Dal mensile Area, maggio 2001
A luglio saranno trascorsi cinquant’anni dalla pubblicazione di The catcher in the rye, il celeberrimo romanzo di Jerome David Salinger, il libro in assoluto più amato dalle giovani generazioni del secondo dopoguerra.
Quanti di noi non si sono appassionati alle stravaganti ed esilaranti avventure di Holden Caulfield, il diciassettenne che dopo essere stato espulso dal prestigioso college Pencey, piuttosto che tornare a casa ad affrontare i genitori, preferisce ciondolare per New York, ubriacarsi e incontrare amici e prostitute (senza poi consumare), meditando idee di fuga? Chi non si è immedesimato con questo giovane sensibile sino alla disperazione, anticonformista e problematico?
Il romanzo ebbe un immediato, straordinario e ininterrotto successo, rarissimo caso di long-sellers permanente, ed è uno dei più venduti al mondo nella storia della letteratura. Tradotto in venticinque lingue, il libro vende ancora oggi, soltanto negli Stati Uniti, qualcosa come duecentocinquantamila copie l’anno, mentre è assai difficile tenere il conto delle vendite complessive, che ha superato da tempo i sessanta milioni di copie.
In Italia, dopo una prima traduzione nel 1952, con il titolo Vita da uomo (Ed. Casini), divenne popolare come Il giovane Holden (Einaudi 1961), oggi riproposto in una nuova edizione rilegata.
La scelta di affidare al protagonista l’onore e l’onere di dare il proprio nome al romanzo fu dettata principalmente dall’oggettiva difficoltà di tradurre il titolo originale, che letteralmente suonerebbe come l’acchiappatore nella segale. Il catcher, “il prenditore”, è una figura ricorrente nell’immaginario statunitense: è infatti uno dei giocatori della squadra di baseball, più esattamente è colui che, munito di guantone, corazza e maschera, afferra la palla tirata dal lanciatore quando il battitore non riesce a respingerla con la mazza. Rye è un popolare tipo di whisky ottenuto dalla fermentazione della segale.
E’ lo stesso protagonista che, rivolgendosi all’amata sorellina Phoebe, rivela la sua vera vocazione, e chiarisce ai lettori il significato dell’insolita definizione. Da bambino Holden aveva sentito cantare una vecchia canzone scozzese, il cui primo verso se lo ricordava così: «If a body catch a body coming through the rye [Se una persona afferra una persona che viene attraverso la segale]». In realtà quello di Holden è un ricordo storpiato, il testo della canzone è inesatto. E’ questo verso, pur strapazzato, del grande poeta scozzese Robert Burns, a suggestionarlo, a fargli immaginare un gruppo di bambini che giocano nella segale, accanto ad un dirupo. «E’ l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare», confessa Holden, «lo so che è una pazzia […] mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera […] migliaia i ragazzini e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo far altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale».
Il giovane, nel rivelare il proprio desiderio di salvare i bambini e la loro purezza dalla contaminazione con il mondo degli adulti, esprime tutta la propria inquietudine, la richiesta di essere a sua volta salvato.
Eppure il romanzo fu subito imbracciato dai contestatori di sinistra come se si trattasse di un breviario del giovane rivoluzionario, dando al malessere di Holden Caulfield una valenza politica antisistema, facendone un comunista in armi contro le istituzioni.
Una strumentalizzazione goffa ma efficace in quegli anni di confusione, nei quali ad un conformismo perbenista si andava contrapponendo un altro, nuovo e peggiore conformismo, più terribile e spregiudicato nel piegare ogni espressione di disagio alla propria visione del mondo e nel respingere come illegittima e pericolosa ogni idea non organica ai propri dogmi.
Quella del protagonista è invece una rivolta individuale e, se vogliamo, spirituale. E’ un viaggio interiore dettato da motivazioni prevalentemente private, come la morte del fratello minore, molto amato, la cui assenza-presenza aleggia per tutto il romanzo, e da una delicatezza di spirito che lo rende ansioso di fronte all’incontro-scontro con l’età matura, le regole, le responsabilità.
Soprattutto avverte l’ipocrisia delle convenzioni sociali, trova inaccettabile l’essere costretto a ripetere ogni volta: «piacere d’averti conosciuto a qualcuno che non ho affatto il piacere d’aver conosciuto». «Devi dire queste cose se vuoi sopravvivere», è quest’amara considerazione a crucciare il nostro giovane amico.
Sono in definitiva proprio quelle “ragioni private”, che la generazione del Sessantotto, tacciandole come forme di “egoismo sociale”, certamente non riteneva utili per dichiarare la propria guerra al mondo, le spine che rendono inquieto il giovane Caulfield. La conflittualità del protagonista non ha connotazioni politiche. Lo sostiene anche Ennio Ranaboldo nel suo Invito alla lettura di Salinger (Mursia 1999): «essa è assai più il prodotto di una crisi esistenziale giovanile che non il veicolo di un qualunque messaggio rivoluzionario […] Salinger non prescinde mai dalle responsabilità morali dell’individuo per formulare generici attacchi all’establishment».
Se appare pertanto del tutto arbitrario aver fatto del giovane Holden l’ennesima icona della sinistra militante, è senz’altro più difficile e azzardato arruolarvi Jerome David Salinger, l’uomo che dal 1953 ha chiuso ogni rapporto con il mondo, preferendo vivere blindato a Cornish, una località isolata tra le montagne boscose del New Hampshire, determinato a difendere la propria privacy sfruttando tutti i metodi consentiti, dalle imponenti recinzioni della propria villa ad una folta schiera di avvocati, pronti a dare battaglia nelle aule di tribunale di tutto il mondo.
A soli trentaquattro anni ha scelto di uscire di scena, quasi infastidito dal successo di The catcher on the ray, ha chiesto ed ottenuto che dalla terza edizione a seguire venisse persino eliminata la sua fotografia dal retro di copertina. Sono poche le notizie sulla sua vita.
Nato a New York nel 1919 da famiglia benestante, si diploma presso l’accademia militare Valley Forge in Pennsylvania. Agli studi universitari tradizionali preferisce frequentare i corsi di scrittura creativa di Whit Barnett, suo primo mentore, fondatore e direttore della rivista Story che, all’inizio del 1940, pubblica il suo primo racconto. Nel 1941 riesce a farsi pubblicare dal prestigioso The New Yorker.
Nonostante le luminose prospettive di carriera che gli si aprono davanti, Jerome non esita ad arruolarsi nell’esercito, volontario nonostante una malformazione cardiaca, dove viene destinato a delicati servizi di controspionaggio in Europa. Congedato nel 1945, riprende la sua attività pubblicando regolarmente i suoi racconti sui giornali più diffusi dell’epoca.
Salinger si manifesta subito come uno scrittore sui generis, rifiuta ogni incarico accademico, non accetta i tradizionali inviti che le università rivolgono agli scrittori nei semestri estivi, non accetta cioè di fare lo writer in residence, non partecipa a convegni, conferenze, seminari, occasioni che costituiscono, negli Stati Uniti in particolare, appuntamenti utili per uno scrittore che voglia fare carriera.
Nel 1948 scrive il suo racconto più famoso e struggente: Un giorno perfetto per i pesci banana. Qui il pubblico fa la conoscenza di Seymour Glass, il personaggio chiave di quella che sarà una vera e propria saga, quella dei Glass, una famiglia newyorkese. Seymour, il maggiore di sette fratelli, è un uomo tormentato, che ha passato, dopo la guerra in Europa, un lungo periodo in un ospedale militare, e porta con sé il segno di uno schiacciante annichilimento fisico, dal quale non riesce a risollevarsi. Il racconto è incentrato sull’incontro, sulla spiaggia, con una bambina di sei anni, Sybil. Nasce tra i due un’amicizia breve, pura ed intensa, nella quale il protagonista sembra ritrovare per qualche attimo la serenità perduta. Seymour fa notare alla bambina che in acqua c’è un singolare tipo di pesce che, dopo aver mangiato troppe banane, non riesce più ad uscire dalla tana ed è pertanto destinato a morire.
E’ evidente il ricorso alla metafora. Quella di Salinger è una critica corrosiva nei confronti dei costumi sociali dell’opulenta America del dopoguerra, caratterizzata dall’ingordigia della società consumistica. Un mondo nei confronti del quale il protagonista (e l’autore) avvertono sempre più un forte senso di estraneità. Tornato nella sua camera d’albergo Seymour si toglie la vita con un colpo di pistola. La famiglia Glass torna nei tre libri successivi di Salinger: Nove racconti (1953), Franny and Zoey (1961), Alzate l’architrave carpentieri (1963) e Hapworth 16, 1924 (1997). Quest’ultima opera, pur pubblicata in volume solo recentemente, non è inedita, essendo apparsa sulla rivista New Yorker già nel 1964.
E’ dal 1965 che Salinger ha deciso di non pubblicare più nulla e di non rilasciare interviste (salvo sollecitarne una al New York Times nel 1974 per denunciare l’ennesima pubblicazione pirata dei suoi racconti). Da allora non si hanno notizie certe sulla sua vita privata, se si escludono le dubbie quanto puntuali rivelazioni di personaggi estemporanei in cerca di popolarità.
Aspetto più preoccupante, per noi affezionati lettori, è che non si conoscono le intenzioni dello scrittore sull’eventualità di pubblicazione di altre opere, possibilmente inedite. L’unica cosa certa è che lo scrittore continui a scrivere. Proprio in quell’ultima intervista ebbe infatti a dichiarare: «Mi piace scrivere. Lo adoro. Ma lo faccio solo per me, per il mio piacere. Sinceramente è proprio così».
Negli ultimi anni ha dovuto in più occasioni mostrare i muscoli per difendere la sua privacy dalla pubblicazione di diverse biografie, non rinunciando ad intraprendere iniziative drastiche con il suo personale esercito composto da avvocati ed agenti letterari. Una bella biografia di Ian Hamilton, critico inglese, è stata pubblicata nel 1988, ma in versione notevolmente ridotta, proprio a causa dell’intervento del vecchio J.D., che non ha esitato a trascinare in tribunale l’autore e la casa editrice Random House (a giugno di quest’anno tale opera, In cerca di Salinger, uscirà in Italia per le edizioni Minimum Fax).
Nei prossimi giorni sarà nelle librerie italiane anche L’acchiappasogni, il memoriale che Margaret Salinger, a dire il vero non molto amorevolmente, ha dedicato al padre, presentandolo come un «ipocondriaco, misantropo, violento, nevrotico del sesso». La pubblicazione si è scontrata con il risoluto ostruzionismo di Salinger, sia negli Stati Uniti, dove l’opera è giunta in libreria solo nel settembre scorso, che in Italia. L’atteggiamento dello scrittore è stato definito «poco collaborativo» dalla Bompiani, che ha dovuto ritardare di diversi mesi la traduzione italiana. Il libro, pur pieno di interessanti notizie sulla vita privata di Salinger, ha un forte limite nello spiacevole intento denigratorio che comunque, ferma restando la complessità e il mistero inalterato intorno alla personalità dell’autore, non sminuisce il valore letterario delle opere di Salinger.
Un impresa disperata, quella di demolire l’immagine dello scrittore, anche per la pur potente intellighentia liberal statunitense, che ha lanciato al riguardo una vera e propria chiamata in armi. Gli insegnanti di sinistra del National council of teachers of english hanno addirittura eliminato dagli elenchi delle letture consigliate agli studenti, perché politicamente sconvenienti, le opere del grande scrittore americano.
Le motivazioni addotte sono puramente e puerilmente ideologiche. Holden Caulfield è ritenuto «troppo bianco, maschio e privilegiato» e Salinger «troppo poco multiculturale». L’opera, complessivamente, sarebbe «poco rispettosa delle minoranze etniche che compongono la variegata popolazione americana».
Non è dato sapere come Salinger abbia preso la vicenda, ma dobbiamo ritenere che abbia le spalle larghe. Senza entrare nel merito, risibile, delle contestazioni, va tuttavia sottolineato come Il giovane Holden sia ancora oggi al centro del dibattito.
Il cinquantennale dalla pubblicazione non poteva infatti offrire occasione più ghiotta alla sinistra italiana per strumentalizzare una volta di più il povero Holden. Una festa è stata organizzata dalla Scuola di narrazione Holden che lo scrittore militante Alessandro Baricco ha fondato a Torino nel 1994 (in un sussulto di pudore, nel pieghevole di presentazione della scuola, si esprime la «speranza che Salinger non venga mai a sapere» dell’esistenza di una scuola intitolata al giovane Holden).
Il Ministro dei beni culturali, Giovanna Melandri, invece, ha pensato bene di anticipare tale ricorrenza da luglio a domenica 7 aprile, facendo distribuire quattrocento copie del libro in cinquanta musei italiani ai giovani visitatori di età compresa tra i diciotto e i venticinque anni. Lei stessa, come hanno riferito le agenzie di stampa, si è cimentata nell’opera di distribuzione, fuori dal Colosseo. Aspettare luglio avrebbe significato assumere l’iniziativa dopo le elezioni politiche, ovvero fuori tempo massimo. Così avrebbe rinunciando ad un pò di preziosa visibilità personale e a qualche ipotetica manciata di voti in più per lei, candidata al Parlamento proprio nel collegio di Roma centro. E perché mai?! Holden é o non é un compagno della prima ora? E pertanto: vota e fai votare.
Quanti di noi non si sono appassionati alle stravaganti ed esilaranti avventure di Holden Caulfield, il diciassettenne che dopo essere stato espulso dal prestigioso college Pencey, piuttosto che tornare a casa ad affrontare i genitori, preferisce ciondolare per New York, ubriacarsi e incontrare amici e prostitute (senza poi consumare), meditando idee di fuga? Chi non si è immedesimato con questo giovane sensibile sino alla disperazione, anticonformista e problematico?
Il romanzo ebbe un immediato, straordinario e ininterrotto successo, rarissimo caso di long-sellers permanente, ed è uno dei più venduti al mondo nella storia della letteratura. Tradotto in venticinque lingue, il libro vende ancora oggi, soltanto negli Stati Uniti, qualcosa come duecentocinquantamila copie l’anno, mentre è assai difficile tenere il conto delle vendite complessive, che ha superato da tempo i sessanta milioni di copie.
In Italia, dopo una prima traduzione nel 1952, con il titolo Vita da uomo (Ed. Casini), divenne popolare come Il giovane Holden (Einaudi 1961), oggi riproposto in una nuova edizione rilegata.
La scelta di affidare al protagonista l’onore e l’onere di dare il proprio nome al romanzo fu dettata principalmente dall’oggettiva difficoltà di tradurre il titolo originale, che letteralmente suonerebbe come l’acchiappatore nella segale. Il catcher, “il prenditore”, è una figura ricorrente nell’immaginario statunitense: è infatti uno dei giocatori della squadra di baseball, più esattamente è colui che, munito di guantone, corazza e maschera, afferra la palla tirata dal lanciatore quando il battitore non riesce a respingerla con la mazza. Rye è un popolare tipo di whisky ottenuto dalla fermentazione della segale.
E’ lo stesso protagonista che, rivolgendosi all’amata sorellina Phoebe, rivela la sua vera vocazione, e chiarisce ai lettori il significato dell’insolita definizione. Da bambino Holden aveva sentito cantare una vecchia canzone scozzese, il cui primo verso se lo ricordava così: «If a body catch a body coming through the rye [Se una persona afferra una persona che viene attraverso la segale]». In realtà quello di Holden è un ricordo storpiato, il testo della canzone è inesatto. E’ questo verso, pur strapazzato, del grande poeta scozzese Robert Burns, a suggestionarlo, a fargli immaginare un gruppo di bambini che giocano nella segale, accanto ad un dirupo. «E’ l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare», confessa Holden, «lo so che è una pazzia […] mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera […] migliaia i ragazzini e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo far altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale».
Il giovane, nel rivelare il proprio desiderio di salvare i bambini e la loro purezza dalla contaminazione con il mondo degli adulti, esprime tutta la propria inquietudine, la richiesta di essere a sua volta salvato.
Eppure il romanzo fu subito imbracciato dai contestatori di sinistra come se si trattasse di un breviario del giovane rivoluzionario, dando al malessere di Holden Caulfield una valenza politica antisistema, facendone un comunista in armi contro le istituzioni.
Una strumentalizzazione goffa ma efficace in quegli anni di confusione, nei quali ad un conformismo perbenista si andava contrapponendo un altro, nuovo e peggiore conformismo, più terribile e spregiudicato nel piegare ogni espressione di disagio alla propria visione del mondo e nel respingere come illegittima e pericolosa ogni idea non organica ai propri dogmi.
Quella del protagonista è invece una rivolta individuale e, se vogliamo, spirituale. E’ un viaggio interiore dettato da motivazioni prevalentemente private, come la morte del fratello minore, molto amato, la cui assenza-presenza aleggia per tutto il romanzo, e da una delicatezza di spirito che lo rende ansioso di fronte all’incontro-scontro con l’età matura, le regole, le responsabilità.
Soprattutto avverte l’ipocrisia delle convenzioni sociali, trova inaccettabile l’essere costretto a ripetere ogni volta: «piacere d’averti conosciuto a qualcuno che non ho affatto il piacere d’aver conosciuto». «Devi dire queste cose se vuoi sopravvivere», è quest’amara considerazione a crucciare il nostro giovane amico.
Sono in definitiva proprio quelle “ragioni private”, che la generazione del Sessantotto, tacciandole come forme di “egoismo sociale”, certamente non riteneva utili per dichiarare la propria guerra al mondo, le spine che rendono inquieto il giovane Caulfield. La conflittualità del protagonista non ha connotazioni politiche. Lo sostiene anche Ennio Ranaboldo nel suo Invito alla lettura di Salinger (Mursia 1999): «essa è assai più il prodotto di una crisi esistenziale giovanile che non il veicolo di un qualunque messaggio rivoluzionario […] Salinger non prescinde mai dalle responsabilità morali dell’individuo per formulare generici attacchi all’establishment».
Se appare pertanto del tutto arbitrario aver fatto del giovane Holden l’ennesima icona della sinistra militante, è senz’altro più difficile e azzardato arruolarvi Jerome David Salinger, l’uomo che dal 1953 ha chiuso ogni rapporto con il mondo, preferendo vivere blindato a Cornish, una località isolata tra le montagne boscose del New Hampshire, determinato a difendere la propria privacy sfruttando tutti i metodi consentiti, dalle imponenti recinzioni della propria villa ad una folta schiera di avvocati, pronti a dare battaglia nelle aule di tribunale di tutto il mondo.
A soli trentaquattro anni ha scelto di uscire di scena, quasi infastidito dal successo di The catcher on the ray, ha chiesto ed ottenuto che dalla terza edizione a seguire venisse persino eliminata la sua fotografia dal retro di copertina. Sono poche le notizie sulla sua vita.
Nato a New York nel 1919 da famiglia benestante, si diploma presso l’accademia militare Valley Forge in Pennsylvania. Agli studi universitari tradizionali preferisce frequentare i corsi di scrittura creativa di Whit Barnett, suo primo mentore, fondatore e direttore della rivista Story che, all’inizio del 1940, pubblica il suo primo racconto. Nel 1941 riesce a farsi pubblicare dal prestigioso The New Yorker.
Nonostante le luminose prospettive di carriera che gli si aprono davanti, Jerome non esita ad arruolarsi nell’esercito, volontario nonostante una malformazione cardiaca, dove viene destinato a delicati servizi di controspionaggio in Europa. Congedato nel 1945, riprende la sua attività pubblicando regolarmente i suoi racconti sui giornali più diffusi dell’epoca.
Salinger si manifesta subito come uno scrittore sui generis, rifiuta ogni incarico accademico, non accetta i tradizionali inviti che le università rivolgono agli scrittori nei semestri estivi, non accetta cioè di fare lo writer in residence, non partecipa a convegni, conferenze, seminari, occasioni che costituiscono, negli Stati Uniti in particolare, appuntamenti utili per uno scrittore che voglia fare carriera.
Nel 1948 scrive il suo racconto più famoso e struggente: Un giorno perfetto per i pesci banana. Qui il pubblico fa la conoscenza di Seymour Glass, il personaggio chiave di quella che sarà una vera e propria saga, quella dei Glass, una famiglia newyorkese. Seymour, il maggiore di sette fratelli, è un uomo tormentato, che ha passato, dopo la guerra in Europa, un lungo periodo in un ospedale militare, e porta con sé il segno di uno schiacciante annichilimento fisico, dal quale non riesce a risollevarsi. Il racconto è incentrato sull’incontro, sulla spiaggia, con una bambina di sei anni, Sybil. Nasce tra i due un’amicizia breve, pura ed intensa, nella quale il protagonista sembra ritrovare per qualche attimo la serenità perduta. Seymour fa notare alla bambina che in acqua c’è un singolare tipo di pesce che, dopo aver mangiato troppe banane, non riesce più ad uscire dalla tana ed è pertanto destinato a morire.
E’ evidente il ricorso alla metafora. Quella di Salinger è una critica corrosiva nei confronti dei costumi sociali dell’opulenta America del dopoguerra, caratterizzata dall’ingordigia della società consumistica. Un mondo nei confronti del quale il protagonista (e l’autore) avvertono sempre più un forte senso di estraneità. Tornato nella sua camera d’albergo Seymour si toglie la vita con un colpo di pistola. La famiglia Glass torna nei tre libri successivi di Salinger: Nove racconti (1953), Franny and Zoey (1961), Alzate l’architrave carpentieri (1963) e Hapworth 16, 1924 (1997). Quest’ultima opera, pur pubblicata in volume solo recentemente, non è inedita, essendo apparsa sulla rivista New Yorker già nel 1964.
E’ dal 1965 che Salinger ha deciso di non pubblicare più nulla e di non rilasciare interviste (salvo sollecitarne una al New York Times nel 1974 per denunciare l’ennesima pubblicazione pirata dei suoi racconti). Da allora non si hanno notizie certe sulla sua vita privata, se si escludono le dubbie quanto puntuali rivelazioni di personaggi estemporanei in cerca di popolarità.
Aspetto più preoccupante, per noi affezionati lettori, è che non si conoscono le intenzioni dello scrittore sull’eventualità di pubblicazione di altre opere, possibilmente inedite. L’unica cosa certa è che lo scrittore continui a scrivere. Proprio in quell’ultima intervista ebbe infatti a dichiarare: «Mi piace scrivere. Lo adoro. Ma lo faccio solo per me, per il mio piacere. Sinceramente è proprio così».
Negli ultimi anni ha dovuto in più occasioni mostrare i muscoli per difendere la sua privacy dalla pubblicazione di diverse biografie, non rinunciando ad intraprendere iniziative drastiche con il suo personale esercito composto da avvocati ed agenti letterari. Una bella biografia di Ian Hamilton, critico inglese, è stata pubblicata nel 1988, ma in versione notevolmente ridotta, proprio a causa dell’intervento del vecchio J.D., che non ha esitato a trascinare in tribunale l’autore e la casa editrice Random House (a giugno di quest’anno tale opera, In cerca di Salinger, uscirà in Italia per le edizioni Minimum Fax).
Nei prossimi giorni sarà nelle librerie italiane anche L’acchiappasogni, il memoriale che Margaret Salinger, a dire il vero non molto amorevolmente, ha dedicato al padre, presentandolo come un «ipocondriaco, misantropo, violento, nevrotico del sesso». La pubblicazione si è scontrata con il risoluto ostruzionismo di Salinger, sia negli Stati Uniti, dove l’opera è giunta in libreria solo nel settembre scorso, che in Italia. L’atteggiamento dello scrittore è stato definito «poco collaborativo» dalla Bompiani, che ha dovuto ritardare di diversi mesi la traduzione italiana. Il libro, pur pieno di interessanti notizie sulla vita privata di Salinger, ha un forte limite nello spiacevole intento denigratorio che comunque, ferma restando la complessità e il mistero inalterato intorno alla personalità dell’autore, non sminuisce il valore letterario delle opere di Salinger.
Un impresa disperata, quella di demolire l’immagine dello scrittore, anche per la pur potente intellighentia liberal statunitense, che ha lanciato al riguardo una vera e propria chiamata in armi. Gli insegnanti di sinistra del National council of teachers of english hanno addirittura eliminato dagli elenchi delle letture consigliate agli studenti, perché politicamente sconvenienti, le opere del grande scrittore americano.
Le motivazioni addotte sono puramente e puerilmente ideologiche. Holden Caulfield è ritenuto «troppo bianco, maschio e privilegiato» e Salinger «troppo poco multiculturale». L’opera, complessivamente, sarebbe «poco rispettosa delle minoranze etniche che compongono la variegata popolazione americana».
Non è dato sapere come Salinger abbia preso la vicenda, ma dobbiamo ritenere che abbia le spalle larghe. Senza entrare nel merito, risibile, delle contestazioni, va tuttavia sottolineato come Il giovane Holden sia ancora oggi al centro del dibattito.
Il cinquantennale dalla pubblicazione non poteva infatti offrire occasione più ghiotta alla sinistra italiana per strumentalizzare una volta di più il povero Holden. Una festa è stata organizzata dalla Scuola di narrazione Holden che lo scrittore militante Alessandro Baricco ha fondato a Torino nel 1994 (in un sussulto di pudore, nel pieghevole di presentazione della scuola, si esprime la «speranza che Salinger non venga mai a sapere» dell’esistenza di una scuola intitolata al giovane Holden).
Il Ministro dei beni culturali, Giovanna Melandri, invece, ha pensato bene di anticipare tale ricorrenza da luglio a domenica 7 aprile, facendo distribuire quattrocento copie del libro in cinquanta musei italiani ai giovani visitatori di età compresa tra i diciotto e i venticinque anni. Lei stessa, come hanno riferito le agenzie di stampa, si è cimentata nell’opera di distribuzione, fuori dal Colosseo. Aspettare luglio avrebbe significato assumere l’iniziativa dopo le elezioni politiche, ovvero fuori tempo massimo. Così avrebbe rinunciando ad un pò di preziosa visibilità personale e a qualche ipotetica manciata di voti in più per lei, candidata al Parlamento proprio nel collegio di Roma centro. E perché mai?! Holden é o non é un compagno della prima ora? E pertanto: vota e fai votare.
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