Articolo di Fiorello Cortiana
Secolo d'Italia, 11 dicembre 2010
Ma internet meriterebbe il Nobel per la Pace o è l'arma-fine-di-mondo che le democrazie dovrebbero imbrigliare? In Italia la politica oscilla tra questi due opposti. Il web è esaltato quando serve a trasmettere nel mondo le immagini della rivolta giovanile iraniana, demonizzato se trasporta i fatali file di wikileaks.
L' emotività del dibattito sulla rete è uno dei sintomi dell'arretratezza culturale del nostro Paese su questo terreno, che si traduce in una tenace resistenza politica e legislativa a ogni azione che promuova la libertà digitale. Il prossimo lunedì, al teatro Franco Parenti di Milano, si svolgerà un incontro promosso dai firmatari del "Manifesto d'ottobre" per cominciare a definire un sistema minimo atto a garantire la natura costitutiva della rete interattiva digitale. Urge disegnare insieme un indirizzo coerente ed efficace per la politica pubblica della rete e per la definizione delle libertà che la dimensione del digitale apre per i cittadini. Alla fine del 2010, anno che il Consiglio d'Europa fissò, con l'Agenda di Lisbona del 2000, come termine entro il quale divenire il continente più competitivo nella società della conoscenza, e dopo l'appuntamento italiano dell'IGF-Internet Governance Forum, il Manifesto di Ottobre promuove un confronto intorno ai nodi della rete e delle libertà. Accesso, condivisione, tracciabilità, privacy, partecipazione informata, beni comuni della conoscenza: il mondo digitale può essere visto come una società orwellianamente controllata, totalitaristicamente panoptica, oppure come una straordinaria opportunità di partecipazione del sapere, di valorizzazione sociale, cognitiva, culturale e anche di nuovi profili di interesse economico. Ma in Italia questi temi che non trovano nella rappresentazione politica giuste parole e adeguate figure: latita un progetto politico e culturale per l'innovazione, sia sotto il profilo delle politiche generali che delle norme legislative e delle infrastrutture.
Oggi per via normativa, giudiziaria o tecnologica vengono spesso discusse la natura dell'accesso alla conoscenza e all'informazione, la possibilità di condivisione così come la possibilità di una partecipazione informata ai processi deliberativi, la neutralità della infrastruttura digitale e l'accesso non discriminato. Invece di promuovere nuovi modelli di business o di nuove forme di partecipazione sociale si cercano di mantenere il controllo informativo e una "scarsità" che la rete non conosce. Invece di una partecipazione informata e consapevole si consentono tracciabilità e profilazioni identitarie assolute in violazione ai diritti fondamentali dell'uomo. Sembra che le potenzialità di questo ecosistema cognitivo siano sgradite alla nostra democrazia. Così, dopo la proposta di un Internet Bill of Rights (una Carta dei diritti di Internet) avviata dalle Nazioni Unite, e insieme all'idea lanciata dalla rivista Wired, con l'autorevole sostegno del professor Stefano Rodotà, di costituzionalizzare il "diritto al web", è necessario agire tempestivamente sul piano degli indirizzi di politica pubblica per un processo di regolazione che non blocchi la natura evolutiva aperta della rete e con essa la qualità della società della conoscenza.
Abbiamo coinvolto esperienze accademiche, delle imprese, della comunicazione e del Parlamento, che sappiamo sensibili ed in sintonia per definire uno schema aperto da sviluppare tempestivamente in rete. Al convegno milanese parteciperanno fra gli altri: Luca Barbareschi, Umberto Croppi, Fiorella De Cindio, Giorgio de Michelis,Paolo Gentiloni, Fabio Granata, Riccardo Luna, Roberto Masiero, Marco Pancini, Roberto Polillo, Stefano Quintarelli, Sergio Scalpelli, Rosario Sica, Claudio Tancini, Vincenzo Vita. Il fine è quello di utilizzare la possibilità offerta dal Trattato Costituzionale Europeo a tutti i cittadini di proporre una Direttiva valida in tutta l'Unione. Un milione di cittadini europei, in rapporto proporzionale alla popolazione degli stati membri, possono dare vita, anche attraverso firme online certificate, a una colossale petizione popolare per scavalchi i confini dei singoli Stati. Partiamo lunedì, attraverso un confronto aperto a tutti.
Fiorello Cortiana
1 commento:
I fenomeni umani, soprattutto quando diventano di massa, vanno studiati, compresi e gestiti, altrimenti si subiscono effetti talvolta devastanti. E' chiaro, da parte mia, che "gestiti" non significa rifarsi ad una visione tipica di quegli stati in cui a dettare uso e consumo era il centralismo democratico, che poi sappiamo bene che tutto era meno che democratico. C'è inoltre un altro aspetto che va affrontato quanto prima, ovvero il ritardo culturale della scuola italiana sul tema. Mentre molti dei loro ragazzi amano i social network e il microblogging, troppi docenti annaspano nell'utilizzo della posta elettronica. Sta diventando siderale la distanza tra docente e studente e questo credo non vada bene. Riguardo poi la libertà di espressione nel web deve essere chiaro a tutti gli operatori dell'informazione, professionisti e non, che la buona educazione e la civiltà dei modi non sono a prescindere. Una bacheca, un blog, un post non possono diventare mai lo sbracamento che prima magari si praticava in osteria.
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