martedì 11 ottobre 2011

Il Napoli dà un calcio al declino (intervista a Ilaria Puglia, coautrice di "Oj vita mia")

Dal Secolo d'Italia di martedì 11 ottobre 2011
Sono in 100mila, i tifosi partenopei che si apprestano a marciare sul San Paolo. Tanti se ne prevedono per la doppia sfida casalinga che vedrà il Napoli affrontare il Parma nell’anticipo di campionato di sabato e il Bayern Monaco nella grande sfida europea del prossimo martedì. Facile prevedere un incasso record. Parlano i numeri: sono aumentati gli abbonati e i sostenitori che seguono le trasferte della squadra tra cui l’ultima, trionfale, a Milano. Espugnato San Siro e Inter umiliata con un severo 0 a 3. Per quanto i commentatori sportivi si siano soffermati a evidenziare le sviste arbitrali, la notizia vera è come, forse per la prima volta, il Napoli riesca a coniugare la classe dei suoi campioni, lo spirito di gruppo e la consapevolezza nei propri mezzi. «Il Bayern? Non firmo per il pari», minaccia Mazzarri.
Una determinazione di cui hanno già fatto le spese vittime illustri come Milan e Villareal, mentre il Manchester City di Mancini ha dovuto faticare per rincorrere un pareggio neanche tanto meritato. Cavalcata che giustifica l’entusiasmo di una tifoseria famosa in tutto il mondo per la sua straordinaria passione. A loro, ma anche a chi «di calcio non capisce niente ma ha ancora voglia di emozionarsi», è dedicato il libro Oj vita mia. L’Europa e la magica stagione azzurra (Edizioni Cento Autori) – in uscita la prossima settimana – scritto a quattro mani da Mimmo Carratelli, prestigiosa firma del giornalismo napoletano, e Ilaria Puglia, giovane collega del sito web Il Napolista.
Il libro, nato dall’incontro – proprio sulle “pagine” del Napolista – tra «il maestro e l’allieva scapestrata», come si definisce l’autrice, offre la ricostruzione storica della stagione culminata con una qualificazione in Champions che mancava da oltre vent’anni, ma anche il racconto corale di un ritrovato protagonismo che, dopo anni di disastri finanziari e sportivi, è vissuto dal popolo azzurro come momento di riscatto non solo calcistico, ben oltre i confini del recinto di gioco.
«Per la prima volta – ci dice Ilaria Puglia – abbiamo di nuovo una squadra. Un gruppo compatto e solido, affiatato, con un’enorme fame di vittoria e capacità di affrontare ogni avversario a viso aperto. La città, nel frattempo, forse è peggiorata, è sempre più ripiegata su se stessa, e credo che anche l’attuale amministrazione non sia riuscita ad accattivarsi tutte le simpatie. Nessuno crede più che sia possibile risalire».
A salire, sinora, a un solo passo (punto) dalla vetta, è il Napoli, per la grande felicità dei tifosi, tantopiù per quelli che vivono lontano dalla loro città per scelta o, più spesso, per necessità. E di due esuli, Massimiliano Gallo e Fabrizio d’Esposito, giornalisti rispettivamente a Linkiesta e Il Fatto quotidiano dopo un comune passato al Riformista, è stata l’idea di dare vita, nel marzo 2010, al Napolista, «testata di informazione e analisi politico-calcistica» rigorosamente bipartisan: se i fondatori sono di sinistra, infatti, tra i napolisti della prima ora figurano anche giornalisti di destra come il “nostro” Luca Maurelli (di fede lavezziana) e Guido Paglia (l’elenco sarebbe talmente lungo che è bene non citarne altri per non incorrere in dimenticanze).
«Ci unisce l’amore per il Napoli – ci spiega Puglia – che è probabilmente l’unica cosa che funziona e a cui sentiamo tutti di appartenere, l’unica che ci rende migliori agli occhi del mondo esterno, che in genere parla di noi solo per la spazzatura nelle strade e la violenza quotidiana».
Da Maradona al trio Cavani-Hamsik e Lavezzi, il tifoso come ha vissuto questi anni?
«Tra campetti di periferia e fallacci bruttissimi, tra stadi che sembravano gironi dell’inferno e la paura di non risalire da laggiù, di non tornare mai più a vivere un successo, seppure piccolo, la paura di essere abbandonati a un destino che non poteva essere quello di una squadra in cui aveva giocato il miglior calciatore del mondo».
Calcio e politica: quale politico ha “segnato” i maggiori risultati?
«Forse Lauro è stato quello che ci ha investito più soldi, pure nella squadra. Voleva i voti ma almeno metteva i soldi. Per tornare a tempi più vicini a noi, Bassolino ha cambiato la veste della città buttandoci un sacco di fumo negli occhi e poi è stato uno dei principali artefici della nostra sconfitta totale».
Il Napoli può vincere lo scudetto?
«Sì. Non perché siamo la squadra più forte del campionato, ma perché siamo quella più solida, con lo spogliatoio più unito, perché veniamo da anni in cui siamo stati dei perdenti e ora vogliamo vincere. E perché abbiamo una tifoseria che farebbe resuscitare i morti».
Il carro dei vincitori è già pieno. Ma di chi è il merito maggiore?
«Il presidente ci ha tirati fuori da lì. Ma il fulcro della squadra è Mazzarri. Senza di lui non saremmo arrivati fin qui. Il pubblico, poi, è roba mai vista altrove».
Il futuro si colorerà d’azzurro?
«Grazie a De Laurentiis abbiamo finalmente un progetto e ne stiamo anticipando le tappe. Fin quando continueremo così, a piccoli passi, l’aspettativa di vita sarà lunghissima».
Può il palcoscenico calcistico essere utile anche per una città che lotta disperatamente contro un declino che appare irreversibile?
«Non ci ho mai creduto tanto a questa cosa. Non credo possa aiutarci a risalire nell’immaginario collettivo fuori dai nostri confini, ma credo che dal calcio possiamo trarre tutti un insegnamento prezioso: che con la grinta, lo spirito di gruppo e la voglia di farcela si possono conquistare grandi traguardi, si può uscire dall’inferno. Se iniziassimo a mettere la stessa passione che mettiamo nel calcio anche nella nostra vita quotidiana a Napoli, forse riusciremmo davvero a cambiare le cose in meglio. Forse».
Roberto Alfatti Appetiti

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