domenica 1 gennaio 2012

Céline e le pagine della vergogna. Il caso non è chiuso (di Mario Bernardi Guardi)

Articolo di Mario Bernardi Guardi
Dal Secolo d'Italia del 31 dicembre 2011
A cinquant'anni dalla morte di Céline, abbiamo letto di tutto e di più. Ora, Riccardo De Benedetti rilancia il dibattito sulle Bagatelle: un libello famoso-famigerato che molti hanno sentito nominare ma pochi hanno avuto la ventura di leggere (Céline e il caso delle Bagatelle, postfazione di Giancarlo Pontiggia, Medusa, pp. 168, € 14). Nel senso che nel 1982, tre mesi dopo la comparsa in libreria (traduzione di Pontiggia, edizioni Guanda), fu tolto dalla circolazione perché la vedova di Céline, Lucette Almanzor, attraverso i suoi avvocati, minacciò di intentare una causa agli improvvidi riscopritori. 
Fine delle Bagatelle? Niente affatto: il libro circolava prima e ha continuato a circolare dopo. Per quel che ci riguarda, lo acquistammo a Pisa alla Libreria Athenaeum - appassionata comunità di "lettori militanti", universitari, liceali, missini e post-missini, liberi pensatori "terzisti", impuniti fascio-goliardi sottanieri e rigidi cattolici preconciliari -ricevendolo dalle mani dell'indimenticabile Gianni Benvenuti, gestore e animatore del "covo", come una cosa preziosa e maledetta. Dunque, da custodirsi con grande cura. Un libro proibito? Mah… Il nostro esemplare ha il contrassegno delle Edizioni Robespierre di Milano, per gentile concessione delle Ed. Corbaccio, anno di grazia 1965, traduzione e copertina di G.M.C. (?). Precedono il testo una serie di giudizi sull'opera del Reprobo.
Scrive ad esempio Leone Trotsky: «Céline non deve vergognarsi dei suoi antenati. Il genio francese ha trovato nel romanzo la sua espressione insuperata. Da Rabelais, medico come lui, si è andata ramificando nel corso di quattro secoli una genealogia illustre di maestri della prosa epica: dalla risata fragorosa e aperta fino allo sconforto e alla disperazione, dall'alba luminosa alle tenebre della notte». Così parla invece Paul Valéry: «Si tratta di un libro di genio, ma criminale».
In ogni caso, non si può ignorare l'apocalittico antisemita delle Bagatelle. Le cose che scrive, "come" le scrive. I contenuti e lo stile. Céline "è" il Voyage. Céline "è" le Bagatelle.
Però al lettore medio è negato il diritto di addentrarsi nel fastoso delirio dello scrittore, in quell'«immenso e virulento poema dell'odio - scrive De Benedetti - nel quale si esprime l'intero alfabeto della rabbia e nel quale l'odio stesso ne esce alfabetizzato».
De Benedetti mette in guardia dall'ipocrisia di chi riserva all'autore del Voyage esercizi di grondante ammirazione, magari eleggendolo a nume di tutte le scritture creative e trasgressive, ma marca le distanze dal più che mai creativo e trasgressivo Céline delle Bagatelle e degli altri "pamphlet". Non è un essere abbietto, osceno e ripugnante: è lo stesso, identico Céline, con miti, riti, fisse e paturnie. Merita l'indignazione di tutti i giusti? Ma bisogna che i giusti, prima di indignarsi, sappiano per che cosa si indignano. Siamo adulti e vaccinati: non dobbiamo temere il contagio. E abbiamo il diritto/dovere di leggere il libro per giudicare. Per chiedersi da dove venga quell'odio lussureggiante e vaticinante, e se sia il caso che ci si faccia i conti. Con un bello scavo nell'archivio delle idee e delle ideologie, e una corsia preferenziale per il Novecento delle incendiarie passioni "totali". E delle immancabili liste di proscrizione.
Di sicuro, Céline accusa gli ebrei di volere la guerra contro la Germania per mandare a farsi fottere l'intera Europa in nome degli interessi dell'alta finanza massonica e yankee.
Ma dubita della possibile salvezza di una Europa che si dissangua nelle guerre civili e precipita in una accelerata decadenza. E in particolare di una Francia, "femmina, puttana, accolita di ubriachi" che, devastata nel corpo e nello spirito, rischia morte e dannazione.
Il "mostro" Céline è un don Chisciotte anarchico e allucinato, che parte "lancia in resta" contro il Male con una enfatizzazione di furibondi stereotipi razzisti e antisemiti ? Sì. Ma questo tipo di cultura, ben prima di Céline, non era abbondantemente rappresentata in Francia? E con tanto di auguste ascendenze nell'Illuminismo e dintorni, da Rousseau a Montesquieu, da Voltaire a Buffon, da Kant ad Herder? E, andando alla ricerca delle responsabilità "massacratorie" di libri illustri, quante ne dovremmo attribuire al Vecchio Testamento, al Capitale di Marx, allo Zarathustra nicciano?
De Benedetti, nella sua ricognizione, condanna la materia e lo spirito delle Bagatelle ed esamina ogni possibile "atto di accusa" contro Céline. Ma di sicuro non lo priverebbe del diritto di parlare e di scrivere. Così come si batte per il nostro diritto di entrare nell' "inferno" celiniano. A come curare le "bruciature" ci pensiamo noi. I "dottori" si tengano pure le loro pomatine.
Mario Bernardi Guardi

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