Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 15 novembre 2011
Un commissario tecnico come un raffinato disc jockey in grado di mixare sonorità differenti, dando emozioni alla pista. E’ questo il ruolo che sta svolgendo con grande equilibrio e con risultati al momento molto positivi l’allenatore degli azzurri Cesare Prandelli. Non a caso la partita amichevole che gli azzurri disputeranno domani all’Olimpico di Roma contro l’Uruguay sarà un momento di coesione nazionale, prezioso in un periodo di grande fibrillazione del sistema politico. E sugli spalti è preannunciata la presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Squadra simbolo
Dopo la prova convincente dei suoi contro la Polonia a Breslavia, Prandelli ha confermato, oltre che un lucido timoniere della squadra, di avere piena consapevolezza del ruolo che gli sportivi possono svolgere in queste fasi: «Martedì (oggi n.d.r.) dobbiamo fare la nostra parte – ha spiegato dopo la gara il ct - per l'Italia è un momento difficile e particolare, ma dobbiamo stare tutti uniti come questa squadra. Ho detto ai ragazzi, prima del fischio, che ci tenevo particolarmente a queste due partite e non solo per il calcio. Pensavo anche al momento del Paese: spesso si accusano i giocatori di esser viziati, ho detto loro stasera siate generosi. E credo che tutti insieme abbiamo regalato un sorriso a chi ci seguiva dall'Italia». L’appello alla generosità è stato un modo efficace di toccare certe corde dell’italianità, quella forza interiore che ha consentito al popolo tricolore di superare tanti ostacoli e di ambire a primeggiare, non solo nel calcio, per creatività, genio ed efficienza.
Un calcio alle mafie
Domenica Buffon e compagni si sono allenati a Rizziconi, un comune in provincia di Reggio Calabria: simbolicamente i campioni azzurri hanno dato un calcio alle mafie, portando un messaggio di legalità in un territorio – la Piana di Gioia Tauro – avvelenato dalle infiltrazioni criminali. “Il potere dei segni positivi contro i segni del potere, inteso come supremazia mafiosa”: don Luigi Ciotti di Libera gongolava a bordo campo, felice che la manifestazione si svolgesse su una struttura costruita su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta. Anche in questo caso l’interventismo di Prandelli è stato lucido: “Qui abbiamo allenato i nostri valori. Questa gente non va lasciata sola. La squadra ha capito cosa conta sul serio nella vita. Andiamo via arricchiti”. La presenza accanto a Pirlo e compagni dei genitori di Domenico Gabriele, bambino ucciso a nove anni per errore in un campo di calcio a Crotone, e della figlia dell’imprenditore Nino Princi, morto in seguito ad un attentato dinamitardo, riaffermano l’impegno nella società dei calciatori e della Nazionale: la fama per le gesta sportive, infatti, può diventare uno strumento potente per veicolare messaggi differenti, indispensabili per riedificare una nuova etica in territori così difficili. Gianni Brera, ne “Il mestiere di calciatore” (Book Time) affermava infatti che “il calcio è straordinario proprio perché non è mai fatto di sole pedate”.
Superato il test senza Cassano e Rossi
Prandelli non ha perso fiducia nel suo progetto nemmeno dopo i due pesanti forfait di due pedine essenziali su cui aveva rifondato la Nazionale dopo il fallimento di Marcello Lippi in Sudafrica: gli infortuni che terranno lontani dall’azzurro Antonio Cassano e Peppe Rossi hanno sostanzialmente obbligato il ct a ripensare schemi e uomini dell’attacco. Il test con la Polonia ha mostrato che nulla è perduto, anche grazie a due figli dell’Italia multietnica: il palermitano di origini ghanesi Mario Balotelli, e l’oriundo Osvaldo sono le due frecce che andranno a potenziare la balistica della squadra.
Il ritrovato Balotelli
I meriti di Prandelli non sono solo tecnici. L’allenatore di Orzinuovi considera l’irregolarità de talento indispensabile per rendere imprevedibile la manovra: “A me piace avere una squadra organizzata, capace di costruire l’azione fino ai 35-40 metri dalla porta avversaria. Poi, in quella zona del campo ci vuole fantasia, follia: lì ci vuole anche libertà assoluta per i giocatori che sentono di poter prendere l’iniziativa». Questa premessa spiega perché ha sempre difeso a spada tratta sia Cassano che Balotelli, accompagnandone la loro sorprendente maturazione. “A diciannove anni c’è un percorso che un ragazzo deve fare: se punti su un giovane di grande talento devi mettere in preventivo che il percorso è questo. Noi abbiamo fatto questa scelta e basta”. Non ha avuto mai nessuna indulgenza nei confronti delle bischerate dei due talenti azzurri, ma allo stesso tempo ne ha forgiato il carattere, al punto da ritrovarsi nell’ultima gara a Breslavia, un Super-Mario versione trascinatore, consapevole delle sue responsabilità nei confronti del gruppo e decisivo nel computo finale della sfida. Ai facili moralismi suggeriti dai soliti Soloni, Prandelli ha preferito la strada in salita della perseveranza, e così il calcio italiano si ritrova campioni che qualcuno avrebbe voluto depennare per qualche intemperanza extracalcistica.
Largo ai giovani
L’arma in più verso gli Europei potrebbe venire dall’inserimento di giovani che stanno ben figurando in campionato. Prandelli tiene sotto osservazione molti candidati ad avere una opportunità di emergere nella selezione maggiore: tra questi meritano una menzione Bonucci, Ogbonna e Giovinco. Il primo è ripartito da zero con Antonio Conte alla Juventus: dalla panchina ha riconquistato il posto da titolare e adesso spera di recuperare terreno anche in azzurro. Il secondo è il gioiello del Torino: il colosso di Cassino esordirà stasera all’Olimpico, mostrando, per chi non lo conoscesse, di che pasta è fatto. Infine la “Formica atomica”, assente nelle ultime due amichevoli per guai muscolari, resta un fantasista dai colpi straordinari, cresciuto in maniera esponenziale lontano da Torino e dall’ombra troppo ingombrante di Alessandro Del Piero.
Michele De Feudis
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