martedì 21 febbraio 2012

La Formula Uno senza italiani: al talento di Jarno Trulli si preferisce lo sponsor ricco

Dal Secolo d'Italia del 21 febbraio 2012
Non accadeva da più di quarant'anni. Dal 1969, a essere precisi. Che un italiano non si facesse trovare pronto, col motore acceso e il piede sospeso sull'acceleratore, al via del primo Gran Premio della stagione. Il prossimo 18 marzo, invece, nessuno dei "nostri" correrà sul circuito australiano di Albert Park. L'ultimo a rappresentarci nella Formula 1 è stato, sino a pochi giorni fa, Jarno Trulli.
 Il nome non tragga in inganno, Trulli è abruzzese di Pescara e i genitori Enzo e Franca lo battezzarono così in omaggio al motociclista finlandese Jarno Saarinen. Scelta onorata da una carriera a tutta velocità, iniziata su un kart ad appena nove anni e coronata dall'esordio nella massima categoria il 9 marzo 1997. Dalla Minardi alla Prost. Dalla Jordan alla Renault. Dalla Toyota all'ex Lotus. Per un totale di duecentocinquantasei gare, quattro pole position, undici podi e una sola vittoria con la Renault a Montecarlo, interrompendo una striscia vincente di Schumacher e collocandosi al quarto posto in classifica davanti al compagno di squadra Alonso.
Non a caso in un circuito che valorizza le qualità del pilota, vocazione al rischio e abilità, prima ancora della competitività del mezzo. Una pista su cui hanno trionfato, tra gli altri, miti come Ayrton Senna, Alain Prost e Gilles Villeneuve. Sì, perché il medagliere personale di Trulli sarebbe stato assai più ricco se solo avesse avuto le opportunità che hanno avuto altri: auto più veloci e team con maggiore ambizione, soprattutto disponibili a investire con continuità. Oltre che con i suoi colleghi, si è dovuto misurare con avversari come pneumatici non sempre all'altezza, problemi di tenuta e imprevisti tecnici di ogni genere. Dovunque sia andato, però, non c'è scuderia che non abbia beneficiato delle sue prestazioni. Fu lui, per fare un esempio, a regalare i primi podi alla Toyota, grazie ai due secondi posti conquistati in Malesia e in Bahrain e al terzo in Spagna.
Una cosa è certa: stando ai "curricola" tra lui e Vitaly Petrov, il russo che affiancherà il finlandese Heikki Kovalainen e sostituirà Trulli in Caterham già dai test di Barcellona in programma dal 21 al 24 febbraio sul tracciato del Montmelò, non c'è paragone. Il russo non è un fenomeno. Lasciato a piedi poche settimane fa dalla Lotus Renault dopo due stagioni, ha solo una dote particolarmente appetitosa: ricchi sponsor russi.
Già, per Trulli non si tratta di raggiunti limiti d'età, anche se Vitaly Petrov è del 1984, giusto dieci anni meno del pilota italiano. Più prosaicamente, Trulli non ha sufficienti sponsor alle spalle e per correre, a quanto pare, bisogna pagare. «La scelta - ha spiegato senza giri di parole Tony Fernandes, team principal - è stata fatta con un occhio al mercato economico globale». Come scegliere la propria moglie badando alla cospicuità della dote. Poco importa quanto Trulli si sia speso negli ultimi due anni per dare credibilità al progetto della scuderia anglo-malese. «Ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione e nei progressi della nostra squadra fin da quando si è unito a noi nel dicembre 2009 - ammette Fernandes - e ha un incredibile talento naturale al volante, i suoi record e la sua longevità rimarranno ai posteri. Farà per sempre parte della nostra famiglia».
Trulli, da parte sua, ha incassato con signorilità frasi di circostanza e annesso prepensionamento, ma a rinunciare a correre non ci pensa proprio. Le offerte arriveranno. «Possiedo un'azienda vinicola e un albergo in Svizzera e gli impegni non mi mancano, ma io so fare il pilota e questo conto di continuare a fare: in Formula 1 o altrove», ha dichiarato. Consapevole che i veri precari sono altri: i lavoratori della Caterham, tra questi. «Ero preparato a un possibile divorzio con il Team - ha spiegato - perché sapevo che che la difficile situazione economica avrebbe indotto la scuderia a trovare un pilota adeguatamente sostenuto. Spero che con il contributo di Petrov tutti coloro che ci lavorano possano avere un futuro più tranquillo». Rimane, tuttavia, la delusione per l'assenza di piloti italiani. «È un peccato - riconosce Trulli - ma il problema non è mio. Altri devono prendersi la responsabilità di questo depauperamento, di una situazione che peraltro non è cominciata ieri e su cui si è dormito. In Italia non c'è un sistema che aiuti i piloti a emergere ad alto livello ed è normale che si arrivi poi a situazioni come questa. I talenti ci sono, ma se non sono sostenuti da nessuno, non hanno speranze».
Trulli, a differenza di altri, s'è sostenuto da solo. «Più di ogni altra cosa e a parte i risultati - ha detto - sono orgoglioso di essere riuscito a coronare il mio sogno di correre in Formula 1 e a stare tanti anni nel Circus senza l'aiuto di nessuno, con le mie sole forze». Facendo una lunga e dura gavetta, accettanto di entrare dalla porta di servizio. Sì, perché nel 1996 il suo primo contratto nella serie che conta glielo fece Flavio Briatore per la Benetton, ma come collaudatore. Poi di collaudo in collaudo… ha scritto una storia che mere motivazioni economiche non possono cancellare.
Roberto Alfatti Appetiti

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