Articolo di Luigi G. de Anna
Dal Secolo d'Italia del 24 febbraio 2012
Sessanta anni fa, il 26 novembre del 1952, moriva Sven Hedin (era nato il 19 febbraio del 1865), l'esploratore svedese ultimo grande rappresentante della "scoperta" occidentale in Asia. Diventato famoso per aver individuato le fonti dell'Indo e del Bramaputra, soffrì negli ultimi anni della sua vita dell'ostracismo conseguenza delle simpatie da lui nutrite per il nazionalsocialismo. Al contrario di altri suoi connazionali come August Andrée o N.E. Nordenskiöld (sarà proprio la vista del trionfo a Stoccolma di Nordenskiöld a spingerlo, aveva solo quindici anni, alla ferma determinazione di esplorare una parte del mondo), resterà affascinato non dai deserti dell'Artico ma da quelli dell'Asia.
Nel 1889 termina gli studi intrapresi a Uppsala e a Berlino, dove era stato allievo del grande geografo Ferdinand von Richthofen. Nel 1890, dopo essere stato nominato attaché presso l'ambasciata di Svezia a Teheran, prende congedo per esplorare il Khurasan e il Turkestan cinese. Le prime, importanti spedizioni sono intraprese tra il 1893 e il 1909. Hedin raggiunge l'Asia centrale, l'Ural, il Pamir, il Tibet e la Cina, raccogliendo una immensa mole di dati geografici e cartografici (già in occasione del primo viaggio aveva disegnato ben 552 carte), ma anche geopolitici, che saranno di grande utilità per le potenze occidentali che in questi anni stanno attuando la loro penetrazione nell'Asia continentale. Il viaggio del 1893-1897 è quello che lo vide affrontare la "marcia della morte" fatta nel deserto di Taklimakan, dove la temperatura toccava i 63,5 gradi e dove due delle sue guide e tutti i cammelli morirono di sete. Riuscì a raggiungere un lago e a portare l'acqua alla sua guida oramai agonizzante, trasportandola nello stivale. Fu il primo occidentale a tornare da questo deserto.
Esplorò la regione del Pamir e dello Xinjiang fino a Lop Nur. Questo viaggio lo rese famoso, tanto che il britannico Geographical Journal lo definì il più grande esploratore dell'Asia dopo Marco Polo. Due anni più tardi, nel 1899, riparte con lo scopo di percorrere aree dell'Asia centrale ancora non tracciate nelle carte geografiche e di visitare il Tibet, fedele all'imperativo che si era dato "vai là dove nessuno è mai stato prima". Cercò di entrare a Lhasa travestito da mercante mongolo, camuffamento che però non ingannò le guardie della città che gli imposero di tornarsene se non voleva che gli tagliassero la testa. Raggiunse nuovamente Lop Nur, dove investigò la vera natura del "Lago errante", che doveva il suo nome al fatto che nel corso dei secoli aveva cambiato di sede, un fenomeno che Hedin scoprì essere dovuto alla sabbia accumulata che lo faceva traboccare nel terreno sottostante.
Il suo resoconto venne pubblicato nel 1941 in italiano da Einaudi. In occasione di questo viaggio scoprì anche le rovine dell'antica città di Loulan, abbandonata nel IV secolo d.C. Nel 1905 ritenta la spedizione tibetana, questa volta con successo nonostante venisse ostacolato dalle autorità inglesi, evidentemente timorose che potesse aprire nuovi canali diplomatici con il Paese himalayano. Fu il primo occidentale a entrare nell'allora città proibita di Lhasa, dove riuscì a stringere un vera amicizia con il giovane Dalai Lama, il che gli permise di visitare quasi l'intero Tibet. Fu infatti instancabile viaggiatore, tanto da superare per otto volte la catena dell'Himalaya e da accumulare una distanza percorsa di 26.000 chilometri, e cioè superiore a quella che separa i due poli.
Tornato in patria nel 1908 lo aspetta una lunga pausa, fino al 1927, quando venne incaricato di dirigere una spedizione internazionale nel Xinjiang e nella Mongolia esterna. Questa volta il pericolo maggiore è rappresentato dalla guerra civile che divampa in Cina, tanto che ebbe a scrivere: «Mi sento essere un pastore che deve proteggere il suo gregge dai lupi, dai banditi e soprattutto dai governatori». Chang Kai-shek lo incaricò di studiare la possibilità di costruire una strada carrozzabile che ripercorresse l'itinerario della Via della Seta.
L'appoggio del generalissimo cinese fu peraltro essenziale per il successo della missione, terminata nel 1935. Fu il suo ultimo viaggio. Nel 1904 Sven Hedin ebbe l'onore di essere l'ultimo cittadino svedese a essere nobilitato, infatti dopo di lui il re di Svezia cesserà di concedere titoli nobiliari. Fu scrittore e saggista molto prolifico, con i suoi 65 volumi e le 25.000 lettere mandate a colleghi, amici e semplici corrispondenti. Il timore di una espansione prima zarista e poi bolscevica lo portò a simpatizzare per la Germania. Sono peraltro gli anni in cui una parte della cultura svedese riscopre le proprie radici "nordiche" e lo scandinavismo diventa la controparte del teutonismo germanico. È interessante ricordare che Hedin sarà in seguito emarginato per le sue simpatie filo-naziste, ma il suo libro del '37 non fu mai pubblicato in Germania perché aveva egli stesso radici ebraiche e aveva criticato le persecuzioni nei confronti degli ebrei. Hedin comunque non rinnegherà mai la posizione filo-tedesca da lui assunta, anche con i suoi scritti, non ultimo il pamphlet anti-Roosvelt del 1942 (Amerika im Kampf der Kontinente, pubblicato a Lipsia). Su Hedin agì in maniera fondamentale il legame con Karl Haushofer, il fondatore della geopolitica moderna. E come Haushofer, anche Hedin merita di essere "riscoperto" e di riaffiorare alla cultura europea. Proprio come fece il suo lago errante.
Luigi G. De Anna
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