martedì 12 aprile 2011

Perdindiridina, Ibra, ti sei fatto cacciare!

Dal Secolo d'Italia del 12 aprile 2011
Mannaggia la miseriaccia. No, la miseria è poco elegante, meglio non evocarla. Cazzarola? Giammai. Un bel corbezzoli? No, la formula è equivoca: pare che con questa esclamazione di meraviglia i toscani si riferiscano da secoli all’attributo maschile. Accipicchia? Caspiterina? Perbacco? Che diamine? Ci siamo: “accipigna!” di Tonio Cartonio, professione folletto melevisivo. No, è sparito dal video ormai da più in un lustro e allora – per stare al passo con i tempi – tanto vale invitare l’arbitro a ciucciarsi un calzino (citazione di Bart Simpson, che non è un calciatore inglese).

Eureka: che sia “perdirindina”, la più autarchica delle imprecazioni. Sarà un tantinello antiquata ma dimostrerebbe un’apprezzabile conoscenza della nostra lingua e quell’Ibrahimovic rimane pur sempre uno zingaro del… caso. O no? Perché è quanto meno stravagante che se una dozzina di giocatori per protestare circondino e spintonino l’arbitro se la cavino allegramente, mentre a Ibrahimovic è bastato uno sproloquio in direzione del guardialinee per beccarsi un rosso diretto e una squalifica sicura.
Domenica sera, su Sky, passata la tempesta abbiamo udito giornalisti far festa. Sul banco degli imputati ancora una volta il campione rossonero. Solo Mario Sconcerti ha azzardato una difesa d’ufficio, sostenendo – come hanno fatto allenatore e compagni di squadra del nostro – che in quel suo sfanculare il mondo ce l’avesse, in realtà, solo con se stesso. Ilaria D’Amico, superata la fascia protetta, si è lanciata nell’interpretazione del labiale: Vaff… e pezzo di m… Massimo Mauro, ormai sempre più a suo agio nei panni di Suor Paola che non in quelli di ex calciatore, era inorridito. Billy Costacurta faceva notare, tuttavia, che prima di estrarre il cartellino – di prassi – si concede almeno un ultimatum al calciatore: alla prossima, ti caccio.
Macché, siamo in tempi di codice etico. Le parrocchie si svuotano ma figurativamente è come se si giocasse all’oratorio e la giacchetta nera è un prete-arbitro. E, se ti comporti male, ti scordi anche la nazionale. Come se il problema del calcio fosse il rispetto del bon ton e non altro. Ai giocatori, se non vogliono essere espulsi, non rimane che rivolgere un consiglio: esercitatevi nella supercazzola con scappellamento a destra o imprecate nella lingua d’origine. Avrete buone possibilità di non essere capiti. E se si mette male c’è sempre un bel vaffanzum per congedarsi.
Roberto Alfatti Appetiti

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