Articolo di Michele De Feudis
Dal Secolo d'Italia del 26 novembre 2011
«Ho cominciato a fare fumetti perché m'interessava raccontare delle cose… Il mio ultimo personaggio disegnato è Pompeo, un personaggio angosciatissimo che si ammazza per ben due volte… Una storia invendibile. Inventarsi una storiellina graziosa, futile, che possa essere venduta in più Paesi, non mi ha mai interessato»: chissà se Andrea Pazienza, autentica rockstar del fumetto scomparsa a soli 32 anni nel 1988, presentando alla rivista Vouge Italia il profilo del protagonista della sua ultima storia illustrata, poteva mai immaginare il successo che avrebbe avuto negli anni a venire.
L'opera - Gli ultimi giorni di Pompeo - adesso ristampata dalla Fandango (pp. 125, euro 20), è il testamento ideale dell'autore, alle prese con la dipendenza dall'eroina, paradigma di tante forme di ossessioni moderne, da quelle legate ai disturbi del cibo alle neo patologie dell'abuso del web.
«Pompeo è chiaramente un personaggio autobiografico. Ho iniziato questa storia in un momento di grande delusione e di grandissima crisi, momento in cui ho lasciato Bologna e mi sono ritirato in campagna a fare vita quasi monastica»: l'artista spiega così l'anima contrastata del personaggio, sofferente per il nichilismo che lo circonda. Vincenzo Mollica nell'introduzione all'edizione di Pompeo pubblicata dalle Edizioni del Grifo nel 1987 offre una interessante testimonianza sul contesto nel quale nasce la riflessione interiore che Pazienza riversa nel fumetto: «Fu in una mattina assolata del 1984 ad Ascona in Svizzera che vidi i primi dieci fogliettini di Pompeo», erano «un abbozzo di storia che Andrea Pazienza aveva cominciato a stendere con il coraggio e la tenacia di chi sa di avere di fronte uno dei problemi più drammatici del nostro tempo. Pazienza aveva deciso di affidare a un pennarello nero e a dei fogli quadrettati il vortice delle emozioni, dei dubbi, dei turbamenti, degli incubi che affastellavano il suo cervello». Pazienza in questo libro «ha raccontato un inferno». L'autore di San Severo pubblicò le avventure di Pompeo a puntate, su varie testate dell'arcipelago delle riviste specializzate in nuvole parlanti: l'esordio avvenne sul mensile Alter Alter, con cinque puntate tra aprile e dicembre 1985. Il disegno delle tavole contiene costanti riferimenti alle vicissitudini di Paz, agli amori come ai traslochi. La vis creativa in quel periodo tornò brillante grazie all'incontro con Marina Comandini, che successivamente divenne sua moglie (molti disegni della storia furono realizzati nell'abitazione romana della compagna).
Le alterazioni dello stato mentale di Pompeo forniscono a Pazienza l'occasione per far rivivere spezzoni di ricordi (gli oggetti della sua casa bolognese in un delirio volante) e tante citazioni letterarie. La frequentazione con il giovane poeta veneto Moreno Miorelli favorì i numerosi richiami ai poeti russi della rivoluzione. Genio della matita nemmeno trentenne, impastava nel canovaccio delle tavole suggestioni futuriste, passaggi di Hemingway, Pasternak, Blok e Byron, tributi a fumettisti a lui cari come Jacovitti. La sua cultura di riferimento era irregolare e anticonformista, con riferimenti politicamente scorretti. Pazienza scandagliava la letteratura alla ricerca di ispirazione da autori che avessero la sua stessa forza mitopoietica. Non a caso, in una poesia, scriverà: «Amo Ezra Pound, fascista (…) e Balla Boccioni Segantini Severini Carrà e Marinetti Filippo Tommaso, fascisti, Sironi". Franco "Bifo" Berardi, leader dell'Autonomia Operaia bolognese, città nella quale il pugliese visse alla fine degli anni Settanta, lo descrive come un osservatore dell'inquietudine giovanile: «Pazienza veniva dal suo raffinatissimo mondo un po' barbarico, quello stesso dal quale proviene D'Annunzio, (…), un mondo primitivo e ombroso dal quale sbucano fuori personaggi giganteschi, che però rimangono un po' ai lati della scena, a guardare quello che accade per raccontare, favoleggiare, mitologizzare. Non credo che Andrea partecipasse alle assemblee, personalmente non me lo ricordo in quel contesto». La sua sensibilità politica, dunque, non era declinata nella militanza ma nel descrivere con un tratto ora lineare ora vorticoso le pulsioni di una gioventù ribelle, priva di certezze del futuro e predisposta a terminare la propria corsa nel tunnel dell'alienazione. Uomo libero, ostile al luogo comune che vorrebbe l'artista ossessionato dal denaro (nell'ultima tavola di Pompeo spiega: «Non ho mai pensato al soldo mentre disegnavo, casomai subito prima, o subito dopo, mai durante") consegnò a questa novella una radiografia del dolore. «La sofferenza - argomentò al riguardo Pazienza - è un pianeta splendido in cui indagare ed è motivo di mille e mille possibili peregrinazioni nel campo dell'indagine». La dissoluzione del personaggio, raffigurato nella copertina come una icona medievale contornata da aureola, con la sua tragica fine, però, è accompagnata da una straordinaria voglia di evadere, una via per rimettersi in cammino indicata con i versi della poesia Le onde di Boris Pasternak: «…dove io non ricevo alcun resto in vita spicciola dall'esistenza, ma segno solo ciò che spendo, e spendo, tutto quello che conosco».
Michele De Feudis
1 commento:
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http://www.fumettodautore.com/magazine/critica-dautore/3136-qpompeoq-metafora-di-unossessione-e-suggestione-futurista
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