giovedì 6 ottobre 2011

Giusva Fioravanti: la storia di sangue di una generazione (di Michele De Feudis)

Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 2 ottobre 2011
Una maschera da sub, un'auto dei carabinieri, una torcia elettrica, un giovane gravemente ferito trasportato su una barella dopo una violentissima sparatoria nella quale restano sull'asfalto i corpi senza vita di due militari, vicino all'argine del canale dello Scaricatore di Padova. La sequenza della fine della parabola terroristica di Valerio Fioravanti, nel febbraio del 1981, ha tutti gli ingredienti a tinte forti di un noir che genera il gioco sottile di immedesimazione con le gesta del cattivo per eccellenza.
La biografia del leader dei Nar - i Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo terroristico di "anarco-nichilisti" di destra attivo tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta - invece, a dispetto dei trascorsi cinematografici del protagonista, non è una versione politica di Romanzo criminale. Giusva (libro+dvd edito da Sperling&Kupfer, pp. 93, euro 19) è un'opera che, accanto ai saggi di Andrea Colombo (Gli Altri), Luca Telese (Il Fatto), Nicola Rao (Tg3 Lazio), e alla presentazione del regista del film, Francesco Patierno, pone al centro del racconto la "persona" del leader del gruppo di fuoco insieme alla sua vicenda umana, travagliata e fascinosa come quella di un dannato fuoriuscito dalla penna di Fedor Dostoevskij. Le condanne dei tribunali sui Nar, ad eccezione della sentenza politica -discutibile oltre che contestata anche da sinistra - sulla strage di Bologna, restano a immortalare l'epilogo sterile di una generazione in armi. La forza della narrazione, però, è nel fotografare un clima storico avvelenato, come scrive Luca Telese «per capire dove è nata la rabbia e come si può impedire che tornino i giorni della violenza».
Giovanissimo attore nella famosa serie Rai La Famiglia Benvenuti, Valerio avrebbe avuto la strada in discesa per intraprendere la carriera da attore, dopo un inizio da bambino prodigio. Il contesto nel quale è cresciuto, la mamma mussoliniana e il fratello Cristiano iscritto al Msi, rimase inizialmente sullo sfondo della sua adolescenza. Andò in America a terminare la maturità, con voti da studente modello. Poi l'escalation delle violenze di piazza orchestrate dall'antifascismo militante cambiarono il corso degli eventi. Il padre chiese a Valerio di rientrare dagli Stati Uniti per dare una calmata a Cristiano, ormai stabilmente in prima linea nelle strade della Capitale. Da qui la metafora della cassaforte. In un interrogatorio Valerio ricordò di aver spiegato al fratello che per combattere le ingiustizie sociali si possono lanciare sassi contro la cassaforte, ma non si riuscirà mai ad aprirla. La scelta migliore sarebbe trovare la combinazione. L'invito al realismo, però, cadde nel vuoto per i fatti di sangue seguiti alla morte dello studente greco del Fuan Mikis Mantakas. Valerio salì sulle barricate e imbracciò così le armi "per garantire il diritto alla sopravvivenza" di una comunità politica. Toccante nel film è il ricordo del militante missino Franco Anselmi (morì ventiduenne nel corso di una sparatoria durante una rapina in un'armeria). A Fioravanti non venne riconosciuta la validità dell'anno scolastico frequentato oltreoceano, e così si iscrisse al liceo Tozzi, nella stessa classe con altri esponenti del radicalismo nero come Massimo Carminati, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi: «Franco era più grande di noi. Aveva perso due anni per una gravissima commozione cerebrale dovuta ad un agguato fuori dalla scuola. Era un ragazzo dal cuore d'oro. Appena c'era un problema ti dava una mano. Pur avendo avuto serissime conseguenze per il suo impegno politico, non aveva paura. E questo ti colpiva».
L'uccisione del giovane missino Stefano Recchioni per mano di un capitano dei carabinieri davanti alla sezione di Acca Larenzia nel 1978, segnò uno spartiacque: la disperazione per l'accerchiamento divenne il motore della voglia di vendetta. «Oggi è morto un camerata, ne rinascono altri cento/ E il silenzio di un'accusa che rimbalza su ogni muro, questa volta pagheranno te lo giuro»: la rabbia dei giovanissimi neofascisti emerge nitida nei versi di Generazione '78, pezzo cult della musica alternativa, cantato da Francesco Mancinelli. «I militanti di destra si sentono così abbandonati da tutti - scrive Andrea Colombo - dall'estabilishment politico-culturale che non spreca una parola per loro nemmeno quando vengono ammazzati, dalle forze dell'ordine che non trovano mai gli assassini, dal partito che li manda al macello ma poi non li difende come dovrebbe per paura di sporcare il doppiopetto e guastarsi la rispettabilità». Fioravanti, racconta Nicola Rao, aveva intenzione di arrivare ad «una tregua fra rossi e neri»: «Valerio ha deciso: basta sparare ai compagni, bisogna spostare la mira verso i rappresentanti dello Stato. (…) Ecco, per dimostrare platealmente l'estraneità (almeno della loro generazione) a tutto questo, i Nar decidono di sparare, come le Br, a singoli rappresentanti dello Stato. L'imitazione del terrorismo rosso, nelle intenzioni di Fioravanti, deve dimostrare a tutti che la nuova generazione del neofascismo è rivoluzionaria quanto e più dei comunisti. Altro che collusioni con golpe e stragi». Da qui la chiave per contestualizzare, se mai fosse possibile, gli omicidi del sostituto procuratore Mario Amato, e tra gli altri del giovane poliziotto Maurizio Arnesano e dell'appuntato Francesco Evangelista.
La scena finale del docu-film coniuga le immagini della nuova vita di Fioravanti e di sua moglie Francesca Mambro, attivisti dell'associazione vicina ai radicali "Nessuno tocchi Caino", con una riflessione a cuore aperto dell'ex leader dei Nar: racconta dell'incontro con la moglie di una vittima delle loro scorribande. A questa donna coraggiosa, Valerio confidò il timore che il male che hanno fatto in gioventù potesse ricadere in futuro sulla loro giovane figlia. La signora, religiosissima, lo rassicurò con queste parole: «Dio non fa queste cose».
Michele De Feudis

1 commento:

Tiziana ha detto...

che schifo,mè veramente ignobile che si dedichino dei film a personaggi del genere!
fioravanti ha paura per la figlia? ci pensava prima di metterla al mondo, visto che la bambina è nata nel 2001 quando i genitori erano già da tempo considerati due fra i più feroci criminali d'Italia, quindi sapevano perfettamente a cosa questa bambina sarebbe andata incontro.
Anche le sue vittime avevano famiglia, figli, mogli , che fioravanti e mabmro hanno sempre irriso fin dai tempi dei loro processi, in cui pur essendo in gabbia ridevano in faccia ai familiari delle loro vittime. Ora li irridon mistificando la verità e dicendosi innocenti per molti crimini, tra cui la strage di Bologna e l'omicidio Caravillani (la Mambor ora dice che non è stata lei, am fu condannata porproio in base a intercettazioni in cui diceva tutto il contrario).
So che ad alesandro caravillani è stato dedicato un cortometraggio (che ntaurlamente p introvabile), ma alle altre vittime?
a Maurzio Arnesano, che aveva solo 19 nni e che Fiorvanti uccise per rubargli il mitra?A Roberto Scialabba che uccise perchèaveva i capelli lunghi ed era di sinistra? A Antonio Leandri, ucciso per sbaglio al posto della vera vittima?
ci sarà mai qualcuno che penserà a racocntare in un dvd anche la loro vita?
non credo, sono già vittime dimenticate ora (e chissà se il regist del film conosce i nomi di queste persone, o perlomeno sapeva della loro esistenza!), mentr i loro carnefici vengono portati in palmo di mano e addirittura fatti passare come innocenti.
Ingiustizia è fatta!
ah , e al signora religiosissima (ma chissà perchè fioravanti ha voluto incontrare solo quella, eh?),per quanto meritevole, non rappresenta TUTTI i familiari delle altre vittime....ce ne sono a centinaia visto che ha ammazzato 95 persone. Che vada a incontrare anche quelli che lo odiano e ce l'hanno con lui invede di andar sul sicuro, poi vediamo!