venerdì 20 maggio 2011

Un libro accende la mente, ma in classe regna la noia

Da Area di maggio 2011
Fossero solo i manuali di storia, con le bugie in buona o cattiva fede e le omissioni più o meno deliberate, il problema. Andrebbero riscritti, punto. Non da parlamentari che giochino a fare gli storici. Ma da esperti, veri.
In Inghilterra David Cameron l’ha capito e dalle critiche all’insegnamento della storia ridotta a «piccoli ed estemporanei assaggi» – espresse a più riprese nella campagna elettorale dello scorso anno – è passato ai fatti. Appena stabilita la sua nuova residenza al numero 10 di Downing Street, insieme a Michael Gove, ministro dell’istruzione, ha chiamato due storici di fama mondiale, Simon Schama e Niall Ferguson, ha fornito loro matite e gomma da cancellare e ha intimato: ragazzi, rinnovate i corsi di storia nelle scuole di ogni ordine e grado. «La storia rappresenta la base stessa della cittadinanza – ha spiegato Schama in un’intervista al Guardian - perché solo la conoscenza del passato condiviso è ciò che ci tiene uniti come comunità ben distinta nella cultura genericamente globalizzata». Tanto più nei momenti di crisi, in cui i giovani avvertono con maggiore forza una vera e propria incertezza “identitaria” e – come dice lo storico inglese – «c’è il rischio che la loro immaginazione resti ostaggio nella gabbia di un eterno presente».
Una nazione senza storia – scrive giustamente Marco Cimmino – è una nazione morta. A meno che non ci si affidi, con tutti i rischi del caso, a surrogati di celluloide, persino più saporiti, arricchiti come sono di aromi artificiali. Preso atto che l’insegnamento di religione – i cui professori, incredibile ma vero, non sostengono un concorso come tutti gli altri – dimostra di avere l’appeal di un’ora di penitenza in ginocchio sui ceci, la storia di Cristo, affascinante come poche altre, lasciamo che ce la racconti Mel Gibson o, piuttosto, leggiamo Giovanni Papini? Per quanto Russel Crowe sia credibile come gladiatore, vogliamo precluderci un più suggestivo (e formativo) viaggio nella storia di Roma?
La scuola, dicevamo, genera guasti preoccupanti: non soltanto non fornisce gli strumenti culturali necessari a discernere la storia dalla fiction ma, quel che è peggio, non alimenta il senso critico, non educa a leggere. Nella classifica europea dei migliori lettori siamo (solo) al diciannovesimo posto: al primo posto c’è la Svezia – merito di Stieg Larsson? (solo lì ha venduto oltre due milioni e mezzo di copie, pari quasi a un quarto della popolazione) – seguita da Finlandia, Repubblica Ceca, Estonia e altri paesi. La colpa? Non è del sole e delle temperature, senz’altro più dolci rispetto ai paesi del nord. È della scuola, senza se e senza ma.
Tale opinione è stata espressa da un addetto ai lavori, Gaetano Cappelli, scrittore tra i più godibili degli ultimi anni. «Non è un caso che dalle elementari alle medie al liceo si vada via via smettendo di leggere – ha dichiarato l’autore di bestseller come Parenti lontani – se ci hanno fatto sciroppare Primo Levi e Anna Frank come uniche alternative librarie». Dalle ultime lettere di Jacopo Ortis ai dolori del giovane Werther passando per i promessi sposi è tutto un piagnisteo, una sedimentazione lenta quanto inesorabile di sfiga. Insomma: la letteratura come espiazione? Con quale senso di colpa deve misurarsi lo studente prima di potere finalmente assaporare la violenta e rigenerante bellezza della storia e della narrativa?
«Un libro che lascia il lettore uguale a com’era prima di leggerlo – diceva Emil Cioran – è un libro fallito». Bene, se consideriamo le letture obbligatorie che siamo stati costretti a sorbirci negli interminabili anni scolastici, è davvero un miracolo che la nostra curiosità sia riuscita a mettersi in salvo, regalandoci scoperte libresche inimmaginabili quand’eravamo ancora reclusi in quelle aule.
Sì, perché la letteratura insegna, parla al nostro cuore e accende le nostre emozioni anche senza l’intermediazione didascalica dell’insegnante. Esce dagli spartiti grigi della programmazione scolastica per offrirci immagini ben più nitide della realtà. Colma incresciose lacune. E non parliamo soltanto delle foibe, che fino a non molti anni fa erano relegate in minuscoli quanto fuorvianti paragrafi. Dello strazio vissuto dalle popolazioni dell’Istria e della Dalmazia, oltre che delle mere vicende storiche, ci ha raccontato Stefano Zecchi nel suo ultimo romanzo, Quando ci batteva forte il cuor, da poco in libreria, attraverso gli occhi di Sergio, un bambino di sei anni nella Pola del 1945. Mentre nel mondo si festeggiava la pace, la sua famiglia era costretta a subire umiliazioni e soprusi di ogni genere da parte dei nuovi occupanti slavi. Dell’atmosfera di Fiume, dell’epopea libertaria in cui si cercò di portare l’arte al potere, per fare un altro esempio, ci restituisce molto di più la lettura de Le stelle danzanti, il romanzo scritto dal nostro direttore Gabriele Marconi, che non le poche stitiche righe dei manuali di storia, ammesso e non concesso che i professori trattino l’argomento e lo facciano senza liquidare con sufficienza quell’erotomane del Vate. Così come il recente Eva dorme dell’esordiente Francesca Melandri ha acceso un inedito squarcio di luce sulle dolorose vicende del nostro Alto Adige tra la prima e la seconda guerra mondiale, una pagina di storia italiana completamente quanto colpevolmente ignorata. Perché l’Alto Adige ancora oggi, per la maggior parte degli italiani, rimane soprattutto una meta turistica e quel che c’è da sapere per una vacanza è comodamente riassunto nelle patinate ma sbrigative pubblicazioni offerte dalle agenzie di viaggio.
Libri preziosi iniziano ad affiorare nelle nostre librerie, anche se rischiano di passare inosservati nella marea delle pubblicazioni che si susseguono negli scaffali. Il problema è: ci sono lettori? E cosa può e dovrebbe fare la scuola per trasmettere il gusto e l’importanza di una lettura esercitata con discernimento? Insomma: in tempo di tagli (di fondi), si potrebbero tagliare alcune letture (a costo zero).
Roberto Alfatti Appetiti

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