Articolo di Errico Passaro
Dal Secolo d'Italia del 28 novembre 2011
"Quando il fumetto diventa arte": è uno slogan quasi obbligato per definire Il seme della follia dei francesi Civiello e Mosdi (Magic Press, pp. 192, € 17).
Ogni descrizione tradirebbe l'impressionante realismo pittorico di questa opera fantaeroica: ci limitiamo a citare le splendide tavole a doppia pagina dipinte su una sorta di pergamena, con ritratti di nani e guerrieri cuciti insieme da intrecci celtici, motivi floreali e glifi, e le didascalie vergate a carattere gotico che spiccano su accecanti esplosioni di luce. Il seme della follia è la storia di una sanguinosa partita a scacchi (in senso letterale) fra il Bene, incarnato da Merlino, e il Male, rappresentato dal corrotto Oberon; la partita si gioca su diversi piani temporali. Una delle mosse dei giocatori è la cerca del cuore di cristallo, un oggetto dal potere oracolare che influisce sulla trama stessa del tempo; i pedoni di questa partita sono gli abitanti del mondo di Faerie: esseri fatati (goblin, troll, elfi, folletti, fate, streghe, alchimisti), creature metamorfiche (funghi trovatori, lucine della notte, scudi parlanti, castelli che prendono vita e si mutano, al modo in le automobili diventano robot in "Transformer"), pericoli reali (draghi, aracnidi smisurati, vermi marini semiciechi, donne-corvo, demoni a cavallo) e illusori (le evocazioni di oro, donne, libri rari, che insidiano i protagonisti ognuno secondo le proprie debolezze).
Ecco, la cerca ha proprio questo valore, quello di fortificare i protagonisti attraverso il superamento di una serie di prove simboliche, giungendo al punto in cui potrà esser detto al protagonista principale che «quello che ancora non sapevi lo hai appreso lungo il cammino per giungere a me». Il percorso di crescita spirituale è enfatizzato dal livello infimo da cui partono i tre personaggi principali (il troll nasone Igguk, la fattucchiera Cornelia; il tasso parlante Odymus). La coppia Civiello-Mosdi li descrive come soggetti grotteschi, buffi e apparentemente felloni, che però si riscattano in imprevedibili atti di coraggio. Dal punto di vista dei disegni, queste caratteristiche vengono rese con figure che sembrano quelle di uno Jacovitti pitturato a colori. Dal punto di vista dei testi, l'effetto comico («studiato alla scuola della risata», si dice all'interno della storia stessa) è ottenuto con una sfilza di esclamazioni, epiteti ingiuriosi e parolacce. Abbiamo, quindi, un fumetto che non si propone solo di essere un piacere per gli occhi, ma anche di indurre i lettori a sviluppare riflessioni sui grandi temi del pensiero. Un primo spunto riguarda la scienza e la conoscenza: «Gli umani vedevano in Faerie la forza dei poteri magici incomprensibili e perciò ostili», si legge, a significare l'eterna diffidenza dell'uomo verso ciò che non si lascia facilmente incasellare in qualche nozione nota e rassicurante in questo senso. La magia fuori controllo più volte dispiegata ne Il seme della follia sembra la metafora di ogni energia indomabile, ieri la natura, oggi l'atomo, domani chissà. Un secondo motivo conduttore è quello del potere: a un certo punto, si legge: «Poiché la cupidigia degli uomini già fremeva. nacque un male ancora più orribile: il Potere», a ricordarci che dagli albori al tramonto della civiltà la molla primaria delle azioni umane è stata e sempre sarà la brama di possesso e il desiderio di affermazione sui propri simili. Un ultimo oggetto di riflessione è la religione: partendo da una citazione come questa - «Gli uomini giudicano troppo arduo affrontare il mistero. Questo dio che cancella i loro errori, in cambio di semplici confessioni. Essi forgiano il dio secondo i loro desideri» - emerge senza ingombri e rallentamenti alla lettura il tema del confronto-scontro fra la spiritualità antica dei pagani, basata sulla soggezione dell'uomo alle forze divine, e quella emergente dei cristiani, basata su una specie di fede "alla carta", la simpatia dell'autore sembra andare alla più genuina e innocente religiosità politeistica.
In conclusione, possiamo dire (anzi, ribadire) che il fumetto, anche quando descrive mondi di fantasia, parla sempre di noi, del nostro mondo, della nostra società e della nostra moralità, e si propone come uno strumento flessibile, capace di unire l'intrattenimento alla diffusione di un alto messaggio culturale. Sarebbe ora che anche i redattori dei programmi di ogni scuola e grado se ne accorgessero, inserendo specifiche letture nell'ambito degli insegnamenti letterari e accompagnandole a discussioni in aula e magari a qualche esercitazione di gruppo.
Errico Passaro
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