Dal Secolo d'Italia del 27 gennaio 2012
Rugby, musica e cocaina. Passi per la musica, ma droga e rugby sono sempre stati e restano due mondi inconciliabili. Chiunque abbia incrociato quello della palla ovale, dal prato, dagli spalti, dalla televisione, lo sa. Il rugby è forza e intensità, la droga è debolezza e fuga. Lo spacciatore sa dove colpire e lo fa a tradimento. In campo ci si affronta a viso aperto, senza nascondersi. Il fair play, nel rugby, non è la regola, più semplicemente è di casa. Non è vissuto come un dovere ma rappresenta un piacere. Non è imposto per decreto, è prassi, è cultura, è principio condiviso. Non si tratta di spolverare, come si usa fare in questi casi, la retorica dei valori, di dividere gli sport in buoni e meno buoni, di sottolineare una volta di più la pur innegabile differenza di compensi, fama e accessori, rispetto ai cugini (ricchi e talvolta capricciosi) del calcio.
Intendiamoci: chi il pallone (rotondo) lo prende a calci non è un potenziale criminale ed è animato, generalmente, dalla stessa generosità e dallo stesso entusiasmo. Almeno prima di entrare nel terreno minato del professionismo. Chi decide di gettarsi nella mischia, tuttavia, sa che difficilmente potrà farne una professione, o meglio “la” professione e fare cassa è l’ultima delle sue preoccupazioni, meno che mai violando quei principi che sono alla base di una passione prettamente volontarista.
La giustizia deve fare il suo corso e chi ha sbagliato, come è giusto, pagherà, possibilmente con gli interessi. Nessun terzo tempo con chi spaccia. Nessuna minimizzazione di quello che è successo. Altra cosa, però, sarebbe parlare di faccia sporca dello sport in una disciplina in cui ci si sporca, non soltanto la faccia, dopo pochi minuti di gioco, finendo allegramente in terra, rialzandosi in fretta, senza lamentarsi, perché il gioco non si interrompe. Quando un traffico di droga viene smantellato, c’è da esultare come e più che per un risultato sportivo, per quanto favorevole. Nello stesso modo sarebbe criminale lasciare che l’ombra del sospetto si allarghi all’intero movimento rugbistico, una delle realtà sportive più sane del nostro paese, in continua e costante crescita. Tanto più che ciò accada alla vigilia di una delle manifestazioni più importanti del rugby mondiale, il Sei Nazioni, che quest’anno vedrà la nostra nazionale, il prossimo 11 febbraio, giocare per la prima volta in assoluto nel palcoscenico dell’Olimpico contro l’Inghilterra. Un evento che, come ha scritto il ministro Piero Gnudi nella sua doppia veste di ministro dello Sport e per il Turismo, “travalica innegabilmente la valenza sportiva ed è motivo di orgoglio per il nostro paese”. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Gianni Petrucci: “La nostra nazionale – ha detto il presidente del Coni salutando gli azzurri radunati nel salone d’onore del Coni per la presentazione ufficiale del torneo – ha dimostrato di poter competere con tutti e contro tutti”. Chiudendo con un auspico, riferito alle partecipazione popolare, ai tanti tifosi che seguiranno le partite nella cornice dell’Olimpico: “Sono convinto che si riempirà e batteremo dei record, faremo dei numeri che neanche il calcio ha mai fatto”.
I numeri di oggi, purtroppo, hanno poco a che fare con lo sport. Sono quelli degli arresti effettuati nella giornata di ieri per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti: 37 persone tra cui 13 giocatori di rugby coinvolti a vario titolo, oltre alla segnalazione di numerosi consumatori di droga e al sequestro di circa 10 kg di sostanze “di alto grado di qualità e purezza”. L’operazione, condotta dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Piacenza, prende il nome di Flanker, il ruolo che Filippo Maserati, uno dei principali indagati, svolgeva la scorsa stagione nel Piacenza rugby. Stando alle accuse, insieme alla sua compagna Maria Chiara ‘Mara’ Borella, campionessa italiana di body building, spacciava droga non soltanto in noti locali pubblici del piacentino ma anche in occasione delle partite e dei concerti dei big della musica italiana e straniera, ovviamente all’oscuro degli artisti. Sempre rimanendo alle notizie diffuse nelle ultime ore, in tale attività Maserati sarebbe stato favorito dalla mansione di buttafuori svolta con altri rugbisti che militano in squadre del Piacentino e del Parmense, molti dei quali acquirenti di cocaina che sarebbero a loro volta – il condizionale è d’obbligo – spacciatori in locali pubblici e circoli sportivi. Cessioni di droga, inoltre, sarebbero state documentate dai Cc durante gli allenamenti o poco prima dell’inizio di alcuni incontri della compagine piacentina. Un giro di eroina portato alla luce dalle indagini, iniziate nel settembre 2010 con il monitoraggio di un gruppo di trafficanti albanesi operanti tra l’Emilia e la Lombardia e successivamente estese alle province di Parma, Varese, Pavia, Lodi e Milano.
Tornando alle dichiarazioni di Petrucci, la nostra nazionale ha dimostrato di poter competere con tutti e contro tutti e allo stesso modo il movimento rugbistico potrà misurarsi serenamente con questa inchiesta. L’obiettivo, del resto, è comune. Isolare le mele marce, allontanarle, restituire agli appassionati di questo sport il piacere della diversità, ovvero la diversità della normalità.
Roberto Alfatti Appetiti
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