Articolo di Pier Paolo Segneri
Dal Secolo d'Italia del 23 dicembre 2010
«Ma è vero che sei fascista?». È la domanda che molti fan di Lucio Battisti avrebbero voluto rivolgergli. La risposta fu lui stesso a darla, nel 1974, al giornalista e produttore musicale Renato Marengo. «Ma è vero che sei fascista?», chiese il giornalista a bruciapelo, guardandolo negli occhi, durante un'intervista esclusiva.
Si tratta dell'intervista rilasciata da Battisti nell'arco dei cinque giorni trascorsi da Marengo al "Mulino", poco prima dell'uscita dell'ellepì Anima latina. Ma è vero che sei fascista? Sembra essere questo il climax e il principale dubbio che, fin dall'inizio, arrovella il lettore del libro Lucio Battisti: la vera storia dell'intervista esclusiva scritto da Renato Marengo e appena uscito nelle librerie (Coniglio editore,pp. 174, € 14,50). La preziosa pubblicazione, tra l'altro, è corredata da un bel saggio di Gianfranco Salvatore, uno dei massimi studiosi di Lucio Battisti.
Ma la domanda resta. «Diciamo che lo scopo principale è proprio quello di demistificare alcune situazioni false e anacronistiche di far musica per gli altri, permettendo ad ognuno di ascoltare secondo la propria sensibilità, predisposizione o volontà». Forse la risposta a quella domanda così cruciale non va cercata in una scelta elettorale o in una tessera di partito, ma la soluzione all'enigma sta in tutte le altre risposte di Battisti: quando parla di musica, di testi, di sonorità, di voce, di altro. Quel disco, dunque, per Lucio, rappresentava una svolta, un giro di boa, una rivolta anche allo stereotipo che avevano costruito intorno alla sua figura di artista e di cantante. Ma che cosa cambiava, per lui, con l'uscita di quel suo nuovo disco?
Semplice: «Ho rinunciato alla mia posizione di "leader", ad essere "l'artista", la "voce" che dall'alto della sua fama o abilità o esperienza, dà, zittendo gli obbedienti e sommessi fruitori del disco o del concerto». È una visione di "rottura" rispetto al sistema discografico di quell'epoca, al suo stesso passato e, al contempo, è anche una denuncia di tutti gli ingranaggi distorti di un mondo musicale che stritola le libertà e costruisce falsi miti. «L'anima gli stava diventando latina - afferma Marengo - ed io ero lì con lui proprio mentre questo avveniva e la cosa mi stupiva e mi coinvolgeva». Del resto, già con questo sentimento di reciprocità, Battisti mostrava che «questo disco, al di là della sua concezione melodica, dei suoi effetti sonori, è in pratica il punto di passaggio definitivo tra il mio "ieri" e il "domani". È già un fatto musicale di cui sono soddisfatto, un fatto nuovo, ma è senza dubbio soprattutto un punto di rottura». Lucio Battisti, si sa, era una persona alquanto schiva e restia alla notorietà, alle interviste, alla pubblicità, alle strumentalizzazioni mediatiche e giornalistiche. Convincerlo a rilasciare un'intervista non era per niente facile. Alla fine, però, Renato Marengo trovò la chiave per entrare nel mondo di Lucio. Tanto è vero che, in quel frangente, tra i due, nacquero un'amicizia e una stima non scontate. Battisti si aprì e dichiarò a Marengo il suo punto di vista che, poi, lo porterà lontano dalle scene e dal clamore mediatico: «Un musicista, se la propria musica comunica ed emoziona realmente, non ha nulla da spiegare e null'altro da aggiungere a quello che si ascolta nei suoi lp». Per questa ragione, Renato Marengo ha deciso, proprio ora, di raccontare la storia di quella lunga e memorabile conversazione che venne pubblicata dal settimanale musicale Ciao 2001, il più seguito dai giovani negli anni Settanta.
E così, il libro di Renato Marengo, Lucio Battisti: la vera storia dell'intervista esclusiva, diventa un viatico per trovare la risposta anche alla fatidica domanda: ma è vero che Battisti era fascista? La risposta si trova nel libro e per scoprirlo bisogna leggerlo. Tanto più che il volume si arricchisce di foto rare e d'epoca, delle dichiarazioni inedite dell'artista e dell'ausilio di coloro che furono testimoni di quel memorabile incontro: Claudio Pascoli, Alberto Radius, Toni Esposito, Dario Salvatori e Cesare Montalbetti. Insomma, alla fine del libro, quel che emerge dal profilo tracciato nel descrivere e raccontare le idee, il punto di vista e la musica di Lucio Battisti è la sua ricerca umana ed esistenziale, musicale e artistica. Quello che viene fuori dalle sue stesse risposte è il profilo di un uomo in cammino lungo un percorso di ricerca e di libertà. Era questo il suo connotato politico. Non a caso, Bruno Lauzi. qualche tempo prima di morire, affermò che Battisti era radicale e votava per Pannella, ne avevano parlato in varie occasioni. Ma questo particolare nel libro non c'è. Se si leggono bene le pagine di Marengo, invece, si scopre in Battisti il profilo di un "fascista immaginario". Forse è questa la risposta.
Pier Paolo Segneri
1 commento:
Per il nostro, e il suo engagément a destra (una destra immaginaria, immaginifica e 'immaginale' - alla Corbin), sarebbero state utili (anche se per Lucio non combaciano perfettamente) le parole da contro-outing del ‘nero’ Buttafuoco. Nell’intervista-scandalo del novembre ’99, in risposta al coming-out di Bobbio, al navigato Norberto il pischello Pietrangelo confessava: “…Professore, confessione per confessione, io non sono fascista: sono altro. Ho amato lo scandalo di chi gioca da fascista in questo dopoguerra perché è stata questa la prospettiva più inedita da dove ho potuto fare altro, diventare altro, per leggere e studiare in orizzonti ad altri inaccessibili.” Insomma, alla Gianna Preda (glissando su Freda), Lucio era fascista più che altro per “una forma di civetteria selvaggia.” Fascista in attesa di un ‘rinomina’… O di una nomination (mai di una ‘poltrona’).
Nicola Perchiazzi
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