Dal Secolo d'Italia del 10 giugno 2012
Angela era bella come Eva Kant ed elegante come Altea di Vallenberg. Tanto da farsi notare come modella nella Milano bene che ancora non era da bere. Luciana, sei anni più giovane della sorella, a parere di chi le ha conosciute bene, era meno ribelle ma tutt'altro che conformista e altrettanto determinata.
Parliamo delle sorelle Giussani, naturalmente. Perché oggi Angela, la più grande, nata nel capoluogo lombardo il 10 giugno del 1922, avrebbe compiuto novant'anni. Troppi, forse, per la mamma di tutti i neri. Come altro definire la creatrice di Diabolik, il primo della famiglia, numerosa e non sempre fortunata, degli impresentabili k? Se n'è andata nel 1987, ben prima della pensione, affidando quel figliolo in calzamaglia, già grande e famoso, alle cure amorevoli di Eva ed editoriali di Luciana, venuta a mancare anche lei nel 2001. Se Angela l'aveva tenuto a battesimo nel novembre 1962, l'avevano cresciuto insieme, scrivendo le storie a quattro mani, scambiandosi personaggi e sceneggiature. Nella vita reale, di sangue e fatica più che di carta e inchiostro, la vera avventura di Angela, ancor prima che il re del Terrore vedesse la luce delle edicole, era stata dare vita a una casa editrice, l'Astorina, piuttosto che accomodarsi in quella del marito, l'editore Gino Sansoni, fascista e mussoliniano non pentito. Non è un caso, del resto, se al nemico storico di Diabolik diede proprio il nome del marito, appena modificato con l'immancabile k: Ginko. Da Gino si separò, dall'ispettore Ginko mai. È in Diabolik, però, che c'è molto di Angela. Così parlò Mario Gomboli, storico collaboratore e direttore, dalla fine degli anni Novanta, della testata. «Angela trasferiva nel personaggio rivendicazioni personali, bisogno di indipendenza, un'aspirazione all'autonomia anarcoide e provocatrice». Le era bastato vedere i pendolari che affollavano le vie limitrofe alla Stazione Nord di Milano - l'Astorina aveva sede a Piazza Cadorna - per capire che quei viaggi in treno, spesso brevi e scomodi, potevano essere "alleviati" dalla lettura di storie dal ritmo narrativo veloce e in perfetto stile giallo, meglio ancora se offerte in un formato piccolo, talmente comodo da poter infilare l'albo in tasca.
La nascita dei pocket nel 1962
Nascevano così i pocket neri che, negli anni a seguire, avrebbero conquistato l'immaginario collettivo. Sgombrate le edicole dagli eroi umanitari, tanto buoni quanto noiosamente prevedibili, a conquistarsi la scena - del crimine - era Diabolik, il primo cattivo a sovvertire l'ordine delle cose, ovvero a vincere. Altro che Robin Hood e ridistribuzione del redditto, il nostro ruba ai ricchi, sì, ma tiene per sé, accumula capitali. Evasore totale, diremmo oggi. Con una sua etica, certo, ma incompatibile con le Grandi Cause. Individualista in epoca di ideologie totalitarie, appassionato di auto sportive - la mitica Jaguar E-Typenera - in barba alle utilitarie di fantozziana memoria, Diabolik incarnava le caratteristiche predilette dai giovani di destra: cura del corpo e dello stile, autocontrollo, combattività, coraggio, abilità nell'uso delle armi, soprattutto quelle bianche. Di sicuro, Angela Giussani non ricorse mai all'arma dell'erotismo e della violenza gratuita per vendere più copie. Malgrado questo, denunce, sequestri e attacchi mediatici non mancarono e il sempre più frustrato Ginko, nella sua guerra a Diabolik, trovò ostinati alleati nei procuratori della Repubblica. Lui voleva semplicemente assicurarlo alla giustizia, loro, invece, cancellarlo dalle edicole. A distanza di cinquant'anni, il re del terrore è ancora lì, appena un po' imbolsito, la credibilità di cattivo minata da qualche imbarazzante campagna pubblicitaria e persino sociale, l'accusa ricorrente di essersi arreso al politically correct, persino di buonismo. Però è lì, nella sua calzamaglia attillata malgrado l'età. Lunga vita a Diabolik.
Roberto Alfatti Appetiti
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