a vincere la sua battaglia contro la dipendenza, è riuscito a scrollarsi di dosso la negatività dei nichilisti e la ruggine dei pagliacci del no future. E così, il giornalista rock che per primo intravide la grandezza del punk, e per primo seppe prenderne le distanze, oggi vive a Parigi assieme a moglie e figlio, lavorando per un grande quotidiano come il Guardian, collaborando con periodici prestigiosi come Mojo e GQ. Questa sua autobiografia, ritratto d'un'epoca, è una memorabile cavalcata in un decennio che ha scritto la storia della musica leggera: ma chi s'attende toni agiografici sappia che si sta sbagliando di grosso. Nick Kent è ben distante dai nostalgismi, al contempo sa guidarci nei primi giorni di quell'incanto, per mostrarcene l'innocenza e l'ingenuità. Per esempio, parlando del 1971. «Era davvero un'età dell'oro per i perdigiorno della classe media come me. Gli studenti ricevevano sovvenzioni. Le migliori band del mondo suonavano ancora in teatri da duemila posti al massimo, e il biglietto non ti costava un rene. I dischi avevano prezzi ragionevoli. Quando ti andava di viaggiare, fare l'autostop non ti costava niente. Il sesso non era pericoloso». Una manciata di frasi basta al signor Kent per raccontarci com'era il ragazzo che sarebbe diventato Crazy Diamond, quando ancora aveva coscienza di sé e la sua ispirazione non era stata disintegrata dalle droghe. Syd Barret, 1967. Kent ha sedici anni. «Vedere Syd quella sera ha iniettato dentro di me qualcosa da cui sarei stato ossessionato tutta la vita. Il senso di mistero che proiettava dal palco era qualcosa che sentivo un desiderio travolgente di risolvere». Oppure, incontriamo Mick Jagger e compagni al principio della loro strada. «I Rolling Stones la fronte non ce l'avevano. Solo capelli, labbra turgide, e un'insolenza collettiva senza limiti. Stavano indolenti sul palco, a osservare con un disprezzo raggelante la folla, mentre accordavano i loro strumenti. Il presentatore li annunciò in fretta prima di essere sommerso dalle urla. Dopo di che cominciarono a suonare». Erano gli anni di Brian Jones. Nick Kent era minorenne. I suoi genitori non avevano mai sentito parlare della band, ancora. Altrimenti sarebbe stata dura. Meglio così per noi.
Il libro è suddiviso in una decina di capitoli: uno per anno, dal 1970 al 1977, poi 1978 e 1979 assieme, quindi una panoramica su ciò che è capitato più avanti all'autore, infine una magnifica discografia ragionata che sembra essere stata ideata per far tornare i lettori nei negozi di dischi sopravvissuti alla sciagurata fortuna degli mp3, per andare a colmare le lacune delle proprie vecchie collezioni di vinili o di cd. A proposito, qualcuno si potrebbe chiedere perché Nick Kent ha riunito due anni come il 1978 e il 1979 in un unico capitolo: la risposta è semplice. «Per me, gli anni Settanta che contano sono i sei che vanno dalla nascita di Ziggy Stardust alla fine dei Sex Pistols. Ciò che è avvenuto dopo è stato solo il preludio degli anni Ottanta». E l'annuncio della fortuna non sempre gradevole di quello che l'autore chiama "rock da yuppie". Last but not least, si segnala, nell'edizione Arcana, uno dei refusi più belli e rappresentativi della storia: «straordinario foglio di puttana».
Gianfranco Franchi

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