Articolo di Errico Passaro
Dal Secolo d'Italia del 27 novembre 2010
È in tutte le fumetterie Luna Park, la graphic novel di Kevin Baker e Danijel Zezelj (Magic Press, pp. 168, € 14,00). Baker, ai testi, è esordiente di lusso nel mondo dei fumetti, essendo noto ai più per i romanzi della trilogia di City on fire; ma ci si consentirà di concentrare la nostra attenzione sulla straordinaria efficacia ed evocatività dei inchiostri di Zezelj.
Non c'è appassionato di fumetti e men che mai giornalista specializzato disposto ad ammettere a cuor leggero di privilegiare in un fumetto i testi ai disegni, o viceversa: sarebbe come ritrovarsi nel personaggio delle discussioni goliardiche tra amici, "quello che vede solo le figure"! In realtà, sono estremamente rari i fumetti perfetti, in cui la narrazione per parole e quella per immagini procedono su un medesimo livello qualitativo e si integrano come un blocco solo. C'è sempre una leggera discrepanza, una disarmonia quasi impercettibile, che porta il lettore a focalizzarsi sulle didascalie e sulle "nuvolette" piuttosto che sul contenuto delle tavole. C'è sempre un gusto particolare, legato alle pregresse esperienze umane e intellettuali del lettore, che lo porta a "ricevere" l'opera con l'immediatezza dell'impatto visivo piuttosto che con l'intermediazione della scritto, o, al contrario, seguire il filo della storia attraverso le parola e solo una frazione di tempo dopo completare la rappresentazione mentale della scena con il fermo-immagine della tavola disegnata.
Quanto c'è di mezzo Zezelj (non a caso apprezzato dal sognatore Federico Fellini) la storia è un accessorio. Con tutto il rispetto per Baker, potreste leggere Luna Park senza didascalie, o con didascalie bianche, o con didascalie scritte in ostrogoto, e il vostro godimento rimarrebbe immutato. La storia parla di guerra fra bande e guerre fra popoli, in un'atmosfera che alterna squarci onirici e bozzetti sociali dickensiani; parla di un veterano di guerra, riciclatosi in un criminale da poco, ma inseguito dai fantasmi del suo passato, e della sua compagna in odore di stregoneria; parla di droga, prostituzione, malaffare, difficile convivenza fra etnie; parla di vite in disarmo e di menti intossicate dalle scorie psicologiche della vita; ma è sul segno iperrealista dell'artista d'origine slava, munito dell'evidenza e della nitidezza pittorica del fotogramma cinematografico, che si regge l'opera intera. La pagina risulta frastagliata in «una lunga teoria di pannelli verticali, primi piani, inquadrature di quinta o, ancora, splendide aperture dall'alto…». (Mario Tirino) valorizzati dai colori di Dave Stewart. Belli i viraggi in rosso con cui sono descritti gli incubi del protagonista; belle le vignette che isolano e ingrandiscono dettagli significativi e simbolici della scena; bella la trovata di un flashback storico realizzato con la tecnica di linee rozze e colori primari della miniatura bizantina; belli i campi lunghi e lunghissimi, in cui la figura umana si scontorna e si deforma per unirsi alle tenebre che gravano su tutto. Zezelj, al cui tratto pulito sembra ispirarsi il nostro Corrado Roi, è maestro del chiaroscuro, del gioco di luci ed ombra, della resa plastica del mondo fisico stagliato contro uno sfondo lucente e metafisico.
Un altro disegnatore che, a nostro personalissimo modo di vedere, sopravanza il soggettista/sceneggiatore di riferimento è Alex Maleev e, in particolare, il Maleev di Devil - Il processo del secolo - Spregevole (Panini Comics, pp. 192, € 17,00). A dispetto dell'enfasi che viene data alla figura di Brian Michael Bendis, ideatore della storia e guru della Marvel, il vero valore aggiunto di questo "romanzo criminale" all'americana viene dallo stile duro di Maleev, dalla sua matita "noir", dalle sue chine graffiate e sgranate capaci di nobilitare soluzioni grafiche non sempre innovative nella rappresentazione del degrado umano ed urbano. L'artista, incaricato di dar corpo alla figura del noto giustiziere mascherato, riesce a comporre la pagina con vignette lunghe e strette, alternate a dinamiche "splash-pages" che sembrano sovvertire la bidimensionalità della pagina stampata. Il protagonista, nella sua identità pubblica come in quella segreta, così come i suoi nemici ed i suoi comprimari, esibisce una presenza scenica debordante, senza ricorrere ad effetti speciali e ad esibizioni di forza, ma con la sola purezza del gesto acrobatico.
Insomma, Maleev, come già Zezelj, conferma una volta di più come il disegno fumettistico d'autore sia arrivato a livelli di dignità espressiva che l'equiparano alla migliore letteratura universale, riuscendo, con il supporto di dialoghi e didascalie ben calibrate, a tracciare i lineamenti distorti della nostra società decadente, alienata, corrotta. Senza compiacimenti, ma con il vigore e l'indignazione di un urlo di denuncia.
Errico Passaro
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