lunedì 6 giugno 2011

Il fascista libertario: gli ossimori di Luciano Lanna (di Andrea Riscassi)

Articolo di Andrea Riscassi
Dal sito dell'autore

È un libro fatto di ossimori “Il fascista libertario” di Luciano Lanna che da un mese non è più direttore del Secolo d’Italia. Ha resistito solo poche settimane dalla cacciata di Flavia Perina e dalla normalizzazione del quotidiano che fu dell’Msi. 
Il volume di Lanna (edito dalla Sperling & Kupfer) è interessante per capire su quali basi politiche si sia basato lo strappo di Fini e di Fli rispetto al partito del predellino. Ed è interessante anche e soprattutto per chi non ha mai frequentato gli ambienti di destra che, si scopre, hanno più aneliti libertari di quanto si possa pensare.
I riferimenti di Lanna (e dei finiani) sono anche figli della cultura pop, come i film di Alberto Sordi o la parabola di Clint Eastwood, passato nella sua lunga vita/carriera, da uomo forte dei film western a cittadino impegnato in battaglie per l’eutanasia, tanto da dichiarare: «Sono un libertario, amo l’indipendenza. Venero lo stato mentale di chi rimane indipendente, in politico e nella vita».
I paletti che Lanna pone a questo cammino sono chiari: «Dalla “rivoluzione conservatrice” al “socialismo liberale”, dal “fascismo di sinistra”, recentemente rivendicato anche dal filosofo Slavoj Zizek, alla tipologia dell’“anarchico di destra”, dal “modernismo cristiano” alla definizione che Togliatti dava del fascismo come “regime reazionario di massa”. E ancora del fenomeno degli indiani metropolitani alla teorizzazione del “cattolico comunista”, dalla formula che spesso ricorre sui media di “tradizione e modernità” alla sintesi berlingueriana di “partito di lotta e di governo”, dalla “sinistra reazionaria” che pasolinanamente qualcuno ha pure evocato sino all’espressione di “estremista moderato”, utilizzata per esempio per Mario Pannunzio, e alla stessa prospettiva di “destra sociale”».
Il tutto ovviamente in una prospettiva che non è fascista ma neanche antifascista. Per citare Ignazio Silone del 1945: «Dopo esserci liberati del fascismo, noi dobbiamo ora cercare di superare l’antifascismo». O meglio ancora, per rileggere Ennio Flaiano: «La nostra generazione l’ha presa in culo. I preti da una parte, i comunisti dall’altra».
Insomma un modo per rileggere la storia patria anche leggendo, con altre lenti, come le gesta dannunziane. Scrive infatti Lanna: «Tanto per dire, a Fiume era stato introdotto il divorzio, che nella legislazione italiana sarebbe arrivato solo nel 1970. le donne potevano votare ed erano considerate a tutti gli effetti al pari dei maschi». Ma anche le pagini più agghiaccianti del fascismo, bollate così dall’ex repubblichino Carlo Mazzantini: «Le leggi razziali promulgate dal fascismo furono una vergogna e una ottusa stupidità di eccesso di servilismo».
In questo contesto stupisce fino a un certo punto l’omaggio fatto da Mirko Tremaglia (ora in Fli), già ministro per gli Italiani nel mondo, per Sacco e Vanzetti, i due anarchici giustiziati negli Usa nel 1927: «Due di quegli italiani “senza scarpe” che varcarono l’oceano in cerca di un futuro migliore ma subirono l’attacco disumano di quanti nel mondo hanno sfruttato il lavoro dei nostri connazionali».
Lanna pone soprattutto base musical-cinematografiche a questo libertarismo di destra. E cita ad esempio il Manifesto del beat italiano, diffuso durante il Festival di Sanremo del 1966, scritto da Lucio Dalla, Sergio Bardotti e Piero Vivarelli: «Noi attingiamo alla tradizione, ma nonla rispettiamo. Unatradizione è valida solo in quanto si evolve. Altrimenti interessa i musei. Siamo, senza alcuna riserva, decisamente contro quelli che non la pensano come noi. Il nostro modo di pensare alla musica è anche il nostro modo di vivere. Noi crediamo nei giovani e lavoriamo per loro. Si può essere vecchi anche a diciotto anni…».
Su queste basi, si fonda poi il racconto dei passi fatti da Gianfranco Fini in questi anni. Tante le affermazioni con le quali l’attuale presidente della Camera ha cercato (sta cercando) di realizzare una destra diversa nel nostro Paese: «Se oggi esiste più attenzione per i diritti civili, per le donne, per le minoranze, questi sono i lasciti del primo ’68. La destra allora perse una grande occasione. Anziché capire le ragioni dei giovani, difese l’esistente, si schierò con i baroni dell’università, con i parrucconi…». Parole importanti che non a caso hanno lasciato l’amaro in bocca ai ricercatori che pensavano Fli si sarebbe smarcata dalla “riforma” Gelmini che tarpa le ali ai giovani che vogliano avviare una carriera in università. Ma così non è stato.
Ma l’ex direttore del Secolo racconta anche le iniziative portate avanti da Fini sul fronte dell’immigrazione, tema sul quale invece larga parte del centro destra ha scatenato la politica della paura: «“Sarebbe bello”, ha detto Fini, “se l’informazione non titolasse con riferimenti etnici: romeno scippa, albanese ruba. Perché altrimenti si può diffondere tra i cittadini l’equazione: straniero uguale delinquente”. Ecco, c’è chi sostiene che certe battaglie sarebbero estranee alla specificità della destra italiana e che certe prese di posizione dimostrerebbero solo un processo di metamorfosi, per non dire di liquidazione, di un patrimonio culturale di presunto riferimento». Ma Lanna ricorda anche il commento dell’ex leader di An o ora di Fli dopo aver visto il film di Renzo Martinelli “Il mercante di pietre”. «E’ un film di propaganda becera. Un film che sconsiglio a tutti. Film come questi, infarciti di stereotipi sugli arabi, rischiano senz’altro di alimentare l’islamofobia qui da noi. Davvero non se ne sentiva il bisogno. È spazzatura».
Parole nette, come quelle pronunciate da Fini nel discorso del 2009 nel quale annunciò la fine di An: «Non ci piace l’ordine delle caserme, una società è invece coesa quando viene difesa e in qualche modo incrementata la dignità della persona umana, qualche che sia il colore della pelle, qualche che sia il Dio in cui credi, quale che sia il ruolo sociale».
Luciano Lanna racconta insomma una via italiana al libertarismo chiedendosi: «Esiste una sensibilità nuova al punto di non essere non gerarchica, non totalitaria, non conservatrice, non anti-moderna, non patriottarda e non razzista?».
Una domanda che sarebbe da girare a Berlusconi e Bossi, in queste ore riuniti (ad Arcore) per decidere il futuro del governo Pdl-Lega.
Ad maiora.
Andrea Riscassi, nato nel 1967 è giornalista della Rai di Milano, dove si occupa di politica e di cronaca. Ha iniziato, giovanissimo, prima a Società Civile, poi al Corriere della Sera nelle pagine culturali e di cronaca per approdare in televisione nel 1991, dapprima a Lombardia7 poi alla Rai. Per il servizio pubblico ha seguito tutte le guerre balcaniche e poi le rivoluzioni democratiche nei paesi ex sovietici. Ha partecipato e raccontato migliaia di manifestazioni politiche e decine di campagne elettorali, in Italia come all’estero. Ha collaborato con Gianni Riotta ed Enrico Deaglio a “Milano, Italia” e con Enzo Biagi a “Il Fatto”. È uno degli intervistatori, a bordo ring, di “Dodicesimo round” (Rai Due). Per anni inviato speciale è ora caposervizio alla Rai di Milano. Ha curato (con Paolo Costa) Al nostro posto, antologia di scritti di Piero Gobetti (Limina, 1996). Nel 2007, il suo primo libro, “Bandiera arancione la trionferà” (Melampo editore), sulle rivoluzioni liberali nell’est Europa. Sempre nel 2007 ha scritto l’introduzione di “Miracolo a Milano” di Nicoletta Molinari (edizioni Sonda). Dal 7 ottobre 2006 (giorno dell’omicidio) sta cercando di tenere viva la memoria di Anna Politkovskaja, coraggiosa giornalista uccisa – per la giustizia russa - da sconosciuti. Dal suo appello “un albero per Anna” è nata l’associazione Annaviva, che si occupa di diritti umani e di democrazia nell’ex spazio sovietico. Dopo una lunga attesa, il Comune di Milano ha deciso di piantare, come richiesto da migliaia di cittadini, un albero per la Politkovskaja nel locale Giardino dei Giusti. Per questo suo impegno Andrea Riscassi è stato insignito della medaglia d’oro della Provincia di Milano, il Premio Riconoscenza 2008. Il 5 maggio 2009 è uscito il suo secondo libro dedicato proprio alla Politkovskaja: “Anna è viva, storia di una giornalista non rieducabile”, il titolo. Sonda la casa editrice.

1 commento:

Claudio ha detto...

Fantadestra... di cui anche recentemente abbiamo notato l'irrilevanza politico/elettorale, neppure con un fronte berlusconiano così sconquassato gli elettori di centrodestra hanno reputato Fini e FLI una valida alternativa.
Gira e rigira questa fanta-destra finiana sembra sempre più una copia sbiadita del PD, certo, superficialmente ci si rifà a miti ed icone dell'immaginario di destra, ma all'atto pratico questa pseudo-destra finiana assume posizioni politiche liberal-progressiste fotocopia di quelle del PD, e come ricordava lo stesso Fini, tra l'originale e la fotocopia l'elettore opta sempre per l'originale.