sabato 24 marzo 2012

Linda Lovelace, vittima o eroina libertaria? Dieci anni fa moriva la pornodiva di "Gola profonda"

Dal Secolo d'Italia del 24 marzo 2012
Non c’è intrigo o mistero che non abbia la sua gola profonda. Gli altri possono prendersi la scena, sbracciarsi, agitarsi e godersi la luce abbronzante dei riflettori, ma a fare la storia è lei. Nello scandalo Watergate è la fonte interna della Casa Bianca, ovviamente riservata, che fornisce a Woodward e Bernstein le notizie per lo scoop che costerà le dimissioni a Nixon. Bradley Manning, per avvicinarci ai giorni nostri, è la gola profonda di Wikileaks, il soldato americano condannato per aver trasmesso ad Assange i file che hanno fatto tremare la diplomazia statunitense. E da noi? L’estate scorsa non si è parlato d’altro che del presunto precario della Camera che avrebbe svelato i segreti della casta, roba da far impallidire i zelanti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, immancabilmente definito la gola profonda di Montecitorio.



L’unica che avrebbe avuto diritto a rivendicare il copyright dell’inflazionata locuzione, però, è defunta ormai dieci anni fa, il 22 aprile del 2002. Tragicamente, come si dice in questi casi. Dopo un incidente stradale a Denver e venti giorni di agonia. Se si fosse trattato di una spy story avrebbe avuto il lieto fine e soprattutto uno stuntman da sacrificare, invece Linda Lovelace non si muoveva dietro le quinte e non godeva della protezione dell’anonimato. Nata a New York, nel Bronx, il 10 gennaio del 1949 col nome di Linda Susan Boreman, poco più che ragazzina era stata catapultata davanti alla macchina da presa e trasformata nella prima pornodiva globale, nell’icona dei movimenti di liberazione sessuale che già marciavano verso Washington.
Gola profonda uscì negli Stati Uniti col titolo originale di Deep Throat – prima pellicola di genere a debuttare nelle sale normali, compreso il New York Theatre di Time Square – nell’estate del 1972: sessantuno minuti che in poche settimane sfidarono l’ira moralizzatrice del governo e cambiarono il modo di pensare degli americani sdoganando il porno, reclutando alla causa un pubblico mainstream che sino a quel momento si era sempre tenuto a debita distanza dai semiclandestini cinema a luce rossa. In molte città il film venne bandito, gli esercenti che si ostinarono a proiettarlo arrestati e gli attori incriminati per cospirazione nella diffusione e distribuzione di materiale osceno, ma prima ancora del pronunciamento delle corti interessate, arrivato in alcuni casi anche dieci anni dopo, fu la risposta del pubblico a decretarne immediatamente il successo. Per la produzione – la Plymouth Distributing di Louis “Butchie” Peraino, forte dei soldi del padre Anthony e dello zio Joe “The Whale” Peraino, entrambi membri della famiglia mafiosa dei Colombo – si trattò di un affare senza precedenti nella storia del cinema. Il più clamoroso caso di plusvalore: costato appena 25mila dollari, il film non ha mai smesso di dare frutti milionari, dall’incasso ai botteghini dell’epoca alla successiva uscita in home video. Un vero e proprio cult, se solo si pensa come i fan, a distanza di quarant’anni, sono pronti a contendersi a prezzi inenarrabili le rare copie in vinile della colonna sonora, ammesso che si possa definire tale la somma dei brani musicali che accompagnavano e ritmavano le scene più scandalose della pellicola.
L’unica a non beneficiarne è stata la protagonista. Quei sei giorni di riprese frenetiche la segnarono profondamente, un po’ come accadde a un un’altra diva triste, Romy Schneider, che confessò come la famosa scena del burro de L’ultimo tango a Parigi avesse rappresentato per lei un trauma psicologico, dolorosamente rinnovato a ogni replica del film. Più veniva celebrata la pellicola nel mondo, più veniva schernita lei per le strade. Dichiarazioni che fanno il paio con quelle rilasciate dalla Lovelace nel 1986 alla Attorney General’s Commission on Pornography, commissione governativa anti-pornografia istituita dal presidente Ronald Reagan: «Ogni volta che qualcuno vedeva il film, era come se assistesse a uno stupro». Alla Lovelace, se possibile, è andata peggio e non solo perché la popolarità le si incollò addosso insieme a quel titolo che faceva riferimento esplicito al sesso orale: il clitoride in gola, questa l’idea geniale che regge la fragile quanto demenziale trama del film.
Lo ha raccontato lei stessa nell’autobiografia che il prossimo 22 aprile, in occasione del decimo anniversario della morte dell’attrice, verrà lanciata sul mercato italiano: Gola profonda. Una storia vera (Castelvecchi, pp. 280 euro 14,50). Un’opera che rivela i retroscena di una storia di umiliazioni e violenza. Ridotta in schiavitù da Chuck Trayno, il primo marito, l’unico a trarre un utile, sia pure minimo, dalle prestazioni della moglie, Linda conobbe una realtà di violenze brutali e percosse quotidiane, anche durante le riprese, come ha ammesso il regista Gerard Damiano – liquidato anch’egli dai Peraino con un compenso di appena 25mila dollari – in Inside Gola profonda, il documentario prodotto da Brian Grazer e diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato. Ipnotizzata, sottomessa, costretta a girare le scene più scabrose sotto la costante minaccia di una pistola, circostanza quest’ultima che, a onor del vero, non ha trovato conferme. «Mi hanno trattato come una bambola di plastica gonfiabile, tirandomi e sbattendomi da tutte le parti. Non sono mai stata così spaventata e disonorata e umiliata in tutta la mia vita».
L’industria del porno non ne esce benissimo, sullo spirito scanzonato e anarchico dei pionieri alla Damiano, all’epoca parrucchiere con velleità rivoluzionarie, scende un’ombra. Eroina libertaria o vittima di un sistema più grande di lei? Sta di fatto che la Lovelace, dopo aver tentato senza altrettanto successo di cavalcare l’onda del porno, trascinandosi tra un sequel e altre sfortunate produzioni hard, fece propria al riguardo la posizione delle femministe americane. C’è chi sostiene che sia stata Gloria Steinem, leader del movimento per la liberazione della donna, a far sì che la Lovelace rinnegasse pubblicamente il genere e diventasse essa stessa una paladina della lotta contro la pornografia. Una tesi che certamente troverà spazio anche nei due film liberamente ispirati alla vita di Linda Lovelace e attualmente in produzione oltreoceano. A farsi pornodive per fiction e a contendersi la migliore interpretazione nei panni, pochi, pochissimi, dell’unica vera Gola profonda, saranno la statunitense Amanda Seyfried, volto acqua e sapone ricorrente nella nuova commedia americana, e la bellezza svedese di Malin Akerman rispettivamente dirette da Rob Epstein e dal meno noto Matthew Wilder in Lovelace e nel concorrente Inferno.
Per chi non se la sentisse di vederli entrambi, possiamo anticipare che nel primo prevalgono le riflessioni socio-politiche mentre nel secondo si punta maggiormente sul sesso. A voi la scelta. Una cosa è certa: difficilmente riceveranno l’accoglienza entusiastica che nel 1975 ebbe da noi Gola profonda, titolo successivamente modificato con La vera gola profonda, per distinguerlo da un instant film furbescamente lanciato nel 1974. Fu grazie a quella pellicola se nelle nostre città si diffusero a macchia d’olio le prime sale a luci rosse, per la gioia di militari e cultori del genere. Un’occasione colta al balzo da più generazioni di pornodive italiane. Fiere di esserlo. Come la nostra Moana Pozzi, che nel 1992 fece un’apparizione in un remake di Gola Profonda (2) girato roprio da un Gerard Damiano in cerca di rivincite. Fu un insuccesso, come spesso accade quando l’avanguardia più irriverente alla distanza si fa caricatura e la portata rivoluzionaria di un’opera cede il passo all’operazione commerciale finendo inevitabilmente fagocitata. Dal mercato.
Roberto Alfatti Appetiti

2 commenti:

Emanuele C. ha detto...

Veramente un bell'articolo. Ricordo anche, avendo letto su un libro di cultura pop di cui non ricordo il titolo e dell'influenza del porno cinema di quegli anni, che Deep Throat essendo proiettato anche in sale normali come quella di NY, aveva creato una sorta di "raincoat crowd" - la folla con l'impermeabile: tanti anonimi che sotto nascondevano voglie irrefrenabili. Per questo motivo il personaggio di Taxi Driver recitato da Robert DeNiro porta ignaro la ragazza ad un cinema a luci rosse.

Anonimo ha detto...

L'altra diva triste non è Romy Schneider!!! ma Maria Schneider...