venerdì 2 novembre 2012

Pino Rauti: un ricordo (non solo personale) di Luciano Lanna

 
 Di Pino Rauti, scomparso oggi a 86 anni, ho un ricordo personale che può dal mio punto di vista raccontarcene l'itinerario. Eravamo nel giugno 1991, lui era il segretario del Msi e io lo seguivo in Sicilia per raccontare le elezioni regionali sulle pagine del Secolo. In un albergo, tra un comizio e l'altro, si incontra con Egidio Sterpa, allora ministro per i Rapporti con il parlamento. I due si abbracciano, chiacchierano come due veri vecchi amici e poi Rauti dice all'altro: “Ne abbiamo fatta di strada, stiamo continuando ad approfondire e declinare in maniere diverse il nostro impegno giovanile”.
In effetti i due coetanei, classe 1926, nell'adolescenza, a soli diciassette anni, s'erano arruolati come volontari nella Rsi. E dopo la guerra avevano voluto proseguire quella scelta impegnandosi in politica e nel giornalismo. Con altri ragazzi della stessa età – tra i quali Enzo Erra, Giano Accame, Fausto Gianfranceschi – animeranno le riviste La Sfida e Imperium e verranno chiamati i Figli del Sole. Non potevano e non volevano limitarsi a essere dei reduci, volevano semmai interpretare quello che stava avvenendo nel mondo e svolgere un ruolo politico e culturale. Da lì scoperte intellettuali, autori e filoni di pensiero – Steiner, Guénon, Evola, Spengler, Nietzsche – estremamente innovativi per la provinciale cultura italiana, rimasta ferma all'hegelismo postrisorgimentale. E, soprattutto, la capacità di mobilitare gli studenti medi e universitari su tutta una serie di battaglie politiche, quelle che per cui Antonio Carioti ha parlato di loro come dei “reduci di Salò precursori del '68”. Poi, andando avanti negli anni, ognuno ha preso una sua strada personale. Sterpa, ad esempio, si diede al giornalismo a tempo pieno, arrivando al Corriere della Sera e poi a fondare il Giornale nuovo con Indro Montanelli. Mutuando da ciò anche una declinazione politica liberale che lo porterà a schierarsi con il Pli e a diventare deputato e a essere il primo ex ragazzo di Salò a fare il ministro.
Pino Rauti, partecipa invece alla fondazione del Msi alla fine del 1946. Partito da cui uscirà dieci anni dopo in polemica con la gestione da piccolo cabotaggio politica delle segreterie di Michelini e De Marsanich, dandosi anche lui alla professione giornalistica al Tempo di Roma e animando il Centro Studi “Ordine Nuovo”. Rientrerà nel partito nel 1969 dopo la morte di Michelini e la segreteria di Giorgio Almirante che, all'inizio, aveva tentato il recupero di tutta la diaspora degli anni precedenti. E nel 1972 verrà eletto deputato. Da allora, fino al 1999, sarà ininterrottamente prima alla Camera e poi all'Europarlamento di Strasburgo.
Nel 1976, in pieni anni di piombo e mentre si verificava la scissione dei gruppi parlamentari missini, Rauti diventa il punto di riferimento di tutta l'area giovanile e creativa che s'andava affermando a destra. E' la stagione dei Campi Hobbit, del quindicinale Linea, dell'attenzione all'ecologia e ai diritti civili, dello sfondamento a sinistra. “Nella seconda metà degli anni '70 – annota lo storico Pasquale Serra – Rauti rovescia lo schema del suo precedente ragionamento: da un lato individua come fonte privilegiata il fascismo italiano, in particolare la sua connotazione nazionalpopolare, e non più l'estrema destra, così come attraverso il riferimento costante alla cultura nazionalista tedesca e ai cosiddetti fascismi minori, era avvenuto nei decenni precedenti, e dall'altro rivaluta le origini di sinistra del fascismo”. Da lì tutto un fermento che lo porterà a rappresentare sino agli anni '80 un tentativo di andare oltre la destra e di aprire un certo mondo alle istanze della società civile.
In particolare, ci piace ricordare di lui l'intervista di Norma Rangeri che apparve sulla prima pagina de il manifesto nel 1988: “Il razzismo trappola per la destra”. Rauti, allora leader dell'opposizione interna nel Msi attaccava la tentazione lepenista. E di fronte al crescente fenomeno dell'immigrazione, spiegava che in Italia occorreva invece una legislazione “che mira a estendere i nostri sistemi di protezione civile e sociale a queste persone che, essendo clandestine, sono preda del lavoro nero...”. Contrasto pieno, invece, alle destre xenofobe e razziste. Con prese di posizione come queste Rauti ha fatto molto per seminare dentro la destra, e più in generale nella politica, idee e prospettive che col tempo sono diventate egemoni. Questo al di là e oltre le stesse sue vicissitudini personali e partitiche. Non riteniamo infatti essenziale la fase in cui Rauti passò da un ruolo eminentemente politico a quello di testimonianza. C'è insomma qualche paradosso nell'itinerario di chi voleva abolire il simbolo della Fiamma e contrastare la xenofobia e che dopo il 1995 si ritroverà con molti ex almirantiani a guidare un partitino chiamato Movimento Sociale-Fiamma Tricolore. Ma, come dicevamo, questo non è l'essenziale. Dopo l'89 tutti i vecchi paradigmi sono infatti caduti e ciò che conta, in generale ma anche per Rauti, è la lezione di saper unire e sintetizzare l'impegno sul piano della politica con l'elaborazione e l'approfondimento. Consapevoli, parafrasando il titolo di un suo libro, della centralità delle “idee che mossero il mondo”.
La prova migliore di tutto ciò sta in una inattesa testimonianza di Marco Pannella. Sollecitato da Stefano Rolando nel libro-intervista Le nostre storie sono i nostri orti / ma anche i nostri ghetti, il leader radicale deve infatti spiegare cos'è la politica pura: “Si tratta di superare le parzialità nel nuovo, non raschiare il fondo della botte consumata del vecchio possibile, per dirla con Max Weber, per creare il nuovo possibile...». E quando deve individuare uno dei portatori di questa “politica pura”, un uomo politico al quale riconoscere la sua stessa vocazione, Pannella cita subito, senza neanche pensarci, proprio quel nome: Pino Rauti.

Luciano Lanna

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