giovedì 28 aprile 2011

Non toccatemi l'Ikea, please

Non toccatemi l'Ikea. Toccatemi Giovanardi, fatene ciò che volete, ma l'Ikea no. Nessuna difesa ideologica della multinazionale svedese, intendiamoci. L'Ikea, più prosaicamente, m'ha risolto un sacco di problemi. Logistici. Pratici. Antichi come il cucco.

E non è poco, se considerate che non so come fare a parlare col mio gommista perchè nella rubrica telefonica non ho nessuno alla voce gommista e rischio di trovarmi in estate ancora con le gomme da neve. La mia è, semmai, riconoscenza. Di più: fede. Io credo nell'Ikea. Più di una volta, assalito dalla frustrazione di non riuscire a montare i suoi mobili, ho dubitato. Lo ammetto, anche se ora mi sembra blasfemo. Che mancasse una vite o che addirittura i pezzi fossero difettosi. Mi sono dovuto sempre ricredere. Chiedo scusa ancora adesso. Ho più fede in Ikea che in me stesso. Io sì che sono difettoso. Quando entro all'Ikea mi sento a casa, se non altro perchè ho casa arredata in buona parte con mobili Ikea. Per me passare una domenica all'Ikea è un infernale godimento, non c'è girone - cucine, librerie, camere da letto - che io non abbia frequentato per interminabili giornate. Un privilegio. La mia vita è migliore da quando sono entrato per la prima volta all'Ikea. Ho la carta family, io. L'Ikea è il primo esperimento riuscito di socialismo reale o del fasciocomunismo, se preferite. A pochi soldi puoi avere mobili dignitosi e funzionali, a volte persino più belli di quelli destinati solo ai ricchi. Non è poco per chi, come me, non è ricco.
Entriamo nel merito della questione: la pubblicità non mi ha scandalizzato. Le coppie omosessuali esistono e che lui e lui si tengano per mano non mi scandalizza. Può infastidirmi, come mi infastidisce se a farlo sono lei e lui. E comunque è poco funzionale, poco Ikea, visto che quando esci hai le mani occupate a portare sacchetti pieni delle cose più perfettamente inutili quanto indispensabili. Quelle che piacciono a me. 
Non mi scandalizza, dicevo. I gay acquistano, esattamente come gli altri. E la pubblicità serve a stimolare il mercato. Un unico appunto: avrei scritto "siamo aperti a tutti le coppie". La famiglia è, per definizione, composta da un uomo e da una donna. E dai figli, per chi ha la fortuna di averne. Su questo, probabilmente, sarò reazionario o non sufficientemente progressista.
Ma l'Ikea non toccatemela, please.

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