Intervista a cura di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 20 settembre 2011
«Di questi tempi, la priorità della politica è non perdere d'occhio la risoluzione dei problemi degli italiani alle prese con la crisi economica. Detto questo, se proprio vuole, possiamo anche parlare di calcio». Per Ignazio La Russa, avvocato cresciuto nel Msi, ministro della Difesa, discutere dell'avvio stentato dell'Inter non è altro che un trampolino per tornare a soffermarsi sulle passioni qualificanti che hanno segnato il suo impegno in politica: l'amicizia profonda con il "ministro dell'Armonia" Pinuccio Tatarella («un vero regista, l'ultimo nostro numero dieci») e la sfida del rinnovamento in Parlamento e sul territorio con il lancio di nuove leve formate nella destra giovanile. E c'è anche spazio per una non calorosa apologia di Gian Piero Gasperini e per aneddoti sulla candidatura di Peppino Prisco nelle fine del Msi, al Senato, alla fine degli anni Ottanta.
Ministro, partiamo dal caso del giorno. Stasera l'Inter ritorna in campo contro il Novara e Gasperini sembra già destinato a preparare le valigie.
Non partecipo al referendum pro o contro l'allenatore dell'Inter. Il problema è la squadra. Anche perché cambiando il tecnico, non sarebbe mica facile trovare un filotto vincente come nel passato recente con Leonardo. Un esonero potrebbe anche peggiorare la situazione.
L'avvio della stagione appare molto stentato.
La nostra miglior partita l'abbiamo giocata a luglio, nel primo tempo della Supercoppa Italia a Pechino. Per arrivare a quell'appuntamento è stata fatta una preparazione fisica sballata. La Coppa America ci ha portato via molti giocatori durante il ritiro e infine c'è stata la vendita non preventivata di Eto'o. Da qui la stranezza di queste prime settimane di campionato.
Nessun errore in panchina?
Gasperini ne ha commesso uno, e grave: anziché imporre il nuovo credo in tempi ristretti, avrebbe dovuto evitare ogni rivoluzione tattica, procedendo gradualmente nell'introdurre il 3-4-3. Infine non ci sono tutti i giocatori per praticare questo modulo, anche per le assenze e gli infortuni di Chivu e Maicon. Il passaggio da una piazza come Genova al clima rovente di San Siro non è stato da poco. Adesso diamogli tempo.
Quanto?
Fino alla sosta della serie A. Solo allora tireremo le somme.
Politica e calcio. Nei consigli dei ministri commentare i risultati della domenica può generare qualche cortocircuito?
No. Nascono però siparietti divertenti, sfottò. Il premier è milanista. Fa sempre il super partes, senza riuscirci, perché è tifoso come noi... Altero Matteoli uno juventino sfegatato, Giorgia Meloni romanista come Maurizio Gasparri. Ho visto il pari a San Siro con i giallorossi e il mio umore non ne ha avuto grande giovamento...
Con Andrea Agnelli, presidente della Juventus, ci sono state scintille.
Gli ho solo detto di non vergognarsi della sana rivalità sportiva, quella senza cattiveria. Non conosco il dirigente bianconero, ma non deve dire piccole bugie su Chievo-Inter. L'anti-interismo degli ultimi mesi è studiato a tavolino. È un sentimento, su una storia di sei anni fa, alimentato per rincuorare la propria tifoseria che in questi anni non ha avuto molte soddisfazioni. E tutto questo esaspera il clima. Non ho mai festeggiato lo scudetto del 2006, ma non potevamo non accettarlo quando ci è stato assegnato.
Una volta esisteva lo stereotipo che classificava a destra i tifosi dell'Inter e a sinistra quelli del Milan. Adesso?
Queste divisioni si sono andate affievolendo con il tempo. Ma resta la grande vicinanza della destra ai nerazzurri. Franco Servello era nel cda del club e poi Peppino Prisco, che non ha mai nascosto le simpatie per la fiamma e Almirante, era stato sul punto di candidarsi con il Msi al Senato alla fine degli anni Ottanta.
Nella sua famiglia tutti tifosi dell'Inter?
Mio fratello Romano è milanista, Geronimo - come tutti quelli che non sono appassionati - è in bilico tra le due squadre meneghini, mentre gli altri due miei figli sono nerazzurri di stretta osservanza.
È nota l'idiosincrasia di Pinuccio Tatarella per il calcio. Non è mai riuscito a portarlo allo stadio?
No, sarebbe stata un'impresa impossibile, nonostante la grande amicizia e l'affetto che ci legava. Non seguiva il calcio, ma mutuava da questo sport incoraggiamenti per noi giovani. Nel 1992, in piena bagarre per Mani Pulite, si complimentò con me per una intervista sul "Corsera" sui rapporti con il pool dicendomi: «Ignazio, stavolta hai fatto un bel gol».
Nel mondo del pallone le nuove leve nascono nei vivai. In politica?
Più che le scuole di formazione conta la voglia nei partiti di far crescere i giovani. E' per me motivo d'orgoglio aver puntato su talenti come Viviana Beccalossi, Massimo Corsaro, Stefano Saglia, Pier Francesco Gamba e su tanti under trenta del partito in Lombardia, tutti provenienti dalle fila della destra. Non sono frutto del caso, ma di un percorso nel quale è stato consentito loro di esprimere in pieno il loro valore.
Un "Pirlo" per il Pdl?
È un giocatore con una storia particolare, dall'Inter al Milan fino alla Juventus. Al momento non vedo nessuno in politica con le sue caratteristiche. Il ruolo di regista, dopo Pinuccio Tatarella, a destra non ha avuto molti interpreti. Oggi vanno di moda centrocampisti con altre qualità, che magari eccellono nella corsa...
A cura di Michele De Feudis
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